[A cura di: ing. Fabrizio Mario Vinardi, consigliere segretario Ordine Ingegneri prov. di Torino] La chiusura di un balcone con trasformazione in veranda, si sa, può cambiare le sorti di un appartamento, specie per quelli più piccoli, facendogli guadagnare qualche metro quadrato in più di spazio “vivibile”, rendendolo molto più appetibile dal punto di vista commerciale e, conseguentemente, incrementandone il valore di compravendita.
Col passare del tempo, il termine “veranda” ha assunto una pluralità di significati: il vocabolo, oggi, connota tanto la struttura fissa vetrata quanto quelle dotate di pannelli/teli rimovibili, queste ultime tipicamente pubblicizzate come “verande che non hanno bisogno di permessi” e che, per contro, non offrono certo il confort di una struttura fissa.
Resta il fatto che, a fronte della innegabile utilità di questa “appendice” ai fini organizzativi degli spazi angusti, vanno considerati i possibili molteplici risvolti di natura sia amministrativa sia edilizio-urbanistica sia, infine, giudiziaria: la veranda può allora trasformarsi, se non in incubo, quanto meno in un bel grattacapo, soprattutto quando si fanno i conti con la vendita (o l’acquisto) di un’unità immobiliare.
Non è infatti raro imbattersi in appartamenti che, sul lato cortile interno, presentano un balcone verandato, spesso frutto di scelte sottovalutate sul lungo periodo, che hanno dato vita a un ingente numero di veri e propri (seppur minori) abusi edilizi, ciascuno passibile di procedimento penale.
Prima di parlare di verande, vale la pena considerare che – quanto meno in Italia – anche la base su cui normalmente “poggia” la veranda, ossia il balcone, ha una pluralità di sfaccettature terminologiche:
Di conseguenza, anche le verande possono mutare terminologia, quanto meno dal punto di vista commerciale, in funzione della “base” che le sostiene: è comunque indubbio che quando si pensa a una veranda, tipicamente si immagina un balcone di tipo loggiato (ossia con la maggior parte della superficie incassata nell’edificio e una restante parte in aggetto), chiuso perimetralmente da strutture leggere vetrate (negli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo c’è stato un rigoglioso fiorire di verande in ferro e vetro in moltissime città), oggi tipicamente sostituito da nuovi materiali, quali il più leggero alluminio oppure il PVC, che ha un ottimo comportamento isolante (ma in alcuni centri storici oppure nelle zone montane ci si può ancora imbattere in verande realizzate con struttura lignea, che spesso rivestono un ruolo architettonico di pregio).
Per quanto concerne i balconi, vale la pena richiamare l’orientamento costante della Suprema Corte di Cassazione:
Dal punto di vista tecnico-amministrativo, nel 2016 Governo, Regioni ed Enti locali hanno approvato il Regolamento Edilizio Unico (art. 4, comma 1-sexies DPR n. 380/01), con lo scopo di uniformare le procedure edilizie con norme idealmente condivise su tutto il territorio nazionale grazie all’adozione di Regolamenti Edilizi “tipo” a livello regionale; tra le definizioni, si trova anche quella di veranda: “Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.
Ne consegue che la veranda comporta non solo una modifica della sagoma dell’edificio, ma anche – dal punto di vista catastale ed erariale – un aumento della volumetria dell’appartamento, che comporta una diversa tassazione.
A volte sì, a volte no: bisogna affidarsi alla consulenza di un professionista abilitato e, nel caso la risposta sia “sì”, è necessario seguire le regole che il professionista stesso saprà indicare al proprietario.
Infatti, mentre fino a qualche decennio fa le verande spuntavano nei cortili interni dei palazzi delle nostre città quasi come funghi dopo una notte piovosa (perlopiù senza titolo abilitativo, vuoi per superficialità del proprietario, vuoi per certa carenza normativa), oggi non ci sono dubbi: la sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 5801/2018 del 9 ottobre 2018 stabilisce quanto detto sopra, ossia che le verande propriamente dette (che non rientrano nella casistica di opera contingente e temporanea, da rimuoversi al cessare della necessità e comunque entro 90 gg, come, ad esempio, i gazebo) determinano una variazione plano-volumetrica dell’appartamento, oltre che architettonica della facciata dell’edificio, e pertanto sono soggette al rilascio di Permesso di Costruire: “La veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi a un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie”.
In linea teorica, dunque, è possibile realizzare una veranda ex novo, previo rilascio del Permesso di Costruire da parte dell’Ufficio Tecnico del Comune competente, senza dover richiedere il nulla osta all’assemblea condominiale. Tuttavia, questo diritto non scongiura affatto che un condomino possa opporsi sia durante sia dopo la realizzazione dell’opera, ma sarà legittimato a farlo solo nel caso in cui la veranda possa creare problemi di stabilità dell’edificio o, caso ben più comune, possa arrecare un danno estetico (dice la norma che non deve venir meno il “decoro architettonico” della facciata).
Se è, quindi, vero che l’Ufficio Tecnico Comunale non può e non deve subordinare il rilascio del Permesso al previo parere positivo dell’assemblea condominiale, da un lato, va ricordato che i Permessi di Costruire sono sempre rilasciati con la condizione “fatto salvo diritto di terzi”; dall’altro, è sicuramente un buon consiglio non solo quello di informare preliminarmente l’amministratore, ma anche sottoporre all’assemblea il progetto per approvazione: così facendo (ovviamente nell’ipotesi che il costruito rispetti le condizioni di progetto), nessun condomino potrà contestare l’opera, circostanza che si traduce per il proprietario in un notevole risparmio, perché così si scongiura l’eventuale causa civile.
Se il precedente proprietario di casa ci ha lasciato “in regalo” una veranda abusiva o se nel corso degli anni avete deciso di regolarizzare un abuso compiuto in passato e sempre che non vi siano ordinanze di demolizione già in essere, per le ragioni sopra esposte lo strumento cui ricorrere è il Permesso di Costruire per conservazione di opere abusivamente eseguite (c.d. “in sanatoria”).
Il Professionista verificherà che il Piano Regolatore e le relative NTA – Norme Tecniche di Attuazione consentano la presentazione della pratica: l’opera abusiva verrà così sanata e il vano che viene a crearsi potrà essere regolarmente conteggiato al momento della eventuale vendita o locazione dell’appartamento.
In caso contrario, l’unica possibilità è la rimozione dell’opera abusiva, con messa in pristino delle condizioni risalenti all’ultima autorizzazione edilizia concessa.
Da precisare, infine, che, nel caso di costruzione di un certo numero di verande (che fanno aumentare la superficie degli specifici appartamenti), sarà opportuno rivedere le tabelle millesimali del condominio, dato che i millesimi non sono altro che un valore percentuale di proprietà dell’intero immobile.
La veranda è dunque un elemento edilizio che modifica la volumetria di un appartamento e, pertanto, come tale va trattato, sia in fase di realizzazione sia in fase di sanatoria.
L’indicazione corretta, pertanto, è quella di ricorrere all’aiuto di un Professionista competente in materia al fine di valutare correttamente: