La principale difficoltà causata al settore condominiale dall’emergenza Covid-19 e dai relativi provvedimenti assunti per contenere la diffusione del contagio, è, innegabilmente, l’impossibilità di svolgere le assemblee, con tutte le conseguenze annesse e connesse: dalla mancata approvazione dei rendiconti annuali (che si traduce, tra l’altro, in un’ancora maggiore complessità rispetto al solito nell’attribuzione e nella riscossione delle quote), fino al blocco di tutte quelle delibere inerenti l’approvazione dei lavori straordinari, che proprio in questo periodo sarebbero state votate anche al fine di fruire di agevolazioni fiscali, quali ad esempio il bonus facciate, in scadenza il 31/12 fatta salva un’eventuale, auspicabile, proroga.
In realtà, come è noto, non è che siano state vietate le assemblee condominiali in sé. Ad essere proibiti, fino ad ora, sono stati gli assembramenti, mentre il Governo, nella risposta 1 alle FAQ sul Coronavirus (sezione riunioni), ha precisato che le riunioni condominiali si possono svolgere con modalità a distanza, “assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere”.
Facile a dirsi. Molto meno a farsi. Soprattutto in assenza di un’apposita modifica normativa volta a disciplinare le modalità di svolgimento delle assemblee on line e a scongiurare, dunque, il rischio, più che concreto, di impugnazioni delle delibere che dovessero scaturire da tale tipologia di riunioni,
Proprio a tale necessità – quella cioè di una normazione delle assemblee condominiali in videoconferenza – risponde l’ordine del giorno presentato nei giorni scorsi alla Camera dai deputati Cataldi, Perantoni, Dori e Saitta.
Ma estremamente attive – in chiave di dibattito ma pure propositiva – sono state, ovviamente, in questi ultimi mesi, anche e soprattutto le associazioni dell’amministrazione condominiale e della gestione immobiliare.
Riportiamo, dunque, di seguito e in ordine alfabetico, la posizione espressa da molte delle principali associazioni di categoria.
Ritengo che la politica non potrà sottrarsi nell’immediato futuro dall’affrontare in maniera organica e definitiva la tematica dello svolgimento delle assemblee di condominio che ragionevolmente non si potranno tenere prima del prossimo settembre/ottobre, specie quelle dei condomini più numerosi.
Difatti, normalmente, i locali d’uso abituale per le assemblee di condominio sono spazi “di fortuna” (quali scantinati, atrii scale e cantine, anguste salette di condominio, sale parrocchiali) oppure salette nell’ambito degli studi amministrativi, centri sociali o appartamenti in condominio e comunque tendenzialmente non in grado di permettere le distanze interpersonali di un metro o altri accorgimenti di sicurezza.
Fino ad oggi non si era mai posto così in evidenza il problema della conformazione degli spazi per le riunioni di condominio, mentre pare che il mantenimento delle distanze interpersonali sarà, per il prossimo futuro, un “caposaldo” per la tutela della popolazione e quindi dei condòmini, dei dipendenti degli sudi di amministrazione, degli amministratori di condominio ed in particolare delle persone più anziane o più esposte per patologie cliniche.
Pertanto, come Abiconf, abbiamo, per primi, richiesto, tramite Confcommercio Professioni, la modifica dell’articolo 1130 c.c. n° 10) ove è previsto il termine per rendere il conto della gestione e convocare l’assemblea di condominio per l’approvazione del rendiconto e del preventivo in 180 giorni, portandolo straordinariamente a fine giugno 2021. Tale modifica legislativa è quanto mai opportuna per evitare inutili e pretestuose azioni giudiziarie ed è la logica conseguenza dei divieti su ricordati imposti dall’emergenza sanitaria in atto.
Sarà, poi, necessario aprire un serio ragionamento sulle effettive possibilità di gestire delle assemblee “on line”, attraverso l’analisi del grado di informatizzazione degli utenti, la previsione di specifiche “piattaforme certificate” e modalità standard ed univoche per la gestione di simili assemblee. Ecco perché in più occasioni ci siamo riferiti alle assemblee “on line” come ad una misura più per il futuro che per l’emergenza attuale.
Ritengo che ciò sia molto importante per non esautorare i molti proprietari non tecnologizzati dal loro giusto diritto sulla gestione delle parti comuni e non rischiare di intasare ulteriormente le aule di giustizia con ricorsi ad impugnazione delle delibere assembleari.
Nell’ottica di una semplificazione delle procedure di convocazione dell’assemblea dei condòmini, Abiconf ha anche richiesto di prevedere la mera e-mail (e non la sola PEC) quale utile forma di convocazione, disponendo una rettifica nell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al c.c..
In ambito condominiale, uno dei problemi da affrontare dal punto di vista legislativo, dovrà essere quello della regolamentazione dell’espletamento delle assemblee condominiali in videoconferenza (full da remoto e/o in parte telematicamente e in parte “fisicamente” nel luogo indicato dall’amministratore), lasciando però anche liberi i condòmini di continuare ad utilizzare la precedente prassi delle adunanze fisiche piuttosto che virtuali.
