Se di norma è l’amministratore di condominio a indire la riunione, è comunque compito dell’assemblea, e per essa del suo presidente, controllare la regolarità degli avvisi e darne conto tramite verbalizzazione. E d’altra parte “l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti i condòmini (gli aventi diritto, dopo la riformulazione intervenuta con la legge n. 220 del 2012) sono stati invitati alla riunione”. Sono i principi espressi dalla Corte di Cassazione con la sentenza 29878 del 18 novembre 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 18.11.2019, n. 29878
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D.B. propone ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 3314/2014 della Corte d’appello di Milano, pubblicata il 17 settembre 2014.
Resiste con controricorso il Condominio di ….
Con citazione del 23 luglio 2008 il Condominio … convenne l’amministratore D.B. perché venisse dichiarata la responsabilità dello stesso a titolo di inadempimento contrattuale, con condanna al risarcimento dei danni pari ad euro 3.651,33. Tale somma corrispondeva all’importo intimato a titolo di rimborso spese processuali dal condomino P.F., il quale aveva vittoriosamente impugnato la delibera assembleare del 28 febbraio 2007 per errata convocazione. La domanda di responsabilità contrattuale venne accolta dal Tribunale di Milano con sentenza del 15 settembre 2010.
D.B. propose gravame, respinto dalla Corte d’appello di Milano con sentenza del 17 settembre 2014. L’appellante sostenne che l’art. 1136 c.c. pone a carico dell’assemblea, e quindi dei condòmini, l’obbligo di verificare l’avvenuta regolare convocazione di tutti gli aventi diritto; l’amministratore D.B. dedusse altresì che la convocazione del condomino P.F. era stata eseguita a mezzo posta ordinaria, e non tramite raccomandata, perché così richiesto dallo stesso condomino destinatario.
La Corte di Milano espose che l’obbligo di procedere alla rituale convocazione dei condòmini spetta per legge, piuttosto, all’amministratore, in adempimento del mandato ricevuto. I giudici di secondo grado affermarono, inoltre, che l’allegazione secondo cui era stato lo stesso condomino P.F. a richiedere l’inoltro delle convocazioni a mezzo posta ordinaria era assorbita dal giudicato disceso sulla pronuncia di annullamento della delibera assembleare, trattandosi, peraltro, di accordo non opponibile ai terzi. Circa la eccepita concorrente condotta colposa del Condominio …, anche tale rilievo veniva reputato nella sentenza impugnata precluso dal giudicato dell’annullamento della delibera, con condanna alle spese del Condominio.
Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
I. Il primo motivo di ricorso di D.B. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1136, comma 6, c.c. (pagina 19 e ss.). Il ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello, per non aver considerato che l’obbligo imposto in capo all’amministratore di procedere alla convocazione di tutti i condòmini non esime l’assemblea dall’obbligo ad essa imposto di verificare la regolarità delle medesime convocazioni.
Il secondo motivo di ricorso di D.B. deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., non avendo considerato la Corte di Milano che la sentenza del giudizio intercorso tra il condomino P.F. ed il Condominio … non potesse valere come giudicato nei confronti del ricorrente.
Il terzo motivo di ricorso allega la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. in ordine alla valenza come accordo inter partes inopponibile al Condominio della richiesta del condomino P.F. di inoltro delle convocazioni a mezzo posta ordinaria.
(omissis)
II. I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano fondati nei limiti di seguito enunciati.
A proposito, in particolare, del secondo motivo, deve considerarsi che la sentenza di annullamento di una deliberazione dell’assemblea di condominio riveste efficacia di giudicato quanto alla causa di invalidità accertata (nella specie, l’omessa convocazione del condomino P.F. all’assemblea del 28 febbraio 2007) nei confronti di tutti i condòmini, anche se non abbiano partecipato personalmente al giudizio di impugnativa promosso da uno o da alcuni di loro, ciò desumendosi dalla regola di obbligatorietà delle delibere per tutti i partecipanti posta dall’art. 1137, comma 1, c.c., che fa escludere che la delibera annullata giudizialmente debba intendersi rimossa per il solo impugnante e rimanga invece vincolante per gli altri comproprietari (omissis).
