[A cura di: avv. Emanuele Bruno – www.studiobruno.info] È possibile sciogliere un condominio ove per scioglimento si intende la frammentazione del condominio originario in più condomini mentre non è possibile sciogliere il condominio ove per scioglimento si intende la semplice estinzione dell’ente condominio.
Il condominio esiste ipso iure, ogni volta che esistono parti comuni ad immobili assegnati in proprietà a differenti soggetti.
Il condominio si estinguerà quando non esisteranno più parti comuni o quando tutte le proprietà confluiranno in un unico proprietario.
Ipotizziamo un immobile costituito da due corpi di fabbrica autonomi (costruiti in adiacenza), o da unico corpo, con due scale autonome, un locale interrato destinato a garage, facciate uniformi e comuni all’intero stabile.
Art. 61 disp. att. c.c.
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’articolo 1136 del codice, o è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione.
Art. 62 disp. att. c.c.
La disposizione del primo comma dell’articolo precedente si applica anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’articolo 1117 del codice.
Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condòmini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’articolo 1136 del codice stesso.
L’art. 61 disp.att.c.c. disciplina la possibilità che un condominio possa “dividersi” in più condomini ogni volta che l’originario complesso possa scindersi in parti autonome. Un condominio costituito da tre immobili autonomi, potrà sciogliersi costituendo tre differenti condomini che, magari, mantengono delle parti comuni (es. cortile).
La divisione comporterà la creazione di quattro condomini:
L’autonomia delle strutture agevola la divisione, che potrà essere deliberata dall’assemblea nel rispetto delle maggioranze di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti e metà del valore dell’edificio).
Ove l’assemblea totalitaria non ottenga la maggioranza indicata, un terzo dei condòmini dell’edificio che intende separarsi potranno ricorrere al tribunale che provvederà di conseguenza.
“Alla stregua di una corretta interpretazione degli art. 61 e 62 disp. att. cod. proc. civ., l’autorità giudiziaria può disporre lo scioglimento di un condominio solo quando il complesso immobiliare sia suscettibile di divisione, senza che si debba attuare una diversa ristrutturazione in parti distinte, aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, mentre, laddove la divisione non sia possibile senza previa modifica dello stato delle cose mediante ristrutturazione, lo scioglimento e la costituzione di più condomini separati possono essere approvati soltanto dall’assemblea con un numero di voti che sia espressione di due terzi del valore dell’edificio e rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio” (Cass. 27507/2011; Cass. 21686/2014).
“Lo scioglimento del condominio di un edificio o di un gruppo di edifici, appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi, intanto può dare luogo alla costituzione di condomini separati in quanto l’immobile o gli immobili oggetto del condominio originario possano dividersi in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, quand’anche restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall’art 1117 c.c. in quanto il tenore della norma, riferito all’espressione “edifici autonomi” esclude di per se che il risultato della separazione si concreti in una autonomia meramente amministrativa, giacche, più che ad un concetto di gestione, il termine edificio va riferito ad una costruzione, la quale, per dare luogo alla costituzione di più condomini, dev’essere suscettibile di divisione in parti distinte aventi ciascuna una propria autonomia strutturale, indipendentemente dalle semplici esigenze di carattere amministrativo” (Cass. n. 24380/2010).
Lo scioglimento è pacifico ove vi sia perfetta autonomia degli immobili; occorrerà avere più accortezze ove non v’è perfetta indipendenza tra le strutture.
L’art. 62 disp. att. c.c., spiega che lo scioglimento è possibile anche quando restino in comune, tra gli originari partecipanti, alcune delle cose indicate nell’art. 1117 c.c..
Nel caso in esame, l’originario condominio potrà frammentarsi in tre o quattro condomini: scala 1, scala 2, vano garage e, ove necessario, un supercondominio per la gestione delle parti comuni (si pensi alla facciata o al cortile comune).
La costituzione del quarto supercondominio è solo eventuale, si verifica ipso iure ogni volta che le parti residuali comuni non vengano (o non possano essere) frazionate ed assegnate al singolo condominio.
“Il cd. supercondominio viene in essere ipso iure et facto, ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli artt. 1130 e 1131 c.c. è limitato, pertanto, alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all’edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condomìni, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l’assemblea di tutti i proprietari e l’amministratore del cd. supercondominio. Ne consegue che, qualora quest’ultimo amministratore non sia nominato, la rappresentanza processuale passiva compete, in via alternativa, ad un curatore speciale scelto ex art. 65 disp. att. c.c. o al titolare di un mandato ad hoc conferito dai comproprietari ovvero, in mancanza, a tutti i titolari delle porzioni esclusive ubicate nei singoli edifici” (Cass. n. 2279/2019).
La divisione ex art. 62 disp. att. c.c. presuppone una valutazione tecnica utile ad individuare le opere necessarie a scindere le parti comuni e/o le dipendenze, se possibile.
La Corte di Appello di Bologna, citata in Cassazione 24380/2010, ha spiegato che occorre analizzare le varie parti che compongono l’edificio e valutare se nel suo complesso è idoneo ad essere separato in edifici autonomi, ovvero, comprendere se dal punto di vista strutturale l’esistenza di una serie di cose comuni può essere giuridicamente sciolta senza pregiudizio per la sfera giuridica dei condòmini.
La delibera di scioglimento, inevitabilmente, dovrà disporre anche le opere necessarie alla divisione e richiederà le maggioranze previste dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti e 2/3 dei millesimi). Per opere di modificazione e sistemazione devono intendersi lavori di aggiustamento e rifinitura escludendo opere di trasformazione e mutamento radicali (Compravendita Condominio Locazioni, IPSOA, 2014. P. 36).
La separazione cui si riferisce l’art. 62 disp. att. c.c., deve essere verticale e non orizzontale, non è impedita dalla permanenza in comune delle cose indicate dall’art. 1117, la cui disciplina d’uso potrà formare oggetto di particolare regolamentazione riferita alle spese e agli oneri relativi (Cass. n. 24380/2010).
Nel caso in cui permangono parti comuni ai condomini costituendi, l’effetto reale dello scioglimento è solo apparente permanendo un rapporto di servizio o un elemento di unione tra gli stessi (Cass. n. 44389/1982).
In definitiva, se è possibile la divisione strutturale verticale dell’immobile, è possibile lo scioglimento anche se persistono parti comuni la cui gestione può essere regolamentata in accordo tra le parti.
Le osservazioni appena proposte non possono ignorare la natura speciale delle norme condominiali rispetto a quelle della comunione.
La condominialità discende dal rapporto di servizio esistente tra proprietà singole (art. 1117 c.c.) e parti comuni utili al fine di consentire il miglior godimento delle singole proprietà.
Tale principio deve essere ponderato nella valutazione di possibile divisione non potendo essa incidere sui diritti reali dei singoli o mortificarne l’ampiezza d’uso.