[A cura di: Virginio Trivella – Coordinatore del Comitato tecnico scientifico Rete Irene] Fin da subito, e tra i primi, abbiamo acceso i riflettori sui rischi di un provvedimento – contenuto nella bozza del Decreto Crescita del 2 aprile – che prometteva di semplificare la fruizione degli incentivi per la riqualificazione energetica e il miglioramento sismico degli edifici attraverso un nuovo meccanismo di cessione.
In realtà, secondo la nostra analisi il provvedimento avrebbe avuto una serie di conseguenze negative: gravi problemi di aspettative erronee, elusione fiscale, concorrenza sleale, eccessiva concentrazione del mercato, confusione, incertezza, rischio di una gran quantità di contenzioso futuro con l’Agenzia delle entrate e, per di più, un aggravio per la sostenibilità dei flussi del bilancio pubblico a parità di attività incentivate. Senza, per inciso, semplificare nulla.
Al nostro allarme si sono successivamente accompagnate le manifestazioni di dissenso, motivate, di un gran numero di associazioni di categoria (ANCE, CNA, Confartigianato, FINCO, CaseItaly) e le perplessità dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
Nonostante i suggerimenti forniti per migliorare il testo, il Governo ha deciso di confermarlo, aggravandolo per di più con l’introduzione di un avverbio (“esclusivamente”), giusto per prevenire improbabili ravvedimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate nel suo futuro provvedimento che dovrà regolare il nuovo meccanismo di cessione.
L’art. 10 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 introduce la facoltà di optare, in luogo dell’utilizzo diretto delle detrazioni per gli interventi di efficienza energetica e di adozione di misure antisismiche, per un contributo di pari ammontare, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi. Lo sconto concesso dal fornitore viene a quest’ultimo rimborsato sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione fiscale, in cinque quote annuali di pari importo.
Il nuovo provvedimento non abroga la modalità di cessione dei crediti d’imposta già vigente (ai sensi dell’art. 14, comma 2-sexies e dell’art. 16, comma 1-quinquies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, rispettivamente per ecobonus e per sismabonus), ma fornisce ai beneficiari degli incentivi un’ulteriore opzione. Tuttavia, le caratteristiche del nuovo meccanismo sono tali da renderlo molto più convincente agli occhi dei beneficiari, rendendo meno conveniente il ricorso al meccanismo precedente: per l’ecobonus infatti è previsto il recupero economico, da parte del fornitore, in cinque anni anziché dieci, con il dimezzamento della durata dell’esposizione finanziaria e il conseguente risparmio di oneri finanziari. Per il sismabonus tale vantaggio non c’è, ma resta il fattore persuasivo (del tutto fuorviante per i condòmini) della presunta semplificazione.
Per il soggetto cedente l’effetto del trasferimento del credito d’imposta operato con il nuovo meccanismo è esattamente lo stesso del sistema precedente: egli si spoglia definitivamente del diritto di compensare l’incentivo con i propri debiti fiscali, provvedendo con ciò al parziale pagamento del corrispettivo dei lavori.
Per il fornitore cessionario, che subentra nella piena titolarità del credito fiscale, le cose invece cambiano drasticamente: a differenza del vecchio sistema, il nuovo meccanismo non prevede la facoltà di ulteriore cessione del credito d’imposta acquistato, che quindi deve essere utilizzato esclusivamente in compensazione dei propri debiti fiscali nel quinquennio successivo.
Il nuovo meccanismo è a nostro parere fortemente inopportuno a causa di una serie di conseguenze facilmente intuibili.
1. Determina una fortissima concentrazione del mercato della riqualificazione energetica in capo a pochissimi grandi operatori dell’energia
È di tutta evidenza che il provvedimento conferisce un vantaggio competitivo rilevante ai pochissimi soggetti che sono in grado, contemporaneamente, di qualificarsi come “fornitori” (potendo sottoscrivere contratti d’appalto per la realizzazione degli interventi di riqualificazione) e di disporre di un’ampia e duratura capienza fiscale, nonché di capacità finanziaria, rispetto a tutti gli altri soggetti (anche i più tecnicamente qualificati) operanti sul mercato.
Come abbiamo già osservato, tali soggetti beneficiati:
Non conforta il fatto che il nuovo meccanismo di trasferimento degli incentivi sia aggiuntivo rispetto a quello vigente (che continua a essere fruibile), a causa del cumulo di vantaggi competitivi menzionati. Tutti gli altri soggetti operanti sul mercato si troveranno in una posizione di forte sudditanza nei confronti dei grandi operatori energetici. Sarà impedito un sano e largo sviluppo competitivo di un settore che vede nella rigenerazione degli edifici uno dei pochi canali di crescita.
Si può prevedere un immediato ricorso all’AGCM per eccessiva restrizione della concorrenza e abuso di posizione dominante.
2. Determina una forte distorsione del mercato
Gli operatori dell’energia si trovano in posizione ineliminabile di conflitto d’interesse: investire le risorse strettamente sufficienti per fidelizzare la massima quantità di clienti, o investire tutte le risorse necessarie per massimizzare la riduzione dei consumi, minimizzando la quantità di energia venduta?
