[A cura del centro studi FNA – Federamministratori, con la collaborazione dell’avvocato Matteo Rezzonico] Senza entrare nel merito della normativa in materia (e delle oscillazioni giurisprudenziali), si ritiene che le tariffe minime siano un limite al libero mercato ed ai principi di deregulation, limitando la concorrenza. Persino relativamente alle professioni organizzate in Ordini o Collegi, le tariffe risultano sostituite dai cosiddetti parametri (non del tutto vincolanti). E, dunque, sembrerebbe anacronistico parlare di minimi tariffari relativamente alla professione di amministratore di condominio, tenuto conto che il mercato si regola da sé ed esclude gli amministratori meno validi, in favore di quelli più validi, a prescindere dal compenso.
Ragionando al contrario, vi è però chi sostiene che lo stipendio minimo costituisca per i consumatori una garanzia di qualità del servizio. Ai nostri iscritti consigliamo, e questo sì è un “obbligo”, di stipulare un buon contratto con l’assemblea: chiaro, intelleggibile e che faccia comprendere cosa si offre al condominio e cosa si richieda a titolo di compenso. Al riguardo, non possiamo non ricordare che la Legge di Riforma del condominio, (Legge 220 del 2012), è anche motivata da esigenze di trasparenza e di chiarezza della gestione condominiale, per la tutela dei condòmini. Si pensi agli obblighi di apertura del conto corrente “condominiale”; ai novellati obblighi di rendicontazione di cui all’articolo 1130 bis del Codice Civile; alla tenuta del registro di contabilità condominiale etc.
In tale contesto, deve essere letto anche il novellato articolo 1129, comma 14, del Codice Civile, per il quale, “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”.
La disposizione da ultimo richiamata è stata oggetto già di pronunce giurisprudenziali. Per il Tribunale di Massa, 6 novembre 2017, “è fondata la censura sulla nullità della nomina dell’amministratore, in assenza di una valida accettazione che contenga specifica indicazione del suo compenso”. Per il Tribunale Toscano, infatti, l’art. 1129, comma XIV, del Codice Civile è tassativo e non ammette equipollenti – come già in precedenza affermato dal Tribunale di Milano, tredicesima Sezione Civile, sentenza 3 aprile 2016, numero 4294 – nel senso che: “è nulla la nomina dell’amministratore di condominio, con conseguente nullità della delibera, in parte qua, in assenza della specificazione analitica del compenso a quest’ultimo spettante per l’attività da svolgere, in violazione dell’art. 1129, comma 14, c.c. Tale norma, che mira a garantire la massima trasparenza per i condòmini e a renderli edotti delle singole voci di cui si compone l’emolumento dell’organo gestorio al momento del conferimento del mandato, si applica sia nel caso di prima nomina dell’amministratore che nel caso delle successive riconferme”.
Ci sono tuttavia casi in cui il mercato deve essere aiutato. Si tratta, dunque, di capire se questo sia uno di quei casi (o meno). Ma sul punto occorrerebbero approfondimenti.