[A cura di: dr. Alessandro Di Francesco – direttore Centro studi nazionale BMItalia | Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari & Building Manager] In questa sede non affronteremo il caso delle maggioranze necessarie in assemblea per deliberare la locazione di una parte comune del fabbricato (per esempio l’abitazione del portiere), né quanto stabilito dall’art. 1117 ter del Codice Civile (Modificazioni delle destinazioni d’uso) con tutte le modalità da rispettare e gli adempimenti da effettuare. Disquisiremo invece, nell’ipotesi in cui un condominio abbia deciso di mettere a reddito una parte comune, della natura fiscale di alcuni aspetti che possono verificarsi intanto che si svolge la durata del rapporto di locazione.
Ovviamente ci si limita qui ad analizzare l’ipotesi di reddito da fabbricati per locazione, con contratto regolarmente registrato, ad esempio dell’ex alloggio del portiere, da non confondere assolutamente con altri tipi di reddito quali potrebbero essere i redditi diversi derivanti da attività non commerciali (per esempio proventi provenienti da un cartellone pubblicitario installato su una parte comune dell’edificio o diapositive pubblicitarie proiettate su una parete dello stesso), o i redditi d’impresa (per esempio proventi derivanti dalla cessione totale alla rete di energia prodotta da un impianto fotovoltaico condominiale).
Le cronache ci raccontano che oggi è sempre più frequente nel mercato delle locazioni la richiesta da parte del conduttore di una rideterminazione, in termini di riduzione, del canone di locazione precedentemente inserito nel contratto registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Senza soffermarci, anche in questo caso, sul necessario passaggio in assemblea (l’amministratore non può autonomamente assumere una decisione del genere), in un’ipotesi siffatta, vi sono degli adempimenti da rispettare nei confronti dell’Agenzia delle Entrate?
Ci soccorrono in tal senso l’articolo 17 del DPR n. 131/86 (Testo Unico Registro), il successivo articolo 19 ed, in stretta connessione, la sentenza n. 5576/2003 della Corte di Cassazione (1).
Il citato articolo 17 ci dice che sono solo le cessioni, le proroghe e le risoluzioni del contratto originario che devono essere registrate in termine fisso entro il termine di 30 giorni dal verificarsi dell’evento. Non si parla dunque di rideterminazione del canone. Per espressa opinione dell’Agenzia delle Entrate, non trova applicazione neanche il principio enunciato nel successivo articolo 19, secondo cui “è fatto obbligo alle parti contraenti, ai loro aventi causa e a coloro nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, di denunciare entro venti giorni, dal loro verificarsi, gli eventi che diano luogo ad ulteriore liquidazione di imposta”. È questa l’ipotesi ad esempio di rideterminazione del canone ma in aumento, cui inevitabilmente segue la liquidazione di una maggiore imposta di registro ed una nuova base imponibile; ma non può essere a ciò ricondotto una pattuizione che preveda la riduzione del canone e quindi della base imponibile.
Tale assunto si basa sull’orientamento della Corte di Cassazione (sentenza n. 5576 del 9 aprile 2003), secondo cui “le sole variazioni del canone non sono di per sé indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione”.
Non vi sono dunque mutamenti di elementi sostanziali (oggetto della locazione, parti contraenti, durata della locazione) del contratto, che peraltro rimane in vita, tali da dover essere obbligatoriamente portati a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria, ma solo di elementi accessori; quindi va escluso che la modifica contrattuale intervenuta (accordo di riduzione del canone) debba essere obbligatoriamente comunicato all’Agenzia delle Entrate.
È tuttavia innegabile che l’accordo di riduzione del canone produca riflessi di cui l’Amministrazione Finanziaria debba essere edotta: la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro (si rammenta che il condominio non può giovarsi del regime della cedolare secca) come pure ai fini delle imposte dirette e, quindi, la corresponsione di una minore imposta, sono conseguenza diretta del minor canone concordato. Pertanto, attribuire data certa al nuovo documento che modifica le precedenti condizioni contrattuali, permette di rispondere ad eventuali finalità probatorie di fronte ai terzi (evitando così un possibile accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che si vedrà corrispondere un minor gettito di imposta).
A tal proposito, nella Risoluzione n. 60/E del 28 giugno 2010, l’Agenzia delle Entrate suggerisce di procedere alla registrazione del nuovo accordo (che per espressa ammissione dell’Ufficio è soltanto uno dei mezzi che il nostro ordinamento riconosce come idonei a conferire la certezza della data ad un atto) scontando l’imposta di registro nella misura fissa (minima) di euro 67,00 oltre ad eventuali imposte di bollo, ma in realtà è sufficiente presentare all’Agenzia delle Entrate una comunicazione sottoscritta da entrambe le parti (locatore e conduttore) che accettano la misura del nuovo canone, avendo cura di riportare in tale documento gli estremi identificativi dell’atto originario (numero di registrazione, data, Ufficio), soccorrendoci in tal senso quanto stabilito dall’art. 19 del D.L. n° 133 del 12/09/2014 (c.d. “Sblocca Italia”) (2) secondo cui “la registrazione dell’atto con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere è esente dalle imposte di registro e di bollo”.
NOTE
(1) Si veda in proposito la Risoluzione n° 60/E del 28 giugno 2010 dell’Agenzia delle Entrate.
(2) Vedi l’art. 19 del D.L. n° 133 del 12/09/2014 (c.d. “Sblocca Italia”).