Oltre a ciò, gli operatori energetici godono dei vantaggi dell’asimmetria informativa nei confronti degli utenti. Ciononostante, con questo meccanismo essi vengono posti in condizione di decidere quali interventi promuovere. Non è più il proprietario che decide quali interventi di riqualificazione sono di proprio interesse, rivolgendosi poi (anche tramite l’impresa appaltatrice) a un investitore che gli acquista il credito d’imposta, ma è l’investitore che decide autonomamente quali interventi e quali edifici sono di proprio interesse. Interesse che non è la minimizzazione della vendita di energia ma la fidelizzazione della massima quantità di clienti.
È facile prevedere che questa circostanza creerà prassi molto conservative, in chiaro contrasto con gli sfidanti obiettivi di riduzione dei consumi energetici fissati dal Piano Nazionale Energia e Clima.
Per di più, i grandi operatori dell’energia hanno scarsissima esperienza in materia di riqualificazione degli involucri edilizi, lasciando prevedere un forte peggioramento della qualità degli interventi per incompetenza tecnica e a causa del loro forte interesse a minimizzare l’entità dei singoli investimenti, che scaricherà sulle imprese l’onere della minimizzazione dei costi.
3. Determina un grave rischio di diffuso contenzioso fiscale
Da oltre due decenni l’Agenzia delle Entrate esclude che gli oneri finanziari siano computabili tra le spese che generano i crediti d’imposta. La formulazione del nuovo meccanismo, secondo il quale il contributo anticipato dal fornitore è di ammontare pari alla detrazione fiscale generata, induce nei beneficiari la legittima aspettativa di non sostenere gli oneri finanziari, e negli operatori la tentazione di porre in essere comportamenti in contrasto con la posizione dell’Agenzia delle Entrate: incrementare il corrispettivo degli interventi al fine di ottenere una detrazione fiscale artificiosamente maggiorata da utilizzare per dissimulare l’entità degli oneri finanziari e di non porli a carico dei soggetti cedenti (facendo pagare esclusivamente la quota non coperta dall’incentivo).
Poiché tale prassi, già ora adottata dagli operatori più spregiudicati, è evidentemente elusiva e passibile di ripresa fiscale, si può prevedere che il provvedimento genererà, se non sarà immediatamente corretto, una assurda situazione di sistematico contenzioso fiscale.
4. Non determina alcuna semplificazione
Nel caso di interventi su singole unità immobiliari, il meccanismo di cessione del credito d’imposta è semplicissimo. Nel caso di interventi su immobili condominiali, la semplificazione si avrebbe solo in presenza di adesione unanime al nuovo meccanismo di cessione da parte di tutti i condòmini (compresi gli assenti). In assenza dell’unanimità rimarrebbero immutate le stesse complicazioni burocratiche del vecchio meccanismo (adesione alla cessione dei singoli proprietari, notifica all’Agenzia delle entrate, certificazione dei singoli pagamenti, ecc.).
Naturalmente questi aspetti tecnici sfuggiranno per lo più agli utenti, che saranno però catturati dalla promessa di semplificazione.
5. Determina il rischio concreto di restrizione del mercato (cioè l’esatto contrario della finalità del Decreto Crescita)
Il nuovo meccanismo riguarda ogni tipo di intervento che genera ecobonus e sismabonus: dalla sostituzione di singoli serramenti e di singole caldaie, agli interventi su edifici singoli, agli interventi condominiali più integrati, sia energetici che sismici che combinati.
La forte capacità attrattiva del nuovo meccanismo, più conveniente sul piano economico e – per come viene erroneamente presentato (e per l’irresponsabile risonanza datane dagli organi di stampa, con commenti per lo più superficiali) – meno complicato, convoglierà su di esso l’attenzione e l’aspettativa di tutti gli utenti.
Nel breve periodo, è prevedibile un blocco del settore: chi, pur di beneficiare di una cessione a costo zero (per il cittadino, ma non per lo Stato), non vorrà attendere i tre mesi (che, in base all’esperienza diventeranno molti di più – sedici in un caso recente) che l’Agenzia delle Entrate impiegherà per rilasciare il suo nuovo provvedimento?
In seguito, è certo che i pochi soggetti graziati da questo meccanismo non saranno interessati ad accettare tutte le richieste, ed è plausibile che non saranno in grado di gestire efficacemente nemmeno quelle di proprio interesse, comportando un rallentamento dell’operatività che, al contrario, il “vecchio” meccanismo, basato sull’azione di un grande numero di imprese, è in grado di assicurare.
Senza trascurare il fatto che è almeno dubbio che il nuovo meccanismo possa interessare ai grandissimi e ipercapienti operatori dell’energia, che dovrebbero accettare di fare i general contractor di una miriade di piccoli interventi, prendendosene la responsabilità e modificando sostanzialmente il proprio core business, lasciando ipotizzare una drastica riduzione della potenzialità complessiva di assorbimento dei crediti d’imposta.
Il danno che si determinerà nei prossimi sei-dodici mesi sulla dimensione del mercato della riqualificazione energetica a causa delle aspettative generate dal nuovo decreto ormai è ineliminabile (salvo che un nuovo decreto-legge abroghi immediatamente l’art.10). Potrà essere mitigato attraverso una responsabile e intelligente azione emendativa che potrà essere praticata in fase di conversione in legge.
Abbiamo già elencato una serie di modifiche che (meglio se unite all’abrogazione dell’articolo) renderebbero veramente più efficaci gli incentivi. Per il futuro non resta che auspicare che il legislatore agisca in modo più accorto e responsabile.