Quando i condòmini non soltanto non pagano le spese, ma addirittura disertano in massa ogni assemblea, è davvero complesso gestire un condominio. Di seguito lo sfogo di un amministratore alla rubrica di consulenza legale di Italia Casa e Quotidiano del Condominio, e il parere espresso dall’avvocato Emanuela Rosanna Peracchio, consulente di Uppi Torino.
D. Sono un amministratore di condominio da anni, ma non mi era ancora mai capitata una cosa simile. Espongo la situazione: ho preso in gestione un condominio da un anno circa, precedentemente amministrato internamente (ma poiché nessuno pagava, i condòmini hanno preferito affidarlo ad un amministratore esterno).
L’unica spesa di cui si parla è quella per la bolletta della luce. Inizialmente, con il mio arrivo la situazione sembrava essere risolta, ma dopo 4-5 mesi nessuno paga il condominio (15 euro mensili). Inoltre, non si presenta nessuno alle riunioni, se non un solo condomino, e nonostante abbia inviato diverse lettere e raccomandate, sia dal mio studio che da parte di un legale, non ho avuto alcun riscontro. Ad oggi sono quasi due mesi che manca la corrente elettrica, ma ancora nessuno si è mosso a pagare.
Che cosa mi consigliate di fare?
Nel quesito di quest’amministratore viene riferito che i condòmini non versano le quote a loro carico per il pagamento delle spese, e precisamente quelle per la bolletta della luce, e che all’assemblea condominiale si presenta sempre solo un condomino, difettando in tal modo il quorum costitutivo e deliberativo necessario al fine della corretta costituzione dell’assemblea. In ragione di tali morosità, il condominio è attualmente privo della corrente elettrica.
Anzitutto occorre rilevare che, a mente dell’art. 1129, IX comma, cod. civ. “salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche a sensi dell’art. 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”.
In ossequio al dettato normativo, pertanto, l’amministratore avrebbe dovuto agire esecutivamente (richiedendo, tramite un legale, al Tribunale l’emissione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo a norma dell’art. 63 disp. att. cod. civ.) per il recupero delle somme non corrisposte dai condòmini morosi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito era esigibile. Decorso tale termine, è possibile comunque chiedere ed ottenere dal Tribunale l’emissione di un decreto ingiuntivo che verrà concesso non immediatamente esecutivo.
Chiarito quanto sopra, se ormai la situazione è giunta al punto che i condòmini non versano le quote di loro competenza e non si presentano nemmeno più in assemblea con conseguente impossibilità per l’organo deliberativo di approvare i bilanci al fine consentire una corretta amministrazione dell’ente di gestione, l’unica soluzione per l’amministratore è di rassegnare le proprie dimissione al fine di non incorrere in responsabilità personali e professionali.
Una volta compiuto tale passo, l’amministratore dimissionario può adire il Tribunale per chiedere la nomina di un amministratore giudiziario, come dispone il novellato art. 1129, comma I, cod. civ.