Per la Cassazione il condominio è legittimato a fare causa a Regione Lombardia e Comune di Milano. Ragione del contendere un progetto di sistemazione idraulica per le piene del torrente Seveso, che prevedeva una vasca a non più di 50 metri di distanza degli stabili. I residenti avrebbero dovuto fare i conti con acque stagnanti ed inquinate, con fanghi, sollevamenti di polvere con sostanze cancerogene, insetti ed odori.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. Un. civ., sent. 27.8.2019,
n. 21740
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Il Supercondominio …, il Condominio …, in persona dell’amministratore pro tempore, (e altri) hanno impugnato innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (d’ora in avanti T.S.A.P.) il Decreto n. 4186 del 12.5.2016 del Dirigente della Direzione Generale Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile della Regione Lombardia, col quale era stata espressa pronuncia positiva in merito alla compatibilità ambientale del progetto di sistemazione idraulica e laminazione delle piene del torrente Seveso nel Comune di Milano, assumendo di vedersi gravemente minacciati dall’opera in progetto a causa della prossimità delle loro proprietà all’area destinata a tale intervento.
Il T.S.A.P. ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione ad agire dopo aver rilevato che i ricorrenti non avevano evidenziato né la loro posizione differenziata rispetto alla collettività di cui facevano parte, né il pregiudizio specifico che avrebbero subito dalla realizzazione dell’opera pubblica, non essendo a tal fine sufficiente l’affermazione della vicinanza alla stessa delle loro abitazioni.
In particolare, secondo il giudicante, le censure apparivano rivolte alla tutela di un interesse collettivo che spettava, però, all’ente esponenziale della collettività di appartenenza.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso il Supercondominio …, il Condominio …, (e altri), con un solo motivo illustrato da memoria, cui resistono con controricorso la Regione Lombardia ed il Comune di Milano.
Il P.G. conclude per l’accoglimento del ricorso.
1. Con un solo motivo articolato in due punti e dedotto per violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. in relazione all’art. 100 cod. proc. civ., i ricorrenti, dopo aver premesso che nella sentenza impugnata si dà atto della vicinanza delle loro abitazioni al luogo dell’intervento concernente la sistemazione idraulica del torrente Seveso, contestano che il requisito della vicinitas non possa ritenersi sufficiente a sorreggere il loro interesse al ricorso nell’ambito dell’impugnazione di un provvedimento di valutazione di impatto ambientale, quale quello oggetto di causa.
Nel contempo i medesimi evidenziano che nella fattispecie non era necessario che indicassero l’esistenza di un concreto pregiudizio, tanto più che il requisito della vicinitas non risultava contestato, al punto che lo stesso Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ne aveva preso atto, pur ritenendolo insufficiente ai fini della legittimazione.
2. Inoltre, i ricorrenti contestano di essersi limitati a denunciare un rischio generico per la salute, riconducibile ad un interesse diffuso, derivante dalla violazione delle norme disciplinanti l’istruttoria per la tutela del diritto alla salute. Al contrario, i medesimi evidenziano che avevano espressamente contestato che la trattazione della componente “salute pubblica” nel SIA (studio di impatto ambientale) e nella VIA (valutazione di impatto ambientale), che l’aveva recepito, fosse stata condotta secondo quanto stabilito nella D.G.R. 24.1.2014 n. X/1266 (Approvazione delle linee guida per la componente salute pubblica degli studi di impatto ambientale ai sensi dell’art. 12, comma 2, del Regolamento Regionale 21.11.2011, n. 5). I medesimi aggiungono che avevano anche richiamato la documentazione tecnica versata in atti, che avevano messo in rilievo le gravi condizioni delle acque e le conseguenze dannose derivanti da tale situazione, preoccupandosi di evidenziare i rischi concreti e specifici per la loro salute, dato che, vivendo a non più di 50 metri di distanza dalla vasca, avrebbero dovuto fare i conti con acque stagnanti ed inquinate, con fanghi, sollevamenti di polvere con sostanze cancerogene, insetti ed odori. Quindi, tutto ciò, rendeva ben evidente la sussistenza di un loro specifico e concreto interesse alla proposizione del ricorso, per cui la sentenza impugnata era viziata per palese violazione della norma di cui all’art. 100 cod. proc. civ.
