Due proprietari si accordano per invertire la proprietà delle rispettive pertinenze così come stabilita da apposita delibera, ma il successivo compratore di uno dei due alloggi pretende proprio il locale che era stato assegnato dall’assemblea. E la Cassazione gli dà ragione, rimarcando, tra l’altro, il principio di diritto secondo cui il potere dell’assemblea di attribuire l’uso esclusivo di parte dei beni comuni rientra nell’ambito delle competenze collegiali anche alla luce del disposto dell’art. 1102 c.c..
Di seguito un estratto dell’ordinanza 4500 del 20 febbraio 2020.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 20.2.2020,
n. 4500
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G.F. e M.A. hanno adito il tribunale di Palermo, esponendo di aver acquistato da F.S. un’unità immobiliare sita nel condominio di Viale …; che l’assemblea, con delibera del 9.11.1998, aveva assegnato a ciascun condomino le singole cantine condominiali in uso esclusivo; che, sebbene alla loro unità immobiliare fosse stata assegnata, come pertinenza, la cantina n. 19, detta porzione risultava illegittimamente occupata dal G.C..
Hanno chiesto di condannare il Condominio, F.S. e G.C. al rilascio del bene.
I convenuti hanno sostenuto di aver scambiato, di comune accordo, le cantine assegnate a ciascuna unità immobiliare, così derogando a quanto disposto dall’assemblea.
Il tribunale ha accolto la domanda ed ha ordinato il rilascio.
Su appello dei soccombenti, la Corte palermitana ha riformato la pronuncia, sostenendo che la domanda introduttiva si basava sull’asserita natura pertinenziale della cantina rispetto all’unità abitativa e che erroneamente il tribunale aveva accolto una domanda fondata su fatti diversi da quelli allegati, ossia l’art. 1102 c.c. e la delibera di assegnazione dei beni.
Ha ritenuto che la prima decisione, negando un rapporto di pertinenzialità tra il singolo appartamento e la cantina, avesse definito l’intero giudizio, non dovendosi pronunciare ulteriormente nel merito.
La cassazione della sentenza è chiesta da G.F. e M.A. sulla base di due motivi di ricorso.
(omissis)
1. Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 101 c.p.c. e l’erronea valutazione dei fatti di causa, sostenendo che il giudice di primo grado non era affatto incorso in ultra-petizione, poiché il richiamo all’art. 1102 c.c. era solo volto a giustificare il potere assembleare di assegnazione delle cantine ai singoli condòmini, mentre l’ordine di rilascio era stata emesso in base alla ritenuta inopponibilità dell’accordo intervenuto tra il G.C. e il F.S. convenuti (con cui erano state scambiate le distinte cantine attribuite in uso esclusivo), ritenendo necessaria, per tali effetti, una nuova delibera assembleare.
La sentenza non aveva attribuito un bene diverso da quello preteso, né si fondava su fatti diversi da quelli allegati, essendosi limitata ad operare – del tutto legittimamente – una diversa qualificazione giuridica della pretesa.
Il motivo è fondato.
Si evince dall’esame della citazione introduttiva che la domanda di rilascio era stata proposta dai ricorrenti invocando, specificamente, gli effetti della delibera condominiale del 9.11.1988, costitutiva di un diritto esclusivo di uso sulle singole cantine, sostenendo che, per effetto di detta delibera, tali porzioni costituivano una pertinenza delle unità immobiliari.
L’asserita sussistenza di un vincolo pertinenziale era quindi dedotto in stretta correlazione con il contenuto della delibera, a sua volta indicata in domanda come titolo in base al quale i ricorrenti ritenevano di aver diritto all’assegnazione della cantina n. 19.
Il tribunale, in accoglimento della domanda, si era – quindi – limitato a riqualificare le richieste dei ricorrenti, chiarendo – correttamente – che il potere dell’assemblea di attribuire l’uso esclusivo di parte dei beni comuni rientra nell’ambito delle competenze collegiali anche alla luce del disposto dell’art. 1102 c.c. (Cass. 24301/2017; Cass. 12310/2011).
L’aver negato la sussistenza di un vincolo pertinenziale non costituiva, dunque, una statuizione di rigetto della domanda, ma era funzionale ad un più puntuale inquadramento della situazione sostanziale dedotta in lite, del tutto coerentemente con i poteri del giudice di qualificare esattamente l’azione proposta, con il solo limite di non attribuire un bene diverso richiesto e di non modificare i relativi fatti costitutivi (Cass. 8048/2019; Cass. 9002/2018).
La pronuncia non aveva – dunque – definito l’unica domanda proposta dai ricorrenti e, nel disporre il rilascio, non è affatto incorsa in ultra-petizione, non avendo posto a fondamento della decisione fatti diversi da quelli allegati.
Il ricorso è quindi accolto.
(omissis)
accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.