Posticipato di una settimana, si svolgerà il prossimo 9 maggio l’atteso tavolo tecnico convocato dal sottosegretario alla Giustizia, on. Jacopo Morrone, per affrontare alcune delle più delicate tematiche in materia condominiale, prima fra tutte l’ipotesi di istituire un registro degli amministratori.
In attesa di documentare l’esito dell’incontro (in anteprima, durante l’evento formativo del 10 maggio a Roma “Antincendio, Privacy, Ecobonus – la gestione del condominio”), proseguiamo la nostra carrellata di commenti da parte delle associazioni dell’amministrazione condominiale con l’intervento di Gerardo Michele Martino, presidente di Mapi.
[Avv. Gerardo Michele Martino (foto) – presidente Mapi]
Da tempo ci battiamo per il pieno riconoscimento professionale dell’attività di amministratore condominiale e/o immobiliare. Vi è da dire che il Legislatore italiano ha già fatto dei passi in avanti: in primis con la Legge 4/2013, che, ha notevolmente innovato la regolamentazione dell’attività libero professionale non organizzata in ordini o collegi, tra cui l’attività di amministratore condominiale esercitata da chi non è condomino dello stabile; e in seguito con il Decreto Ministeriale 13 agosto 2014, n. 140, che ha regolato la formazione degli amministratori professionisti.
Allo stesso modo va rimarcato che alcune nuove disposizioni legislative appaiono inutilmente penalizzanti per coloro i quali amministrano professionalmente. Come il nuovo articolo 71 bis delle Disposizioni per l’attuazione al Codice Civile, che non impone la formazione né iniziale né periodica all’amministratore nominato tra i condòmini dello stabile. La norma in esame crea una effettiva e ingiustificabile disparità tra l’amministratore professionista – formato e aggiornato – e l’amministratore interno scelto tra i condòmini dello stabile, che non ha alcun obbligo di formazione, ovviamente a scapito dei condòmini stessi.
Fatte queste premesse, non siamo ideologicamente contrari a un registro nazionale degli amministratori di condominio tenuto presso il Ministero della Giustizia, sulla falsariga del medesimo organismo già previsto per la mediazione civile e commerciale , purché non si riduca in esperimento di burocratizzazione che imponga esclusivamente nuovi oneri e costi per l’amministratore professionista.
Al contrario, il nuovo istituto, senza alcun costo, dovrebbe evidenziare i professionisti aggiornati e iscritti alle associazioni di categoria già riconosciute dalla Legge 4/2013, attribuendo un valore aggiunto alle medesime, a scapito degli improvvisatori e dei dopolavoristi che gravano di ulteriori problemi la già difficile quotidiana gestione condominiale.
Siamo, invece, convintamente contrari alla costituzione di un Albo/Ordine territoriale degli amministratori di condominio. Alla luce dei principi inseriti nella recente normativa, si deve infatti ritenere che l’idea di creare un nuovo albo degli amministratori di condominio sia un’idea errata e pericolosa, per un sistema che, caso strano per l’Italia, sta sperimentando fattispecie di libero mercato professionale, così inviso ai vecchi e mai sazi e ai nuovi costituendi corporativismi nazionali.
Il paventato albo è ritenuto da noi un inutile retaggio storico. A parere di chi scrive, in alternativa al vagheggiare idee pericolose, dovremmo piuttosto attivarci per sponsorizzare tra i condòmini le nuove leggi che regolano la professione di amministratore, la già citata legge 4/2013 e il decreto ministeriale n. 140 del 2014, che disciplina la formazione degli amministratori di condominio e che finalmente, dopo tempo, ha avviato un percorso di dignità e riconoscimento della qualifica professionale.
La professione di amministratore di condominio è stata inventata da pochi pionieri associati, e le associazioni non possono essere cancellate per legge. Circostanza che, a nostro parere, si realizzerebbe con la costituzione di un Albo.