L’amministratore condominiale non era tenuto alla verifica della idoneità tecnica della società appaltatrice: trattandosi di cantiere con meno di 200 uomini-giorno e la cui lavorazione non comportava rischi particolari, il requisito si considera soddisfatto con la presentazione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio. È uno degli aspetti posti in evidenza dalla sentenza 5946/2020 di Cassazione, della quale riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV pen., sent. n. 5946/2020
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1. Con sentenza del 26.9.2017 la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato F.F. responsabile del reato di lesioni colpose oggetto di imputazione.
L’addebito nei confronti della prevenuta è quello di aver cagionato colposamente gravi lesioni al lavoratore B.J., dipendente della R.E. s.r.l., il quale cadeva al suolo a causa del cedimento di una parte dell’impalcato sul quale stava lavorando.
In particolare, si addebita alla F.F., quale committente dei lavori, di avere omesso di designare il coordinatore per l’esecuzione dei lavori e di verificare l’idoneità tecnica della ditta R.E. s.r.l..
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della F.F., lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge in relazione all’art. 90, comma 9 lett. a), d.lgs. n. 81/2008.
Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto la ricorrente responsabile della omessa verifica dell’idoneità tecnica della società appaltatrice (R.E.), con particolare riferimento al documento di valutazione dei rischi (DUV).
Infatti, l’art. 90 cit. non prevede la predisposizione del DUV, ma richiede solo che il committente o il responsabile dei lavori, verifichi l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie in relazione alle funzioni o ai lavori affidati. Nella specie, trattandosi di cantiere la cui entità presunta era inferiore a 200 uomini-giorno e la cui lavorazione non comportava rischi particolari, il requisito di cui sopra si considera soddisfatto solo con la presentazione da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, corredato da una autocertificazione.
Il giudicante ha fondato la penale responsabilità della ricorrente ritenendo che la stessa avesse nominato Direttore dei Lavori (D.L.) un soggetto privo dei requisiti previsti dall’art. 90 cit., ma sul punto il collegio ha confuso la figura del D.L. (Geom. B.T.) con la società incaricata “R.E.”; inoltre, il D.L. non è stato nominato dalla prevenuta (amministratrice del condominio) ma dall’assemblea condominiale del 18.5.2009, per cui la F.F. non assume neppure la qualifica di committente.
È stato, inoltre, provato che l’unica società che doveva essere presente nel cantiere era la “R.E.”, stante la mancata previsione nel contratto della facoltà di alcun tipo di subappalto.
La F.F. non era a conoscenza della presenza di più imprese nel cantiere, circostanza non comunicata neppure dal Direttore dei Lavori.
(omissis)
1. I motivi di ricorso sono fondati.
2. La motivazione della sentenza impugnata è carente e illogica, in quanto, in primo luogo, addebita alla ricorrente di aver nominato un direttore dei lavori privo dei requisiti previsti dall’art. 90, comma 9, lett. a), d.lgs. 81/2008, norma che, in realtà, non attiene alla nomina del direttore dei lavori ma riguarda la verifica della idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie dei lavori da parte del committente (o del responsabile dei lavori).
Su tale ultimo aspetto, la sentenza impugnata osserva che la F.F. «ometteva di valutare l’idoneità tecnica e professionale della ditta appaltatrice (R.E. s.r.l.) acquisendo il documento di valutazione dei rischi non venendo nominato coordinatore dei lavori posto che più ditte ebbero a lavorare nel condominio e il F. presentava un documento di valutazione dei rischi non conforme alle prescrizioni di legge. Diverso sarebbe stato – e la condotta della F.F. sarebbe stata incensurabile – se la prevenuta avesse acquisito il documento di valutazione dei rischi e lo avesse, diligentemente, valutato positivamente confidando nella correttezza della predisposizione dello stesso da parte del Fer.. Tuttavia, così non è stato».
Si tratta di considerazioni che appaiono lacunose e carenti, in quanto non prendono in considerazione la possibilità che la fattispecie rientrasse nell’ipotesi del cantiere “la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari”, ove la valutazione di idoneità tecnico-professionale demandata al committente si considera soddisfatta mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’allegato XVII (vedi art. 90, comma 9, lett. a, d.lgs. 81/2008). Tale aspetto non è stato in alcun modo esaminato dalla sentenza impugnata, che dà per scontata la ricorrenza della sola prima parte dell’ipotesi normativa dianzi richiamata, senza spiegare le ragioni di esclusione della seconda.
(omissis)
4. A questo punto della trattazione va considerato che il reato oggetto di imputazione è ormai estinto per intervenuta prescrizione. Il fatto-reato risale, infatti, al 11.6.2010, ed il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi risulta scaduto in data 11.12.2017, in epoca successiva a quella di emissione della sentenza oggetto di ricorso (26.9.2017).
Da ciò discende che, agli effetti penali, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione, non emergendo dagli atti elementi evidenti e palmari di irresponsabilità del condannato, per una pronuncia nel merito più favorevole ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
Il ricorso va, invece, accolto, ex art. 578 cod. proc. pen., ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, stante la fondatezza dei motivi addotti dalla ricorrente, con rinvio, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello.