Pur essendo le scossaline condominiali (quindi comuni), i danni da infiltrazione all’appartamento sottostante deve pagarli il proprietario del terrazzo, perché la Corte d’appello aveva ritenuto che l’acqua filtrasse anche a causa di un difetto di impermeabilizzazione. Di seguito un estratto dell’ordinanza 3548/2020 di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 13.2.2020,
n. 3548
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1. Nel 2006 M.G. convenne dinanzi al Tribunale di Roma M.M., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di infiltrazioni d’acqua, provenienti dal soprastante terrazzo di proprietà del convenuto, le quali avevano danneggiato l’appartamento di proprietà dell’attrice.
Il convenuto si costituì eccependo che la responsabilità del danno andava ascritta al condominio, e comunque che della lite avrebbe dovuto conoscere un collegio arbitrale, in virtù d’una clausola in tal senso contenuta nel regolamento condominiale.
2. Il Tribunale di Roma con sentenza 26.5.2009 n. 11583 accolse la domanda.
La Corte d’appello di Roma con sentenza 29.5.2017 n. 3603 rigettò tanto l’impugnazione principale proposta da M.M., quanto quella incidentale proposta da M.G., e volta ad ottenere una più cospicua liquidazione del quantum debeatur.
3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da M.M. con ricorso fondato su otto motivi; ha resistito con controricorso M.G..
Il ricorrente ha depositato memoria.
(omissis)
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 4, c.p.c., la violazione del giudicato esterno, ex articolo 2909 c.c..
Deduce che in una precedente controversia, in cui erano parti l’odierno ricorrente e il condominio in quanto tale, con sentenza passata in giudicato si era accertato che le “scossaline” poste a coronamento del terrazzo di proprietà dell’odierno ricorrente costituivano un bene condominiale; con la conseguenza che il loro difetto costruttivo o manutentivo, così come i danni da tale difetto causati, dovevano essere ripartiti fra tutti i condòmini secondo le tabelle millesimali.
2.2. A prescindere da qualsiasi considerazione circa la correttezza dell’assunto secondo cui i danni causati dal difetto di manutenzione di un bene comune che sia però in uso esclusivo di uno solo dei condòmini debbano essere ripartiti secondo le tabelle millesimali, il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, dal momento che la Corte d’appello ha ravvisato la causa delle infiltrazioni non solo nel difetto costruttivo delle c.d. “scossaline”, ma anche in un difetto di impermeabilizzazione del terrazzo dell’odierno ricorrente. E poiché tale ratio decidendi è di per sé idonea a sorreggere la motivazione della sentenza impugnata, diviene irrilevante stabilire se sia esatta o meno la prospettazione formulata dal ricorrente in punto di diritto col suo secondo motivo di ricorso.
3. Il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso.
3.1. Col terzo, col quarto e col quinto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi, il ricorrente lamenta:
a) la violazione degli articoli 1117 e 2051 c.c., per avere la Corte d’appello addossato all’odierno ricorrente la responsabilità per i danni lamentati dall’attrice, sebbene fosse emerso dall’istruttoria che le infiltrazioni d’acqua “erano causate dal degrado delle scossaline e pertanto da addebitare al condominio”;
b) la nullità della sentenza, per “carenza assoluta di motivazione”, nella parte in cui ha ritenuto che le scossaline, nella quale l’odierno ricorrente ravvisa la causa esclusiva delle infiltrazioni, avrebbero avuto una funzione unicamente decorativa;
(omissis)
3.2. Tutti e tre i suddetti motivi sono inammissibili, in quanto – al di là della loro intitolazione formale – con essi si intende censurare la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti come compiute dal giudice di merito.
Ma una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (omissis).
(omissis)
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna M.M. alla rifusione in favore di M.G. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 2.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55, importi tutti che si distraggono in favore dell’avv. …, il quale ha dichiarato ex art. 93, comma primo, c.p.c., di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari;
(omissis)