[A cura di: avv. Giuliana Bartiromo – presidente Alac Lecce] La questione della revoca giudiziale dell’amministratore di condominio in regime di prorogatio, da tempo dibattuta in dottrina e giurisprudenza, non ha trovato neppure una giusta risoluzione e collocazione all’interno del testo della L. 220/2012, e gli orientamenti giurisprudenziali sul tema sembra stiano subendo un cambiamento di rotta.
Difatti, rispetto alle pronunce contrarie, recentemente la Corte D’Appello di Bari in data 12 giugno 2019 ha accolto il ricorso presentato da un condomino per la revoca giudiziale di un amministratore in regime di prorogatio imperii.
In particolare la Corte D’Appello di Bari, nell’esame del caso, è partita innanzitutto dall’analisi dell’istituto della revoca disciplinata all’art. 1129 c.c. che, all’undicesimo comma prescrive che ciascun condomino può rivolgersi all’Autorità Giudiziaria al fine di ottenere la revoca dell’incarico qualora l’amministratore si renda responsabile di gravi irregolarità nell’eseguire il proprio mandato ovvero non presenti il conto della sua gestione nei termini di legge.
Ha analizzato, inoltre, l’istituto della prorogatio imperii, che non trova una compiuta definizione all’interno del nostro ordinamento, ma che comunque si esplica nella fattispecie e possibilità di un organo di continuare ipso iure ad esercitare i suoi poteri dopo la scadenza del termine finale del mandato, pur in assenza di un atto di proroga, evitando, nel caso del condominio, paralisi e disfunzioni.
Sul punto è pacifico l’orientamento della Cassazione per cui “In tema di condominio di edifici, l’istituto della prorogano imperii – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condòmini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministratore – è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell’opera dell’amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all’art. 1129, comma 2, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina” (cfr. Cass. 2 agosto 2016, n. 16070; Cass. 16 gennaio 2014, n. 821; Cass. 30 ottobre 2012, n. 18660; Cass. 27 marzo 2003, n. 4531).
Secondo i giudici della Corte D’Appello di Bari, è opportuno prendere in considerazione l’ottavo comma dell’art. 1129 c.c. che ha disciplinato tutte le attività urgenti che l’amministratore cessato dalla carica può continuare a svolgere al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni. Ebbene, la revoca giudiziale ha come effetto quello di non consentire all’amministratore revocato di continuare a svolgere legittimamente anche tali funzioni. E, inoltre, ha la specifica utilità di determinare, ai sensi del comma 13 dell’art. 1129 c.c., l’impossibilità in capo all’amministratore revocato di essere nuovamente nominato da parte dell’assemblea.
Non ammettere la possibilità della revoca giudiziale per l’amministratore in regime di prorogatio imperii sarebbe come eliminare ogni possibilità di controllo sull’operato di quest’ultimo a discapito delle minoranze assembleari o di condòmini dissenzienti, la cui tutela non può di certo escludersi visto che sono parte attiva nel contratto di mandato con l’amministratore. Difatti, accade spesso, che a causa di stalli dell’assemblea nel raggiungimento dei quorum deliberativi, resti in carica l’amministratore in regime di prorogatio e, pertanto, deve essere tutelato l’interesse di ciascun condomino alla revoca del suddetto amministratore quando vi siano i presupposti di cui all’art. 1129 c.c. ed altre gravi irregolarità.
Nel caso trattato dalla Corte D’Appello di Bari, l’amministratore in regime di prorogatio aveva portato all’esame dell’assemblea i rendiconti dall’anno 2012 al 2017, fatto che è stato considerato indubbiamente considerato come una grave irregolarità e che ha consentito, ai giudici di procedere alla revoca dell’amministratore in prorogatio.
Recentemente anche il Tribunale di Bologna ha esaminato un caso simile e, con la pronuncia del decreto del 7 novembre 2019 n. 11831, ha provveduto alla nomina di un amministratore giudiziale sostituendo quello in prorogatio imperii.
Difatti ripercorrendo la disciplina della durata del mandato dell’amministratore ai sensi della L. 220/2012, ha ribadito come “dopo il primo incarico annuale segue “ex lege” un solo rinnovo tacito di un anno con pienezza dei poteri e, per il periodo successivo, l’amministratore è scaduto dall’incarico, benché possa proseguire in regime di “prorogatio imperii”, e dunque con limitazione dei suoi poteri, per il compimento delle sole attività urgenti, al fine di evitare pregiudizi alle cose comuni” (così Trib. di Modena, 13 dicembre 2017; nello stesso senso cfr. Trib. di Brescia, 15 aprile 2016).
