Per classificare una abitazione come di lusso ed escludere il beneficio prima casa, per il calcolo della superficie si deve tenere conto della “utilizzabilità degli ambienti”, non della loro abitabilità, poiché è questo requisito ad attribuire il carattere “lussuoso” ad una abitazione. Per questo, se la superficie del soppalco determina il superamento dei 240 mq, l’abitazione deve considerarsi di lusso e come tale inidonea a beneficare delle agevolazioni prima casa.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 29643 del 14 novembre 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V civ., sent. 14.11.2019,
n. 29643
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V.C. presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso l’avviso n. …, con cui l’Ufficio di Albano liquidava l’imposta di registro a seguito di decadenza dai benefici spettanti per l’acquisto dell’immobile sito in …, eccependo l’illegittimità dell’atto impositivo.
(omissis)
Con sentenza del 7.12.2012 la CTR Lazio accoglieva l’appello principale e rigettava quello incidentale sulla base delle seguenti considerazioni:
1) nel calcolo della superficie rilevante ai fini del d.m. 2 agosto 1969 doveva essere computato anche il soppalco e, per l’effetto, la superficie utile superava abbondantemente la soglia di 240 mq., circostanza quest’ultima che rendeva superfluo ogni ulteriore approfondimento sulle perizie prodotte dalle parti;
2) tenuto conto della normativa di riferimento, nulla escludeva la superficie “soppalco” ai fini tributari, esistendo già tale opera al momento della compravendita, aumentando automaticamente i metri quadri complessivi;
(omissis)
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso V.C., sulla base di cinque motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
(omissis)
5. Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 6 dm n. 1072/1969, 12 disp. gen. c.c. e 3 e 53 Cost. (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.), per non aver la CTR ritenuto che, ai fini del calcolo della superficie utile, il soppalco doveva essere equiparato alle soffitte e, quindi, non avendo una idoneità alla funzione abitativa, essere escluso.
5.1. Il motivo è infondato.
In tema di agevolazioni c.d. prima casa, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e come tale esclusa da detti benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui all’art. 6 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, per il quale, premesso che viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti, detta superficie deve essere determinata escludendo dalla estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8409 del 26/03/2019; Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017).
Costituendo parametro idoneo l’“utilizzabilità” degli ambienti (a prescindere dalla loro effettiva abitabilità), a titolo esemplificativo, i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall’interno dell’abitazione (e, quindi, assimilabili ad un soppalco) e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva (Sez. 5, Sentenza n. 18480 del 21/09/2016). Parimenti, rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso nella predetta elencazione tassativa (Sez. 5, Sentenza n. 18483 del 21/09/2016).
In definitiva, ciò che assume rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – è la marcata potenzialità abitativa dello stesso (Sez. 5, Sentenza n. 25674 del 15/11/2013) e, più precisamente, l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (Sez. 5, Sentenza n. 23591 del 20/12/2012).
Né è possibile alcuna interpretazione che ne ampli la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica (Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012. In quest’ottica, non è possibile aderire alla soluzione, prospettata dalla ricorrente, ermeneutica estensiva, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica e, quindi, questi non possono essere riconosciuti nelle ipotesi in cui non siano espressamente previsti (Sez. 5, Sentenza n. 22279 del 26/10/2011).
Ai fini della determinazione della superficie utile, non possono, invece, applicarsi i criteri di cui al d.m. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801 (che definisce la superficie abitabile come “la superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e di balconi”), richiamato dall’art. 51 della legge 2 febbraio 1985, n. 47, le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa (Sez. 5, Sentenza n. 861 del 17/01/2014; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24469 del 01/12/2015).
La giurisprudenza di questa Corte ha altresì chiarito che, ai fini per cui è causa, non si applicano le normative edilizie o igienico-sanitarie (Cass. 12942/2013; 23591 del 2012; n. 10807 del 2012, n. 22279 del 2011; 25674/2013), in quanto gli unici locali da escludersi sono quelli espressamente indicati nella su riportata normativa (Cass. 861/2014; Cass. 24469/2015; 2016/11556).
5.2. Il Decreto Ministeriale 2 agosto 1969 n. 1072, all’art. 6, per quanto qui interessa, specifica che sono considerate abitazioni di lusso «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)».
Questa Corte, con sentenza n. 21287/13, ha condivisibilmente affermato che il decreto ministeriale menzionato va interpretato nel senso di dover escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto (in essa compresi, dunque, i muri perimetrali e quelli divisori) solo, i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e non l’intera superficie non calpestatile. A suffragio di tale orientamento può altresì sottolinearsi come nella formula “superficie utile complessiva” contenuta nel Decreto Ministeriale 2 agosto 1969, n. 1072, articolo 6, manchi l’aggettivo “netta” che, invece era presente nel testo (“superficie utile netta complessiva”) della disposizione che dettava la previgente definizione delle caratteristiche delle abitazioni di lusso (tabella allegata al Decreto Ministeriale 4 dicembre 1961; in questi termini, Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 1 dicembre 2015, n. 24469).
I principi di diritto sin qui ricostruiti lumeggiano la corretta interpretazione da offrire all’art. 6 in esame: la superficie utile va considerata escludendo, dal computo metrico, solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e, in particolare, includendo nella metratura i soppalchi.
Va ribadito che, al fine di individuare la superficie utile per identificare le abitazioni di lusso, è irrilevante la calpestabilità dell’area in questione, per quanto, nel caso di specie, l’altezza media del vano (mt. 2,35) deporrebbe senz’altro nel senso della sussistenza di tale caratteristica.
Può essere, pertanto, formulato il seguente principio di diritto: «Ai fini della individuazione di una abitazione di lusso, nell’ottica di escludere il beneficio cd. prima casa, la superficie utile deve essere determinata guardando alla “utilizzabilità degli ambienti” a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito, il parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione. Ne consegue che il concetto di superficie utile non può restrittivamente identificarsi con la sola “superficie abitabile”, dovendo il Decreto Ministeriale 2 agosto 1969, n. 1072, articolo 6, essere interpretato nel senso che è “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 mq rientrano anche i soppalchi».
6. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.