La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5060 del febbraio 2020 (di cui pubblichiamo di seguito l’estratto) ha posto la parola fine ad una vicenda iniziata quattro anni fa, confermando l’illegittimità dell’apertura di un varco nel muro perimetrale condominiale ad opera di una condomina, volta a mettere in collegamento un vano seminterrato con una corte esterna.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 25.2.2020, n. 5060
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A.S. ha proposto ricorso articolato in due motivi (omissis) avverso la sentenza n. 800/2018 del 3 aprile 2018 resa dalla Corte d’Appello di Firenze.
Resiste con controricorso il Condominio Via ….
La causa ebbe inizio con domanda ex art. 702 bis c.p.c. Del 20 febbraio 2016 del Condominio Via …, volta ad accertare l’illegittimità dell’apertura di un varco nel muro perimetrale condominiale praticata dalla condomina A.S. per mettere in collegamento un vano seminterrato di proprietà Serravezza compreso nel Condominio Via …, con una corte sempre di proprietà A.S. ma estranea al Condominio attore. L’adito Tribunale di Grosseto con ordinanza del 29 novembre 2016 ordinò la riduzione in pristino. La Corte d’Appello di Firenze respinse poi il gravame di A.S., ritenendo infondata la deduzione dell’appellante secondo cui, poiché la medesima condomina aveva costituito un vincolo pertinenziale tra corte esterna e Condominio Via … anche tale corte sarebbe ormai compresa fra i beni condominiali. I giudici di secondo grado ribadirono piuttosto che il collegamento creato tra i due beni di proprietà A.S., mediante l’apertura del varco nel muro perimetrale, aveva costituito un illegittimo peso a carico del Condominio, non rientrante tra i limiti di uso della cosa comune ex art. 1102 c.c..
Il primo motivo di ricorso reputa violato il principio per cui una corte vincolata a pertinenza di un vano di proprietà esclusiva compreso in un condominio viene essa stessa a far parte del condominio.
(omissis)
La Corte d’Appello ha accertato in fatto, con apprezzamento spettante ai giudici del merito e sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., che la condomina A.S. avesse aperto un passaggio sul muro perimetrale condominiale, per mettere in collegamento una corte esterna ed una unità immobiliare compresa nel Condominio via …, entrambe di proprietà della ricorrente, così costituendo un indebito peso a carico del Condominio.
La decisione della Corte di Firenze è conforme all’orientamento di questa Corte, secondo il quale, in tema di uso della cosa comune, è illegittima l’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini (omissis). Non ha rilievo considerare che la condominialità del muro perimetrale comune legittima il singolo condomino ad apportare ad esso tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, in quanto la “presunzione” ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” opera per quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, siano – nel momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, sulla base di una relazione di accessorietà tra parti comuni ed unità immobiliari. Nel condominio, le parti elencate o richiamate dall’art. 1117 c.c. non offrono, invero, alcuna utilità autonoma e compiuta, in quanto la loro utilizzazione oggettiva e il loro godimento soggettivo sono unicamente strumentali all’utilizzazione o al godimento degli appartamenti compresi nel medesimo complesso edilizio. Se tuttavia un condomino fa uso di un bene condominiale a fini esclusivi di miglior godimento di altro immobile di sua proprietà individuale che non sia compreso nel condominio, è evidente l’alterazione funzionale che viene così impressa al vincolo destinatorio della parte comune.
La valutazione dei presupposti di operatività della presunzione legale di comunione di talune parti dell’edificio condominiale, stabilita dall’art. 1117 c.c., va, del resto, operata con riferimento al momento della nascita del condominio, restando escluso che sia determinante il collegamento materiale eseguito successivamente (Cass. Sez. 6 – 2, 25/06/2019, n. 17022). Non può quindi sostenersi, come propone la ricorrente ed ancora ribadisce nella memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., che, per effetto dell’apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale, entri a far parte del complesso condominiale, e quindi della contitolarità delle parti comuni di questo, altresì l’area esterna di proprietà esclusiva messa in collegamento con l’unità immobiliare già compresa nel condominio stesso. Ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, sicché il condomino che si serve del muro perimetrale nel rispetto della sua destinazione, per ricavarne maggiore vantaggio nel godimento di un’unità immobiliare già strutturalmente e funzionalmente collegata al bene comune, come presuppone l’art. 1117 c.c., lo fa nell’esercizio del diritto di condominio e non avvalendosi di una servitù; se però il muro perimetrale venga sfruttato, aprendo un nuovo passaggio, al fine di ricavarne utilità per un immobile estraneo all’originario condominio, non si determina certo un ampliamento per accessione del complesso condominiale, quanto, appunto, la imposizione di una servitù illegittima sul bene comune.
La stessa ipotizzata costituzione di un vincolo pertinenziale, ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 817 ed 818 c.c., postula che il proprietario della cosa principale abbia la piena disponibilità della cosa accessoria, sì da poterla validamente destinare, in modo durevole, al servizio od all’ornamento dell’altra. Pertanto, il muro perimetrale di un edificio condominiale, che sia oggetto di proprietà comune, non può essere oggetto della instaurazione di una relazione di pertinenza con unità immobiliari di proprietà individuale esterne al condominio per atto proveniente solo dal titolare di dette porzioni (cfr. Cass. Sez. 2, 12/12/1977, n. 5386).
(omissis)
Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.