Secondo il Tribunale di Bologna nel delineare i doveri propri dell’amministratore in prorogatio, in attesa che altri assuma la pienezza di poteri, per investitura ricevutane da parte dell’assemblea, circoscrivendo i predetti all’espletamento delle attività urgenti, funzionali ad evitare pregiudizi agli interessi comuni, il presupposto per la revoca è che l’amministratore sia stato previamente nominato e che il mandato annuale/biennale non sia scaduto nelle more atteso che il mandato si estingue ipso iure olla scadenza del termine, in caso di dimissioni o di annullamento della delibera di nomina.
Onde, per conseguire la revoca giudiziale, necessita che l’amministratore sia nella pienezza del mandato. Alla scadenza può aversi la c.d. prorogatio imperii. Ma, in tal caso, formalmente non è in carica alcun amministratore e l’assemblea si deve attivare per una nuova nomina, sicché l’assenza, alla data di proposizione della domanda, di un amministratore in carica consente solo il ricorso all’istituto della nomina” (così Trib. di Roma, 26 novembre 2018; cfr. anche Trib. Teramo, 26 giugno 2016).
I giudici bolognesi hanno ritenuto formalmente decaduto dall’incarico per scadenza del mandato l’amministratore, sebbene abbia continuato ad esercitare le sue funzioni in regime di proroga e, pertanto, il modo più corretto è stato procedere alla sua sostituzione, nominando un nuovo amministratore; atteso che l’assemblea non è riuscita a provvedere in tal senso, ciascun condomino è legittimato a richiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria in via suppletiva, ex art. 1129, c. 1, c.c.. Su questa stessa linea interpretativa, del resto, il Tribunale di Palermo, con il già citato decreto del 9 novembre 2018, ha precisato che “in tale situazione, deve ritenersi compito dell’assemblea – la cui convocazione spetta, in prima battuta, all’amministratore in prorogatio (v. Cass. 23.01.2007 n. 1405) – curare l’investitura di un nuovo gestore, e all’inerzia dell’assemblea – così come alle omissioni gestionali dell’amministratore – può sopperirsi attivando l’intervento surrogatorio giudiziale previsto dall’art. 1129 c.c.”.
Nel caso sottoposto al Tribunale di Bologna, l’assemblea si è dimostrala incapace di procedere alla nomina di un nuovo amministratore, nonostante avesse esperito ben quattro tentativi in questa direzione, e pertanto ha provveduto alla nomina giudiziale di un nuovo amministratore in sostituzione di quello in prorogatio.
La tutela della minoranza dei condòmini viene presa in considerazione anche dal Tribunale di Napoli che con decreto n.4144 del 24.09.2019 ha accolto il ricorso per revoca giudiziale dell’amministratore per grave irregolarità nella presentazione dei bilanci pluri-periodali.
L’interesse ad agire di ciascun condomino permane anche in caso di dimissioni dell’amministratore proprio in quanto il provvedimento di revoca determina l’impossibilità di nuova nomina dello stesso che ha commesso gravi irregolarità, e ciò a maggior ragione quando l’instaurazione del procedimento o, addirittura, la notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza è antecedente alla convocazione dell’assemblea per le dimissioni irrevocabili (Trib. Santa Maria Capua Vetere decreto n. 3619/2018).
Ragionare diversamente significherebbe svilire la funzione dell’art. 1129 c.c. nella parte in cui prevede uno strumento a tutela del singolo condomino in minoranza in caso di gravi irregolarità commesse dall’amministrazione e qualificherebbe la prorogatio come schermo volto ad impedire di far valere innanzi all’Autorità Giudiziaria eventuali gravi irregolarità.
Ammettere, invece, lo strumento della revoca giudiziale anche nelle ipotesi di prorogatio imperii significa tutelare ogni condomino che ha individualmente il proprio diritto, scaturente dal rapporto di mandato di cui è parte, a che la gestione della cosa comune avvenga in maniera corretta e trasparente. Ne discende in capo a ciascun condomino/mandante un generico potere di controllo sull’esecuzione del mandato gestorio anche in regime di prorogatio, ed in caso di grave inadempimento, il diritto di pretenderne la risoluzione.
Concludendo, il singolo condomino è quindi legittimato a richiedere la revoca giudiziale dell’amministratore in tutti i casi, seppur non tipici, di comportamenti contrari ai doveri imposti dalla legge e dal regolamento o che, comunque, pregiudichino la gestione economica o sociale del condominio e ciò a prescindere dalla inerzia o volontà contraria dell’assemblea. Non solo: ma ritenere possibile la revoca dell’amministratore in prorogatio significa anche tutelare l’altro interesse, pure tutelato dalla legge di riforma: quello che l’amministratore revocato non possa più essere nominato dall’assemblea.