Qualora il condominio vanti un credito nei confronti dei singoli condòmini (per i contributi condominiali che gli stessi non hanno versato) e qualora vi sia contemporaneamente un titolo esecutivo in favore di un terzo e contro lo stesso condominio, tale credito può certamente essere espropriato dal creditore del condominio, e la relativa esecuzione forzata non può che svolgersi nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi. Il che, peraltro, non viola il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali.
È l’importante principio di diritto espresso dalla Cassazione con la sentenza 12715 del 14 maggio 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., sent. 14.5.2019,
n. 12715
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T.B. ha agito in via esecutiva nei confronti del Condominio …, procedendo al pignoramento dei crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di alcuni condòmini per contributi, in base a una sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali relative ad un giudizio di cognizione.
Hanno proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il condominio debitore nonché uno dei condòmini terzi pignorati, A.P..
Il Tribunale di Catania – Sezione distaccata di Acireale ha rigettato l’opposizione del condominio e ha dichiarato inammissibile quella del A.P..
La Corte di Appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorrono il condominio … ed il A.P., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso la T.B..
La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
(omissis)
3. Le considerazioni sin qui svolte impongono la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
La Corte ritiene peraltro di esaminare comunque il merito dello stesso, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., in considerazione della particolare importanza della questione di diritto che con esso è posta (in particolare con il primo motivo).
Con il primo motivo del ricorso si denunzia «Erronea configurazione del condominio quale soggetto dotato di personalità giuridica, sia pure attenuata, ovvero di autonoma propria soggettività giuridica. Violazione e/o falsa applicazione dei principi informatori della specifica disciplina. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118, 1119, 1123, 1130 e 1131 c.c. (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, primo comma n. 3»).
(omissis)
La questione di diritto che viene posta con il ricorso (in particolare con il primo motivo) riguarda la possibilità, per il creditore del condominio che abbia conseguito un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, di procedere all’espropriazione dei crediti del condominio nei confronti dei singoli condòmini per i contributi dagli stessi dovuti.
Tale questione va risolta in senso affermativo.
Secondo i principi generali (artt. 2740 e 2910 c.c.), mediante l’espropriazione forzata è possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti.
Affinché l’espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli condòmini per contributi sia legittima, è quindi sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino avente ad oggetto il pagamento dei contributi condominiali (oltre che, ovviamente, un rapporto obbligatorio tra creditore e condominio, il che però è nella specie questione ormai risolta in sede di cognizione – avendo il creditore conseguito il titolo esecutivo direttamente nei confronti del condominio – e come tale non più oggetto di possibile discussione in sede esecutiva).
Orbene, è innegabile che sia configurabile sul piano sostanziale un rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condòmino, con riguardo al pagamento dei contributi condominiali: una espressa disposizione normativa, l’art. 63 disp. att. c.c. (sia nella precedente che nella attuale formulazione), prevede infatti che l’amministratore possa addirittura ottenere un decreto ingiuntivo (immediatamente esecutivo), in favore del condominio e contro il singolo condòmino per il pagamento dei suddetti contributi (in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea).
Tale disposizione normativa conferma espressamente, e/o quanto meno presuppone, l’esistenza di un rapporto obbligatorio tra condominio e singoli condòmini avente ad oggetto i contributi dovuti in base agli stati di ripartizione approvati dall’assemblea condominiale, consentendo al condominio, rappresentato dall’amministratore, di agire in giudizio contro il condòmino per il pagamento delle quote condominiali.
Essendo configurabile sul piano sostanziale un credito del condominio (rappresentato dal suo amministratore) nei confronti dei singoli condòmini, laddove esista altresì un titolo esecutivo in favore di un terzo e contro lo stesso condominio (sempre rappresentato dall’amministratore), in mancanza di una norma che lo vieti espressamente, tale credito può certamente essere espropriato dal creditore del condominio, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., e la relativa esecuzione forzata non può che svolgersi nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss..
Né può ritenersi che tale conclusione violi il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali (come sembra adombrato nel secondo e terzo motivo del ricorso).
Il suddetto principio implica che l’esecuzione contro il singolo condòmino non possa avere luogo per l’intero debito del condominio, ma solo nei limiti della sua quota di partecipazione al condominio stesso.
Laddove l’esecuzione avvenga direttamente contro il condominio, e non contro il singolo condòmino, non solo l’esecutato è il condominio, debitore per l’intero (onde non entra in realtà in gioco in nessun modo il principio di parziarietà), ma l’espropriazione dei beni e diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condòmini, finisce addirittura per attuare, in linea di principio ed in concreto, il richiamato principio di parziarietà (almeno fino a specifica prova contraria), senza affatto violarlo.
(omissis)
4. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
La Corte, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., enuncia il seguente principio di diritto:
«il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, ha facoltà di procedere all’espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condòmini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea, in tal caso nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss.».
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228.
La Corte: