Due condòmini, proprietari di un’area, inizialmente destinata a box, lamentano la sua occupazione, da parte di griglie e tubazioni condominiali, che chiedono vengano rimosse in quanto illecite. Di seguito un estratto dell’ordinanza di Cassazione numero 21481 del 19 agosto 2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
sez II civ., ord. n. 21481
del 19/08/2019
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La vicenda processuale trae origine dalla domanda proposta da Q.B. e G.V. nei confronti del condominio (omissis), con la quale gli attori, assumendo di essere proprietari di un’area, inizialmente destinata a box, lamentavano che fosse stata occupata da griglie di aereazione e da tubazioni condominiali, di cui chiedevano la rimozione.
Si costituiva il condominio (omissis), che resisteva alla domanda, ed intervenivano in giudizio il condominio (omissis 2) ed il condominio (omissis 3), che aderivano alle difese del convenuto. All’esito dei giudizi di merito, la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 07.01.2014, in riforma della sentenza del Tribunale di Alessandria, accoglieva la domanda. Qualificava come rivendica l’azione proposta dagli attori e riteneva che essi avessero fornito la prova del titolo di proprietà indipendente dall’utilizzo dell’area. Il giudice d’appello aggiungeva che nella DIA presentata dai condomini, per il cambio di destinazione d’uso dell’area, si faceva riferimento alla precedente destinazione a boxes da parte degli attori e rilevava che essa non era stata approvata proprio perché non sottoscritta dai medesimi, in qualità di proprietari. Per la cassazione della sentenza hanno proposto distinti ricorsi il Condominio (omissis) sulla base di tre motivi ed il condominio (omissis 2 e 3) sulla base di due motivi. Hanno resistito con controricorso Q.B. e G.V.. In prossimità dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memorie difensive.
(omissis)
Con il primo motivo di ricorso principale i Condomini (omissis 2 e 3) deducono falsa applicazione degli artt. 113, 115, 153, 175, 183 e 324 c.p.c., nonché degli artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3. Lamentano che la corte avrebbe fondato la propria decisione sulla DIA del 3.10.2007, tardivamente prodotta con le seconde memorie di cui all’art.183 comma VI c.p.c.., tanto che il giudice di primo grado ne avrebbe dichiarato l’inammissibilità. La decisione sarebbe, pertanto, fondata su prove illegittimamente acquisite in violazione della disciplina delle preclusioni processuali e del diritto ad un “giusto processo”, avente copertura costituzionale negli artt. 24 e 111 Cost.
Il motivo non è fondato. Esso non coglie la ratio decidendi in quanto il giudice d’appello, qualificata la domanda come azione di rivendica, ha fondato la sua decisione sul “titolo versato in atti” e non sull’utilizzo dell’area da parte del condominio. Ne consegue che la censura avrebbe dovuto investire l’atto di acquisto della proprietà da parte degli attori Q.B. e G.V. e non la DIA, che non ha rilevanza ai fini della prova della proprietà del bene.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., in quanto mentre in citazione sarebbe stata chiesta la consegna di due garages, in appello la richiesta avrebbe riguardato il rilascio del sedime di proprietà insistente sui mappali 83-276 e 275 del foglio 32, con violazione del principio di corrispondenza fra richiesto e pronunciato e del divieto di proposizione di domande nuove in appello.
Il motivo non è fondato. Sia in primo grado che in appello, l’individuazione del petitum è avvenuto attraverso l’indicazione dei dati catastali – mappali 83-276 e 275 del foglio 32- coincidenti con i due boxes occupati dal condominio. Non vi è stata quindi alcuna violazione dell’artt.112 c.p.c., né la proposizione di nuove domande in appello.
Va, quindi esaminato il ricorso incidentale del condominio (omissis).
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 948 c.c. e dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3; si contesta la legittimazione passiva del condominio Millennio, essendo emerso dall’istruttoria svolta che l’area oggetto di rivendica sarebbe situata nel piano interrato del complesso immobiliare sito in (omissis), estranea al comparto occupato dal condominio (omissis) e facente parte, invece dei condomini (omissis 2 e 3). Non vi sarebbe, pertanto, coincidenza, tra gli enti condominiali concretamente possessori dell’area controversa ed il soggetto passivamente legittimato a contraddire l’azione di rivendicazione.
Il motivo non è fondato. Il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge facendo generico riferimento alla documentazioni fotografica, alle planimetrie e ad altri elementi istruttori, oggetto di accertamento di fatto da parte del giudice di merito mentre il vizio di violazione di legge ricorre a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata (Sez. L, Sentenza n. 26307 del 15/12/2014). Al contrario, se l’erronea ricognizione riguarda la fattispecie concreta, il gravame inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass., Sez. 5, sentenza n. 8315 del 4 aprile 2013, Rv. 626129).
Con il secondo ed il terzo motivo, il condominio (omissis) ripropone in modo identico le censure già esaminate in relazione al ricorso proposto dai condomini (omissis 2 e 3), che vanno, pertanto, rigettate.
Rigetta il ricorso principale ed incidentale e condanna il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale alle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in euro 4500,00 per compensi oltre spese forfettarie, Iva e cap come per legge, oltre euro 200,00 per spese vive.