3. Il ricorso è fondato.
Invero, contrariamente a quanto ritenuto dal T.S.A.P., nella fattispecie risultano sussistere entrambe le condizioni atte a fondare la legittimazione dei ricorrenti all’impugnativa del provvedimento col quale era stata espressa pronuncia positiva in merito alla compatibilità ambientale del progetto di sistemazione idraulica e laminazione delle piene del torrente Seveso nel Comune di Milano, vale a dire sia la “vicinitas”, riconducibile alla incontestata prossimità delle loro proprietà all’area del programmato intervento pubblico, sia l’allegazione delle conseguenze dannose scaturenti dall’attuazione dell’impugnato provvedimento.
4. Per quel che concerne in particolare il requisito della “vicinitas” va, anzitutto, rilevato che già buona parte della giurisprudenza considera tale requisito sufficiente al fine di radicare l’interesse a ricorrere avverso la realizzazione di un’opera (si veda ad esempio Cons. di Stato sez. V, n. 5193 del 16.9.2011, che esclude che la legittimazione attiva possa essere subordinata alla prova puntuale della concreta pericolosità dell’opera da realizzarsi nelle vicinanze, nonché Cons. St., sez. V, n. 3904 del 13.7.2000 e n. 1183 del 27.9.1991).
5. Tra l’altro, la possibilità di localizzare l’interesse rende ultronea la ricerca di un soggetto collettivo che assuma la titolarità della corrispondente situazione giuridica, che può quindi trovare, come nella fattispecie, uno o più titolari, sia nelle persone dei singoli proprietari che dei legali rappresentanti dei condomini ubicati in prossimità dell’area di intervento interessata dall’impugnato provvedimento amministrativo. In tal senso lo stesso requisito incontestato della “vicinitas” aggiunge l’elemento della differenziazione ad interessi qualificati in virtù delle norme costituzionali o di quelle ordinarie nella materia che qui interessa del diritto alla salute.
6. In sostanza si è in presenza di un interesse che appartiene a tanti soggetti facenti parte di una comunità identificata in base ad un prevalente criterio terrítoriale che emerge come autentica situazione giuridica tutelabile in giudizio, laddove l’attività conformativa della Pubblica Amministrazione incida su un determinato spazio territoriale, modificandone l’assetto nelle sue caratteristiche non solo urbanistiche, ma anche paesaggistiche, ecologiche e di salubrità, e venga nel contempo denunziata come foriera di rischi per la salute, diritto, questo, costituzionalmente protetto.
7. Quanto alla condizione della necessità della prova del danno, che solo parte della giurisprudenza amministrativa considera necessaria ai fini della legittimazione, è sufficiente osservare che nella fattispecie i ricorrenti avevano specificamente contestato, per quel che concerneva il profilo della salute e dell’ambiente, che nella parte del S.I.A. dedicata ai rischi per la salute il problema non era stato minimamente preso in considerazione, così come nella relazione alla V.I.A., indicando nel dettaglio le conseguenze dannose derivanti da tale situazione, con ampio richiamo alla documentazione tecnica versata in atti a sostegno del loro assunto difensivo. Quindi, siffatto assolvimento dell’onere di allegazione dei fatti e dei documenti strumentali alla prova del danno paventato alla salute contribuisce a far emergere, contrariamente a quanto ritenuto dal T.S.A.P., una posizione differenziata dei ricorrenti atta a consolidare la loro legittimazione attiva all’impugnazione del provvedimento amministrativo oggetto del contendere, già sufficientemente supportata dalla sussistenza del summenzionato requisito della “vicinitas”.
8. In definitiva, il ricorso va accolto. Conseguentemente l’impugnata sentenza va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.