[A cura: Cna Installazione impianti] Come volevasi dimostrare. L’impraticabilità, per le imprese, di poter cedere a loro volta il credito di imposta ai propri fornitori di beni e servizi, così come previsto dall’emendamento governativo che ha modificato il testo originario dell’art. 10 del DL Crescita poi convertito dal Senato in legge, e che CNA aveva denunciato immediatamente, è ora un dato di fatto.
Gira infatti in tutta Italia una “bozza di documento per chi vende al consumatore finale”, che si consiglia caldamente di inserire in ogni offerta ed accettazione di preventivi ai propri clienti, nella quale, come clausola di salvaguardia, si afferma esplicitamente che “questo preventivo/proposta/offerta esclude che la ditta/società […] assuma come forma di pagamento l’opzione attribuita dalla legge per la cessione del credito fiscale per gli interventi di efficienza energetica (cosiddetto ecobonus) per uno sconto equivalente in fattura, non avendo la ditta/società […] capienza fiscale da utilizzare in tal senso ed a tal fine. Pertanto con l’accettazione di questo preventivo/proposta/offerta il cliente, con consapevolezza dell’intero prezzo da pagare, rinuncia espressamente all’opzione attribuitagli dalla legge per la trasformazione del credito fiscale (cosiddetto ecobonus) in sconto fattura”.
In pratica, le imprese del settore impiantistico e legno-serramenti, nell’accettare un preventivo per la fornitura di materiali e/o impianti necessari allo svolgimento della loro attività, dovranno sottoscrivere questo documento.
Che sia una pratica commerciale scorretta vi sono pochi dubbi. Ve ne sono ancor meno sull’efficacia della toppa che il Governo ha inteso mettere sul buco, rilevato peraltro anche dall’Antitrust nel suo pronunciamento del giugno scorso, relativo al testo dell’articolo che, si legge nel documento della Autorità “nella sua attuale formulazione, appare suscettibile di creare restrizioni della concorrenza nell’offerta di servizi di riqualificazione energetica a danno delle piccole e medie imprese, favorendo i soli operatori economici di più grandi dimensioni”.
Se i “correttivi” messi dal Governo per tutelare le imprese che operano nel campo dell’efficientamento energetico degli edifici vengono comodamente bypassati, la soluzione al problema è una ed una sola: abolire l’art. 10.