[A cura di: avv. Michele Cogotti – Centro studi Anaip – nazionale.anaip.it] È di strettissima attualità, in questo momento, la domanda che forse la quasi totalità degli amministratori di condominio si pone, se sia possibile svolgere le assemblee condominiali in videoconferenza o in forma alternative che prescindano dalla contestuale presenza fisica dei partecipanti in un unico luogo; tale dubbio in realtà non è sconosciuto agli addetti ai lavori, ma oggi ha fatto improvvisa irruzione in forza della sopraggiunta emergenza sanitaria, che ha purtroppo coinciso con un periodo in cui le assemblee vengano normalmente convocate o comunque erano in procinto di essere convocate, quanto meno per l’approvazione del consuntivo dell’anno passato e del bilancio preventivo per l’esercizio corrente.
Molte assemblee peraltro con data già fissata sono state poi prontamente annullate dagli amministratori, un po’ per prudenza sotto il profilo sanitario, ma anche per l’ostacolo normativo rappresentato dall’intervenuto art. 2, comma 1°, lett. b) del DPCM 08/03/2020, che se anche non ha espressamente vietato lo svolgimento delle assemblee condominiali, ha sospeso – almeno sino al 03/04/2020 (salvo proroghe) – tutte “le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali”, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”, e ha introdotto (per le assemblee, considerate alla stregua di assembramenti vietati) pesanti limitazioni che hanno opportunamente indotto gli amministratori a destinare ad altra data le assemblee già convocate, soprattutto per lo scrupolo comprensibile di non fare assemblee a vuoto e per incorrere in un non imprevedibile rischio di impugnativa in merito al regolare svolgimento dell’assemblea da parte di quei condòmini che, in tale contesto, avrebbero potuto addurre, quale motivo di doglianza, l’avvenuto disconoscimento del loro diritto a partecipare all’assemblea ed esprimere il loro voto in forza di una sopraggiunta normativa a presidio della quale sono state previste sanzioni anche di carattere penale a carico dei trasgressori in caso di inosservanza.
A oggi, per completare la disamina, è lo stesso Governo, nelle sue faq, ad affermare – nella sezione riunioni – che “le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere”.
Raccogliamo l’assist offerto dal Governo (sulle assemblee condominiali che si svolgono a distanza), per addentrarci sull’analisi del tema che costituisce l’oggetto della presente riflessione, e cercare di capire se e in quali termini le decisioni condominiali possono essere adottate – con tutti i crismi di legge – anche con “modalità a distanza”, e ciò attraverso l’indagine del vigente quadro normativo che nello specifico regolamenta la materia condominiale, e con l’ausilio che ci offre la recente quanto cospicua decretazione d’urgenza.
Accingiamoci quindi a sviluppare una plausibile soluzione sul punto.
Partendo dal dato normativo, costituito dall’art. 66, comma 3°, disp. att c.c., il quale prevede che “l’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati” e dalle ulteriori disposizioni (in particolare l’art. 1136 cc.) che menzionano espressamente gli “intervenuti” in assemblea, l’opinione che si è consolidata nel tempo ha sempre dato per pacifico che l’Assemblea dovesse necessariamente (e si può aggiungere, per tradizione consolidata) svolgersi in un luogo fisico, alla presenza contestuale degli “intervenuti” sul posto, anche per valorizzare quelli che sono le regole cardine in ordine al funzionamento degli organi collegiali che valorizzano il momento partecipativo, del confronto e della discussione degli argomenti, a stretto contatto e dal vivo tra i partecipanti; il tutto con il sigillo della corte di legittimità (Cass. Civ., n. 14461/99) che ha affermato il principio secondo il quale l’assemblea deve essere convocata in un luogo “fisicamente idoneo a consentire a tutti i condòmini di parteciparvi”, e non dimenticando che l’art. 66 sopra citato è espressamente ricompreso dall’art. 72 disp. att c.c., tra le norme inderogabili (e come tale non superabile neanche da un regolamento contrattuale o una deliberazione assunta all’unanimità).
La circostanza che, ad oggi, le assemblee condominiali siano fortemente ostacolate se non di fatto sostanzialmente vietate, potrebbe in qualche modo giustificare la necessità di far sì che possano essere comunque adottate quelle decisioni indispensabili per il funzionamento della compagine edilizia, e alla fine legittimare – tout court – il ricorso ai cc.dd. strumenti di comunicazione a distanza o di videoconferenza anche in ambito condominiale?
Tenendo sempre a mente che nessuna disposizione di legge disciplina in modo espresso e puntuale tale eventualità, è possibile – in ambito condominiale – parlare di una teleassemblea?
La risposta può essere differente se si considerano che le modalità di svolgimento di una riunione virtuale possono essere fatte rientrare in due diverse tipologie:
Nel primo caso, l’assemblea potrebbe essere consentita, in virtù dell’assunto (e sempre con i limiti che impongono il rispetto del principio che stabilisce il divieto di assembramento e il rispetto della distanza di un metro) che in questo modo verrebbe comunque garantita la partecipazione fisica dei condòmini, ai quali allo stato attuale non può essere negato il diritto soggettivo di poter intervenire personalmente in assemblea in un luogo fisico (anche se per ipotesi l’avente diritto a partecipare possieda la capacità e i mezzi tecnologici per poterlo fare anche a distanza).
E con l’ulteriore condizione che il regolamento di condominio di natura contrattuale o una delibera approvata all’unanimità contempli la c.d. tele assemblea e contenga inoltre una disciplina dettagliata dell’iter che l’ amministratore e i condòmini devono seguire (dall’avviso di convocazione al corretto esercizio del diritto di voto online) che permetta a tutti l’effettiva partecipazione all’assemblea anche con la modalità telematica.
Sulla seconda “modalità” è doveroso prima di tutto allargare lo sguardo ad altri settori dove lo svolgimento di adunanze, assemblee e riunioni in genere con modalità in collegamento da remoto o comunque tramite strumenti tecnologici o informatici che prescindano dalla contemporaneità fisica nella medesima località trova la sua abilitazione giuridica in un supporto legislativo e regolamentare ben individuato.
Parliamo ad esempio delle norme dettate in materia di mediazione obbligatoria, in particolare l’art. 3, comma 4°, D. Lgs. n. 28/2010, che consente di svolgere la procedura secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo di mediazione purchè approvato dal ministero della giustizia.
E anche la legislazione d’urgenza di questo periodo è prepotentemente intervenuta in diversi settori per contrastare l’emergenza attraverso il ricorso alla tecnologia; in primis, in campo giudiziario, con l’ art. 2 c. 2 lett. f), h) e comma 7 del d.l. 8 marzo 2020 n. 11, per lo svolgimento delle udienze in videoconferenza o con strumenti elettronici.
Poi, con il successivo d.l. 17/03/2020, n, 18, e tra l’ altro per la prima volta nella storia del diritto societario, che per inciso aveva già risolto il problema in merito alla legittimità del voto elettronico in assemblea con l’ art. 2370, comma 4°, cc (il quale stabilisce che “Lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all’assemblea”), il legislatore ha autorizzato, in deroga a qualsiasi contraria disposizione statutaria, lo svolgimento delle assemblee societarie a porte chiuse, cioè esclusivamente online con tutti gli intervenuti (presidente e segretario compresi) che potranno incontrarsi non nello stesso luogo.
Al netto di quello che sarà poi il contenuto della disciplina che scaturirà in sede di conversione dei decreti legge in commento, allo stato attuale, e pur dando atto della diversa corrente interpretativa che è dell’avviso che, in via residuale, si possa estendere per analogia legis al campo condominiale quanto previsto dalla normativa societaria, un’interpretazione di tipo sistematico ci porta comunque a ritenere che il vuoto normativo sull’argomento che trattiamo, non sappiano se volutamente o meno trascurato dal legislatore, e la specialità delle norme sopra ricordate aventi una vera e propria natura derogatoria, abbia un suo innegabile significato, che ci porta quindi ad escludere l’ipotesi che la convocazione e lo svolgimento dell’ assemblee condominiali in videoconferenza o in collegamento da remoto possa ritenersi possibile o consentita attraverso il ricorso all’applicazione analogica di altre norme.
Non a torto, e a più voci, si invoca un immediato intervento del legislatore sul punto, che vada esattamente verso questa direzione, e che si realizzi con una previsione normativa espressa che consenta di poter svolgere assemblee condominiale in videoconferenza, al pari delle società; in questo contesto complessivo, non sfugga al legislatore l’occasione di poter riflettere sul fatto se l’attuale divieto che impedisce al condomino di poter conferire la delega all’amministratore per la partecipazione all’assemblea abbia ancora una sua logica o una sua funzione, o possa magari essere ripensato prevedendo ad esempio che la delega sia impostata dal condomino delegante in modo tale da evitare conflitti di interesse, con le sue indicazioni di voto già riportate nell’atto di delega.
In sintesi di giudizio conclusivo in merito alle assemblee condominiali in videoconferenza, al di là delle ragioni contingenti e della scarsa attenzione che il legislatore dedica al settore condominiale sotto il profilo dell’adeguamento normativo alla mutata realtà tecnologica (con scelte politiche che scontano forse la considerazione negativa – in parte vera – che il legislatore ha del livello informatico di coloro che sarebbero poi i destinatari di riforme di così ampio respiro), e su questo punto la mancanza dell’obbligo di legge per amministratore e condòmini di avere una casella pec è lo specchio fedele della situazione, possiamo comunque affermare che il repentino stravolgimento dovuto agli ultimi eventi ha messo a nudo l’inadeguatezza del sistema condominiale a fronteggiare un’emergenza che una preparazione informatica più evoluta anche e soprattutto a livello legislativo avrebbe permesso di gestirla con meno affanni.