In una lite tra due stabili, la Suprema Corte, sulla base del principio di diritto per cui “il proprietario del fondo dominante può apportare alle cose o opere destinate all’esercizio della servitù modifiche che ne rendano più agevole e comodo l’esercizio, ove ciò non si traduca in un facere a carico del proprietario del fondo servente ovvero in un apprezzabile aggravio dell’onere che pesa su quest’ultimo”, ammette non solo la tecnologia wireless ma anche l’attraversamento di cavi sul fondo servente.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 25.7.2019, n. 20197
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Il Condominio di Vico Monteroduni 16 – Palazzo Giovagnoni di Napoli chiamava in giudizio davanti Tribunale di Napoli il Condominio di Largo Sant’Orsola a Ghiaia 6, Napoli.
Sulla premessa di essere titolare di una servitù di passaggio sul cortile del condominio convenuto, il condominio attore precisava:
a) che grazie a tale passaggio i condomini avevano la possibilità di accedere al fabbricato anche da via Ghiaia e quindi raggiungere l’ascensore che portava al fabbricato condominiale;
b) che il cancello, mentre durante il giorno era aperto, nelle ore notturne era chiuso e l’accesso era consentito, tramite piccolo varco pedonale, alle sole persone munite di chiavi;
c) che gli abitanti di palazzo Giovagnoli non potevano regolare l’apertura del varco dalle loro abitazioni (diversamente dai condomini del Condominio di Largo Sant’Orsola), ma erano costretti di volta i volta a scendere da casa per aprire le porte ai visitatori.
Chiedeva quindi che fosse accertato il diritto, ai sensi dell’art. 1064 c.c., di installare, a proprie cure e spese, un impianto citofonico/videocitofonico sul cancello di ingresso al cortile del condominio convenuto.
Il tribunale accoglieva la domanda, imponendo tuttavia l’adozione di una tecnica che consentisse il collegamento agli appartamenti senza passaggio di fili elettrici o di altro nella proprietà del convenuto, tramite wireless o tecnica simile.
Contro la sentenza proponevano appello sia il Condominio di Largo Sant’Orsola sia il Condominio di via Giovagnoli (quest’ultimo in relazione al capo di sentenza sulle modalità tecniche che l’impianto avrebbe dovuto avere).
La Corte d’appello di Napoli riformava la sentenza.
Per quanto ancora interessa in questa sede, essa riconosceva che il ragionamento del tribunale, nella parte in cui aveva imposto l’adozione di una tecnologia idonea a evitare il passaggio di fili, era da condividere; tuttavia, come risultava dall’accertamento compiuto in sede esecutiva, in concreto non attuabile.
Quindi, pur riconoscendo che l’installazione dell’impianto non comportasse di per sé aggravamento della servitù, ha riconosciuto nello stesso tempo che le modalità tecniche non erano indifferenti, potendo rendere più gravosa la condizione del fondo servente, ai sensi dell’art. 1067 c.c.. Secondo la corte di merito l’attore aveva perciò l’onere di provare che l’installazione dell’impianto non avrebbe determinato ulteriori pesi a carico del fondo servente, come accadrebbe se dovessero essere posti in opera fili elettrici di collegamento o altre apparecchiature sulla proprietà del Condominio di Largo Sant’Orsola 6, con caratteristiche invasive.
Posto che tale onere non era stato assolto dal Condominio Palazzo Giovagnoli la domanda non poteva essere accolta.
Per la cassazione della sentenza il Condominio Palazzo Giovagnoli ha proposto ricorso sulla base di due motivi, cui il Condominio di Largo Sant’Orsola ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1067 c.c. e degli artt. 2697 c.c., 61, 115, e 191 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Lamenta il ricorrente:
a) che la corte di merito ha ritenuto che l’installazione di un citofono sul cancello che dà accesso al cortile di proprietà del condominio convenuto importasse aggravamento della servitù;
b) che a tale conclusione la corte di merito è pervenuta in base al rilievo che l’impianto avrebbe comportato passaggio di fili elettrici attraverso il fondo servente, aggravandone la condizione;
c) che tuttavia tale giudizio è stato espresso in astratto, mentre i principi di giurisprudenza in materia impongono una verifica volta a indagare in concreto l’effettivo pregiudizio che l’innovazione avrebbe comportato per il fondo servente;
d) che l’applicazione di tale principio avrebbe imposto una specifica indagine tecnica, tramite consulenza tecnica invano richiesta, volta a stabilire se ed in che misura il passaggio di fili elettrici avrebbe potuto costituire pregiudizio per il fondo servente;
e) che diversamente la decisione è stata assunta omettendo del tutto l’esame delle richieste istruttorie formulate dalle parti, in particolare l’istanza di consulenza tecnica;
f) che la necessità di siffatta indagine non era venuta meno in conseguenza della consulenza tecnica svolta in sede esecutivo, il cui ambito era limitato a verificare la fattibilità dell’opera mediante tecnologia wireless.
