[A cura di: avv. Francesco Saverio Del Buono (foto)] Un immobile per essere oggetto di compravendita deve rispettare tutti i requisiti di regolarità formale e sostanziale previsti dalle diverse normative; la funzione del notaio è proprio quella di verificare prima di stipulare l’atto tale regolarità.
La conformità catastale è uno di questi requisiti: a tal proposito l’art. 29 comma 1-bis della L. 52/1985 (introdotto dall’art. 19 comma 14 del Dl n. 78/2010, convertito in L 30.07.2010, n. 122), dispone che: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.
La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
La norma è molto chiara prevedendo un obbligo di dichiarazione (dati catastali degli immobili, riferimento alle planimetrie) e di produzione (della dichiarazione della conformità o attestazione), pena la nullità dell’atto.
Con la dichiarazione di conformità in particolare si attesta che l’immobile non abbia subìto modifiche rispetto alla condizione presente in Catasto: infatti se nel corso del tempo l’immobile subisce modifiche (modifica della destinazione d’uso, ampliamenti, frazionamenti) queste dovranno essere comunicate con la denuncia di variazione catastale. La finalità dell’obbligo è infatti quella di contrastare fenomeni elusivi causati dal mancato aggiornamento dei dati presenti in catasto (facendo sì ad esempio che risulti una minore redditività dell’immobile rispetto a quella effettiva) e non di identificazione del bene oggetto dell’atto, che invece andrà desunta dalla volontà contrattuale espressa dalle parti: il contenuto della dichiarazione va oltre i semplici dati necessari ad individuare l’immobile.
Va precisato che la norma fa riferimento ai fabbricati, per cui sono esclusi da tale disposizione i terreni; anche da qui si rileva l’intenzione antielusiva del legislatore.
Con il Decreto Legge 24.04.2017, n. 50 (art. 8 comma 1-bis), convertito dalla legge 21.06.2017 n. 96 è stato introdotto il comma 1-ter, che mitigando l’obbligo poc’anzi indicato, ha disposto che “Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23”.
La giurisprudenza ha provveduto a chiarire ancora meglio la portata dell’obbligo: la sentenza della Corte di Cassazione (Sez. II) n. 11507/2016 ha individuato quali requisiti essenziali dell’atto:
Il Consiglio Nazionale del Notariato, con lo Studio n. 77/2018-C ha affermato che la sanzione della nullità non debba applicarsi quando la dichiarazione di conformità non risulti veritiera, perchè i dati catastali risultano errati o non vi sia conformità tra lo stato di fatto o la situazione presente in Catasto, ma solo in assenza; infatti l’applicazione della nullità avrebbe ripercussioni sulla commerciabilità dell’immobile stesso, analogamente a quanto previsto in materia di conformità urbanistica. Se il legislatore avesse voluto una tale conseguenza, prosegue il documento del Notariato, avrebbe espressamente indicato questa ipotesi di nullità.
Il comma 1-bis nulla prevede in merito al divieto di trascrizione dell’atto, anche in questo caso contrariamente alla disciplina in materia urbanistica; ciò farebbe propendere per l’impossibilità del Conservatore di rifiutare la trascrizione. Nel caso in cui l’atto venga comunque stipulato, con inosservanza delle disposizioni citate, la successiva trascrizione presso la Conservatoria sarebbe da considerarsi invalida, in quanto trascrizione di atto non idoneo (in tal senso il Notariato, Studi n. 9 e 77/2018-C).
Come detto il comma 1-ter permette, a mezzo di atto di conferma, di sanare la nullità, evitando così di dover ricorrere ad un nuovo atto. Deve ritenersi che la conferma debba ritenersi ammessa solo nelle ipotesi di errore formale dell’atto che non contenga il riferimento alle planimetrie o la dichiarazione di conformità, non nel caso di inesistenza delle planimetrie stesse o della conformità: è evidente come in tali ipotesi il vizio sia insanabile.
La disposizione prevede che l’atto di conferma osservi la stessa forma utilizzata per l’atto da confermare: un atto pubblico (quale la compravendita di immobile) dovrà essere pertanto confermato ugualmente da atto pubblico.
La conferma può provenire anche solo da una delle parti dell’atto (venditore o acquirente); se per ogni parte vi sono più soggetti deve ritenersi che debbano partecipare all’atto tutti questi; anche se la norma non ne fa menzione, deve ammettersi che a stipulare l’atto di conferma possano essere gli eredi di una delle parti.
La violazione delle disposizioni su indicate comporta una responsabilità professionale del notaio ai sensi dell’art. 28 comma 1 della l. 89/1913: la già citata sentenza n. 11507/2016 ha affermato, su questo punto, confermando così la sanzione disciplinare irrogata dalla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina, confermata anche dalla Corte d’Appello, per aver stipulato atti privi della dichiarazione di conformità senza che la successiva rinnovazione dell’atto (il comma 1-ter non era stato ancora introdotto) potesse eliminare l’illecito, che “sussiste, pertanto, la responsabilita’ disciplinare del notaio, … per aver redatto un atto espressamente proibito dalla legge, in ipotesi di omissione della dichiarazione, … di conformità allo stato di fatto dei dati catastali relativi all’identificazione ed alla capacità reddituale del bene…”.