Per escludere il “dolo” insito nel reato di appropriazione indebita, la difesa dell’amministratore ha sostenuto che si trattava soltanto di “confusione dei pagamenti”, ma la Cassazione ha confermato la condanna perché era provato che le spese, pur essendo state riscosse dai condòmini, non risultavano pagate, ed inoltre era stata omessa la consegna della documentazione al nuovo amministratore.
Secondo la Suprema Corte, l’amministratore infedele, versando le somme provenienti da diverse gestioni in un unico fondo, sia esso costituito da impiego bancario o postale ovvero da altra forma di investimento, accetta certamente il rischio che attraverso la confusione delle stesse, parte degli attivi riferibili a ciascuna amministrazione vengano distratti con conseguente appropriazione indebita dei medesimi.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 4161/2020
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1.1. Con sentenza in data 9 aprile 2019, la corte di appello di Torino, confermava la sentenza del tribunale monocratico di Torino del 9 aprile 2018 che aveva condannato B.M. alle pene di legge in quanto ritenuto responsabile del delitto di appropriazione indebita commesso quale amministratore del condominio …, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita.
1.2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, avv.to …, deducendo con due distinti motivi: inosservanza o erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione della pronuncia di condanna, non essendo stata raggiunta la prova della colpevolezza dell’imputato posto che era stato omesso lo svolgimento di perizia contabile sussistendo dubbi sugli ammanchi di cassa e sulla motivazione di tali mancanze poiché l’imputato aveva agito quale gestore di più condomini versando le somme provenienti dalle diverse gestioni in un unico fondo, con conseguente confusione dei pagamenti e delle amministrazioni e ciò doveva fare escludere il dolo del contestato delitto;
(omissis)
2.1. Entrambi i motivi di doglianza sono manifestamente infondati ed il ricorso appare, pertanto, inammissibile.
Quanto al primo motivo, va innanzitutto ricordato che, nel caso in esame, ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, circostanza questa non sussistente nel caso in esame e neppure adeguatamente prospettata (Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007). Inoltre, si afferma ancora che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013). E nel caso in esame i giudici di appello hanno proprio fatto riferimento all’accurata verifica operata nella sentenza di primo grado, ove venivano specificate le spese che, pure essendo state riscosse dai condòmini non risultavano pagate correttamente ai creditori, sottolineando altresì che l’evidente colpevolezza anche sotto il profilo soggettivo del ricorrente è resa manifesta dalla omessa consegna della documentazione contabile al nuovo amministratore, manifestante appunto il dolo del commesso reato di appropriazione.
Peraltro la tesi difensiva secondo cui il versamento delle somme di diverse amministrazioni condominiali in un unico conto con conseguente confusione delle gestioni ed impossibilità poi di individuare gli attivi di ciascuna di esse escluderebbe il dolo di appropriazione indebita, appare evidentemente infondata posto che il reato di cui all’art. 646 cod. pen. è punibile anche a titolo di dolo eventuale e cioè tramite condotte, come quelle ricostruite dalla difesa, che manifestano l’accettazione del rischio dell’appropriazione di somme altrui mediante la confusione in un unico conto.
Difatti l’amministratore infedele, versando le somme provenienti da diverse gestioni in un unico fondo, sia esso costituito da impiego bancario o postale ovvero da altra forma di investimento, accetta certamente il rischio che attraverso la confusione delle stesse, parte degli attivi riferibili a ciascuna amministrazione vengano distratti con conseguente appropriazione indebita dei medesimi.
(omissis)
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.