È dunque evidente che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Milano, la sentenza di accertamento della invalidità di una deliberazione assembleare non rivesta alcuna efficacia sostanziale di giudicato, ai sensi dell’art. 2909 c.c., nel giudizio, quale quello in esame, in cui sia dedotta la responsabilità contrattuale dell’amministratore di condominio per la causazione di quella invalidità, attesa l’ontologica differenza sia delle parti sia delle “causae petendi”.
L’azione promossa dal Condominio … contro l’amministratore D.B. era diretta a far valere la responsabilità dello stesso per l’omessa convocazione ex art. 66 disp. att. c.c. del condomino P.F. all’assemblea del 28 febbraio 2007. Si tratta, perciò, di azione di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale rispetto all’obbligo dell’amministratore di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza imposta dall’art. 1710 c.c. e dall’art 1176 c.c. La Corte d’appello ha considerato l’amministratore D.B. tenuto a risarcire al Condominio i danni consistenti nelle spese giudiziali corrisposte al condomino P.F., in quanto conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento all’obbligo di regolare convocazione dell’assemblea degli aventi diritto a partecipare all’assemblea.
La Corte di Milano ha però erroneamente considerato “assorbita” dal giudicato di annullamento della delibera l’allegazione dell’amministratore che il condomino P.F. era stato convocato con posta ordinaria per sua specifica richiesta in tal senso (nella vigenza, peraltro, della formulazione dell’art. 66, disp. att. c.c. antecedente alla modifica intervenuta con la legge n. 220 del 2012, che non prescriveva alcuna formalità per la convocazione dei condòmini all’assemblea): l’amministratore aveva compiuto tale allegazione non certo per rimettere in discussione la validità della deliberazione assembleare del 28 febbraio 2007, ma quale elemento di valutazione della propria condotta di mandatario e di giustificazione dell’eventuale inadempimento addotto, onde stabilire se egli fosse davvero venuto meno alle sue obbligazioni nei confronti del Condominio (arg. da Cass. Sez. 2, 18/05/2009, n. 11419).
Ha parimenti errato la Corte d’appello di Milano nell’affermare che il giudicato conseguito sulla invalidità della delibera assembleare del 28 febbraio 2007 precludesse l’accertamento di un concorso di colpa del Condominio …, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c. atteso che, per quanto sopra enunciato, la sentenza di annullamento della deliberazione dell’assemblea non può certo rivestire efficacia di giudicato sulla responsabilità esclusiva dell’amministratore verso i condòmini e sulla esclusione dell’apporto causale del Condominio danneggiato. A tal fine, ribaltando altresì quanto affermato nella sentenza impugnata a proposito dell’assenza di specifici obblighi “a carico dei condòmini e/o dell’assemblea”, deve considerarsi come, se è l’amministratore, di regola, a dover procedere alla convocazione dell’assemblea (art. 66 disp. att. c.c.), l’art. 1136, comma 6, c.c., nella formulazione qui applicabile ratione temporis, prescrive che “l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condòmini (‘gli aventi diritto’, dopo la riformulazione intervenuta con la legge n. 220 del 2012) sono stati invitati alla riunione (‘sono stati regolarmente convocati’)”, integrando la preventiva convocazione un requisito essenziale per la validità di qualsiasi deliberazione (omissis).
È perciò compito dell’assemblea, e per essa del suo presidente, controllare la regolarità degli avvisi di convocazione e darne conto tramite verbalizzazione, sulla base dell’elenco degli aventi diritto a partecipare alla riunione eventualmente compilato dall’amministratore (elenco che può essere a sua volta allegato al verbale o inserito tra i documenti conservati nell’apposito registro), trattandosi di una delle prescrizioni di forma richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, costituzione, discussione, votazione, ecc.), la cui inosservanza importa l’annullabilità della delibera, in quanto non presa in conformità alla legge (omissis).
III. Il ricorso deve pertanto essere accolto per quanto indicato in motivazione. La sentenza impugnata viene cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, la quale terrà conto dei rilievi svolti e si uniformerà agli enunciati principi, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.