Una donna cade nel cortile condominiale, ma la Corte d’Appello prima, e la Cassazione poi, le negano il risarcimento per il danno subito, in quanto le condizioni dei luoghi non erano tali da costituire una pericolosità intrinseca della cosa e che, in ogni caso, vi fosse un elemento scriminante della responsabilità oggettiva del custode, costituito dalla prova di una condotta imprudente della danneggiata che non aveva posto in essere, essendo pienamente in condizioni di farlo, le dovute cautele nell’uso della cosa.
Di seguito un estratto dell’ordinanza 18319 del 9 luglio 2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., ord. 9.7.2019,
n. 18319
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M.B. convenne in giudizio il Condominio … davanti al Tribunale di Tempio Pausania chiedendo la condanna del convenuto al risarcimento dei danni alla persona subìti in conseguenza di una caduta nel cortile condominiale su pavimento dissestato, privo di alcuna segnaletica ed in condizioni di scarsa illuminazione.
Il giudizio fu istruito con prove documentali, testimoniali e CTU medico-legale, all’esito delle quali il Tribunale adito, con sentenza n. 1 del 2010, condannò il condominio convenuto per omesso controllo, vigilanza e custodia delle parti comuni (con riguardo alla presenza sul suolo di buche non visibili di notte per l’assenza di illuminazione) al risarcimento del danno nella misura complessiva di euro 19.743, per spese mediche e danno biologico, escludendo la risarcibilità del danno c.d. esistenziale.
La Corte d’Appello di Cagliari – Sezione di Sassari, adita in via principale dalla M.B. per sentir accogliere anche la domanda di risarcimento del danno esistenziale ed in via incidentale dal condominio per sentir pronunciare il rigetto della domanda, con sentenza n. 361 del 14/7/2016, per quel che ancora qui di interesse, ha accolto l’appello incidentale del condominio, volto a censurare la sentenza per l’assenza dei presupposti di accoglimento della domanda risarcitoria, ritenendo, sulla base di una richiamata e consolidata giurisprudenza di questa Corte, che in base all’art. 2051 c.c., l’attrice non avesse fornito prova delle condizioni di pericolosità del luogo, essendo il pavimento costituito da lastroni quadrati ed essendovi comunque condizioni di visibilità adeguate, e dunque non vi fosse prova del nesso causale tra l’evento dannoso e la cosa in custodia, mentre vi fosse prova del fortuito costituito dalla condotta disattenta della danneggiata che conosceva o doveva conoscere lo stato dei luoghi, per essere il condominio luogo di abitazione della figlia.
Accolto il primo motivo di appello incidentale, il Giudice ha ritenuto assorbiti gli ulteriori motivi dell’incidentale e l’appello principale ed ha condannato la M.B. alle spese del doppio grado del giudizio.
Avverso la sentenza M.B. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo. Resiste con controricorso il Condominio ….
1. Con l’unico motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – la ricorrente censura la sentenza per non aver valutato che la responsabilità per danni da cose in custodia configura una responsabilità per danni conseguenti al dinamismo proprio ed intrinseco della cosa, dipendente dall’insorgere nella stessa di un processo dannoso, e che, a fronte di una fattispecie sussumibile sotto l’art. 2051 c.c., che pone una responsabilità di tipo oggettivo, basata sul solo rapporto di custodia, la sentenza non si sarebbe fatta carico di raggiungere la prova del fortuito che sola avrebbe potuto scriminare la responsabilità del custode.
1.1. Il motivo è inammissibile in quanto la sentenza impugnata ha dato corretta applicazione all’art. 2051 c.c. che, presupponendo una responsabilità di tipo oggettivo, richiede la prova del fatto dannoso e del nesso di causalità del danno con la cosa in custodia, richiamando la sola scriminante del fortuito per evitare la responsabilità del custode.
Nel caso di specie la Corte d’Appello ha accertato, con motivazione peraltro non censurabile, trattandosi di accertamento di merito, che fosse mancata del tutto la prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, in quanto le condizioni dei luoghi non erano tali da costituire una pericolosità intrinseca della cosa. Conseguentemente ha correttamente ritenuto che, in mancanza di prova del nesso di causalità, la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. non fosse configurabile, dando continuità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., 3, n. 20427 del 25/7/2008; Cass., 6-3, n. 5910 dell’11/3/2011; Cass., 3, n. 11016 del 19/5/2011, Cass., 3, n. 7125 del 21/3/2013), mentre ha sottolineato che, in ogni caso, vi fosse un elemento scriminante della responsabilità oggettiva del custode, costituito dalla prova di una condotta imprudente della danneggiata che non aveva posto in essere, essendo pienamente in condizioni di farlo, le dovute cautele nell’uso della cosa (Cass., 6, n. 25594 del 18/12/2015; Cass., 6, n. 56 del 7/1/2016).
2. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, ed al c.d. raddoppio del contributo unificato.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 2.800 (oltre euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%.