Sulla base di rilievi di cui sopra il ricorrente, in aggiunta alla violazione delle norme di cui in rubrica, ha denunciato la sentenza anche sotto altri profili: mancanza di motivazione e mal governo delle norme in materia di prova, reso palese dalla mancata ammissione di consulenza tecnica.
Il motivo è fondato nei limiti di seguito indicati.
È indubbio che l’installazione di un dispositivo di apertura a distanza si configurava, nel caso di specie, quale opera da eseguirsi non sul fondo dominante, ma sul fondo servente, al fine di una migliore utilizzazione della servitù.
Dal canto suo l’art. 1067 c.c. vieta al proprietario del fondo dominante di fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente.
Si fa notare in dottrina che la ragione per cui il nuovo codice non ha ripetuto le parole del vecchio codice «tanto nel fondo servente, quanto nel fondo dominante» sta in ciò: che mentre rispetto al fondo dominante che l’innovazione vi fosse ammessa o non ammessa secondo dei casi era intuitivo, perciò era inutile citarlo, nel fondo servente l’innovazione, ledendo il jus dominii del proprietario di esso, non è mai consentita a priori e quindi era meglio non parlarne. Ciò non toglie che siano tuttavia consentite modifiche alle cose od opere destinate all’esercizio della servitù e che ne rendano più agevole l’esercizio ove non si traducano nella imposizione di un facere a carico del proprietario del fondo servente, ovvero in apprezzabile aggravio dell’onere che pesa su quest’ultimo (Cass. n. 4982/1977).
Si ritiene inoltre, argomentando analogicamente dall’art. 1068 c.c., che siano consentiti persino cambiamenti del modo di esercizio della servitù, sempre che non ci sia pregiudizio per il fondo servente e fermo restando che le spese della variazione debbono essere sopportate da chi abbia chiesto la variazione, per il generale principio cuius commoda eius incommoda (cfr. Cass. n. 2104/1994).
La corte d’appello non si è attenuta a tali principio.
Essa è partita dalla considerazione che la modificazione poteva ritenersi lecita a condizione che non imponesse il passaggio di fili attraverso il fondo servente. Quindi, posto che il titolare della servitù non aveva fornito la prova che l’opera si potesse fare senza passaggio di fili, ha rigettato la domanda.
Al contrario, in applicazione dei principi sopra indicati, la corte avrebbe dovuto verificare in concreto se la modificazione richiesta importasse un apprezzabile aggravio dell’onere gravante al fondo servente e, in base a tale criterio, permettere o negare il mutamento.
La sentenza va pertanto cassata in relazione a tale motivo e il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «il proprietario del fondo dominante può apportare alle cose o opere destinate all’esercizio della servitù modifiche che ne rendano più agevole e comodo l’esercizio, ove ciò non si traduca in un facere a carico del proprietario del fondo servente ovvero in un apprezzabile aggravio dell’onere che pesa su quest’ultimo».
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1064, 1065 e 1067 c.c. e degli artt. 2697 c.c., 61, 115, e 191 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Sono richiamati i principi della giurisprudenza di legittimità sul diritto del proprietario del fondo servente di chiudere il fondo, il cui esercizio deve essere contemperato con il diritto del proprietario del fondo dominante. Tale contemperamento non è garantito a priori dalla consegna delle chiavi, ma potrebbe richiedere talvolta richiede misura ulteriori, quali ad ed esempio l’installazione di strumenti che ne consentano l’apertura a distanza.
Il motivo è assorbito.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli anche per le spese.
accoglie il primo motivo; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli anche per le spese.