In calo la quota di agenti immobiliari che segnalano una diminuzione dei prezzi di vendita delle case. È questo uno dei dati più interessanti tra quelli contenuti nel sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni condotto da Agenzia delle Entrate, Bankitalia e Tecnoborsa tra il 10 gennaio al 7 febbraio 2020 presso 1.343 agenzie, e relativo al quarto trimestre 2019.
Lo sconto medio rispetto alle richieste iniziali del venditore si è ridotto, ma sono pressoché invariati i tempi di vendita, che restano più lunghi nelle aree non urbane.
La quota di agenzie che ha venduto almeno un immobile è aumentata e il saldo negativo fra giudizi di aumento e riduzione dei nuovi mandati si è attenuato. Il divario tra prezzi domandati e offerti resta la causa principale della cessazione dell’incarico a vendere.
La quota di compravendite finanziate tramite mutui ipotecari si è ulteriormente ridotta; il rapporto fra prestito e valore dell’immobile si conferma elevato. Migliorano sia le attese sul proprio mercato di riferimento sia quelle sul mercato nazionale, per queste ultime soprattutto nell’orizzonte di medio termine.
Scendendo più nel dettaglio, nel quarto trimestre è lievemente diminuita la quota di operatori che segnala una diminuzione dei prezzi di vendita (30,4 per cento da 34,0 nella precedente rilevazione), mentre è rimasta pressoché stabile quella che ne indica un incremento (7,7 per cento, da 7,4); ne deriva una attenuazione del saldo negativo fra giudizi di aumento e riduzione delle quotazioni immobiliari (-22,7 per cento da -26,6).
La percentuale di agenzie che hanno venduto almeno un’abitazione nel trimestre ottobre-dicembre è salita all’84,4 per cento (da 78,7 nei tre mesi precedenti; tavola).
Il 51,5 per cento degli immobili intermediati ha una metratura compresa fra 80 e 140 mq, mentre per il 44,3 per cento è inferiore agli 80 mq, in linea con quanto rilevato un anno fa; le abitazioni di minore dimensione prevalgono nelle aree urbane e nel Nord-Ovest e nel Centro Italia.
La quasi totalità delle case vendute sono libere (98,4 per cento), abitabili, ma parzialmente da ristrutturare (75,7 per cento, contro 16,6 di quelle nuove o in ottimo stato) e di tipologia signorile o civile (57,7 per cento, contro 36,9 di tipologia economica o popolare). La classe energetica degli immobili è in genere bassa, e in lieve peggioramento rispetto a un anno fa.
Segnali di vivacità del mercato provengono anche dalle indicazioni sul numero di potenziali acquirenti, in crescita sul trimestre precedente secondo il 23,5 per cento degli operatori (dal 15,3 della scorsa rilevazione), in diminuzione per il 19,4 per cento (dal 25,2).
Migliora, riportandosi sui livelli della scorsa estate, il saldo fra la percentuale di agenzie che segnalano un numero di nuovi incarichi a vendere superiore rispetto ai tre mesi precedenti e la percentuale di quelle che ne indicano una flessione (a -10,6 punti percentuali, da -17,4). Continuano a ridursi, a un tasso appena superiore rispetto a ottobre, gli incarichi da evadere alla fine del trimestre: il saldo fra le quote di agenzie che ne segnalano un incremento e una diminuzione è pari a -8,0 punti percentuali.
La mancanza di proposte di acquisto attribuita a prezzi giudicati troppo elevati dai compratori (58,5 per cento degli operatori), e le offerte di acquisto ritenute troppo basse dal venditore (53,2 per cento) sono fra le cause prevalenti di cessazione dell’incarico. Lo sconto medio sui prezzi di vendita rispetto alle richieste iniziali del venditore si è marginalmente ridotto, al 12,0 per cento (dal 12,6; tavola e fig. 2), a fronte di una minor quota di operatori che segnalano sconti fra il 20 e il 30 per cento. I tempi di vendita rimangono sostanzialmente stabili (a 7,7 mesi da 7,5; tavola e fig. 2), restando più lunghi nelle aree non urbane (8,9 mesi).
Dopo il netto calo segnato nel terzo trimestre, la quota di acquisti finanziati con mutuo ipotecario si è ridotta di altri due punti percentuali (al 71,2 per cento), il valore più basso dall’inizio del 2016. Il rapporto fra l’entità del prestito e il valore dell’immobile si conferma elevato, al 76,4 per cento.
La percentuale di operatori che ha dichiarato di aver locato almeno un immobile nel trimestre di riferimento è diminuita rispetto ai tre mesi precedenti, all’80,2 per cento (da 83,3 nella scorsa rilevazione e 78,1 nel trimestre corrispondente del 2018; tavola). Il saldo fra i giudizi di aumento e di riduzione dei canoni di locazione è migliorato, a 4,4 punti percentuali da -1,3; i giudizi di stazionarietà restano tuttavia largamente prevalenti (69,6 per cento). Prevalgono le indicazioni di stabilità anche per le attese sull’evoluzione dei canoni di affitto nel primo trimestre dell’anno in corso (secondo il 75,8 per cento delle agenzie), ma cresce il saldo fra prospettive di aumento e di diminuzione (a 6,9 punti percentuali, da 1,1). Il margine medio di sconto rispetto alle richieste iniziali del locatore si è attestato al 3,4 per cento nel quarto trimestre (3,8 nel terzo; tavola), su valori bassi nel confronto storico.
Il saldo negativo tra le agenzie che indicano incarichi a locare in crescita nel trimestre di riferimento e quelle che ne hanno segnalato una diminuzione si è ridotto (-22,9 punti percentuali, da -27,9; tavola).
È divenuto positivo il saldo tra la quota di agenti che giudicano favorevole la situazione del proprio mercato di riferimento nel trimestre in corso e quella di quanti le ritengono negative, così come quello relativo al numero atteso di nuovi incarichi a vendere. Le valutazioni sull’evoluzione dei prezzi di vendita sono lievemente meno sfavorevoli: la quota di operatori che indica un aumento delle quotazioni nel trimestre in corso è cresciuta (all’8,3 per cento, dal 5,9), a fronte di una riduzione di coloro che ne prefigurano una diminuzione (al 27,3 per cento, dal 31,4).
Le aspettative sull’evoluzione del mercato immobiliare nazionale nel trimestre in corso sono pressoché bilanciate, con un significativo miglioramento rispetto a tre mesi prima (-12,3 per cento). Su un orizzonte di medio termine (due anni) le attese divengono nettamente più ottimistiche, con un saldo fra aspettative di miglioramento e peggioramento pari al 23,9 per cento (da 8,2).