Una idea avveniristica e rivoluzionaria, suscettibile di approfondimento, potrebbe essere di revisionare gli attuali principi codicistici in materia di assemblee prevedendo adunanze composte, oltre che dall’amministratore e dal segretario, esclusivamente da tre figure esperte estranee al condominio, ciascuna portatrice di delega di rappresentanza rilasciata da altrettanti gruppi di condòmini. Insomma, assemblee ristrette con pochi soggetti.
È innegabile che il vero problema del momento per il settore condominiale siano le assemblee di condominio che, non potendosi tenere, bloccano o limitano di fatto le attività condominiali, con innumerevoli ripercussioni di natura sia conflittuale che giudiziaria.
A questo proposito rimando ad un approfondimento molto dettagliato redatto dall’avv. Michele Cogotti del Centro studi Anaip, che ha analizzato tutti i differenti scenari, in attesa che il legislatore assuma una posizione ufficiale, preferibilmente confrontandosi con le associazioni dell’amministrazione condominiale.
A proposito dell’assemblea condominiale, alcuni vorrebbero ripensarla con gli strumenti della telematica. Tuttavia, se lo smart working è agevole da organizzare in uno studio professionale, non altrettanto si può dire di una riunione condominiale. Anche se si tratta di riunioni da remoto, infatti, occorre inviare ai condòmini l’apposita convocazione, indicando modalità e tempi di svolgimenti. Ma soprattutto, ogni condomino deve poter contare su idonei strumenti di comunicazione telematica, condividendo l’identico servizio di messaggistica o video chat, concordata con i partecipanti. Anche la verbalizzazione delle operazioni dovrebbe essere molto puntuale, in particolare per quel che riguarda l’identificazione dei “presenti”, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto.
Realizzare tutte queste condizioni appare alquanto complesso e i rischi di impugnazione dell’eventuale delibera sarebbero molto alti. Per queste ragioni, abbiamo consigliato ai nostri associati di non procedere allo svolgimento di assemblee in videoconferenza, e di rinviare, finché si può, a tempi migliori, in cui sia possibile realizzare l’assemblea di tipo tradizionale.
Per quanto concerne le riunioni condominiali ritengo che per molto tempo non si potranno svolgere, anche perché non tutti i condòmini sono telematizzati. In quest’ottica sarebbe dunque auspicabile uno snellimento delle maggioranze.
Si tenga presente, comunque, che a seguito di quest’emergenza cambierà la nozione di attività ordinarie e straordinarie (ad esempio, un servizio quale quello relativo alla sanificazione diverrà ordinario) e dunque saranno meno numerose le attività che necessiteranno del passaggio assembleare per l’approvazione.
Di certo, tuttavia, nel breve periodo c’è da considerare che le condizioni economiche sulla base delle quali sono stati redatti bilanci preventivi e consuntivi sono radicalmente mutate: probabilmente tutti i bilanci dovranno essere riparametrati e forse in parte revocati.
Al contempo, aumenteranno le azioni giudiziarie contro il condominio e sarebbe il caso di gestirle in modo da evitare una crescita del contenzioso che bene non fa all’economia. D’altra parte, onde evitare che si arrivi a una legittimazione generalizzata dell’insolvenza, sarebbe il caso di garantire la solvenza del condominio ripristinando la responsabilità solidale dei condòmini.
Anche in ambito condominiale è necessario pensare fin da subito a come ripartire, e per farlo bisognerà innanzitutto trovare il modo di sopperire all’impossibilità di svolgere le assemblee condominiali nei modi tradizionali.
Le norme civilistiche, da questo punto di vista, non ci vengono incontro. Anzi, evidenziano ulteriormente le carenze di una riforma, quella del condominio, per molti versi inadeguata. Necessario quindi, ed urgente, un intervento della politica che raccogliendo gli inviti da più parti espressi, attivi strumenti normativi straordinari.
Tra questi:
Per far fronte alla problematica inerente le assemblee di condominio si potrebbe conseguire – eventualmente anche solo in via temporanea, la modifica dell’articolo 1136 del Codice Civile – così da consentire l’espletamento di assemblee condominiali (“virtuali”). Ciò permetterebbe agli amministratori di convocare le assemblee nel rispetto del termine per l’approvazione dei rendiconti.
Sul punto si ricorda che l’articolo 1130, numero 10, del Codice Civile stabilisce che l’amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Fermo restando che allo stato FNA – Federamministratori ha suggerito ai propri iscritti – in attesa della convocazione dell’assemblea – di inviare comunque ai condòmini i rendiconti e i riparti predisposti, nonché i preventivi, facendo salvi eventuali conguagli in sede di ratifica assembleare. In questo modo si consegue lo scopo di non lasciare il condominio privo di entrate nei confronti dei fornitori e di eventuali dipendenti.
Risulta lampante come in condominio la prima e più grave questione, madre di tutte le altre che l’emergenza in essere sta provocando, risieda nell’impossibilità di riunire assemblee condominiali, in forza del noto divieto di assembramento.
A nulla, sino ad oggi, son valse le richieste di modifica normativa urgente del Codice civile per consentire lo svolgimento di assemblee in videoconferenza, che LAIC Lega Amministratori, dopo un’attenta disamina col proprio Centro Studi, e tramite Confassociazioni, ha avanzato al Ministro della Giustizia e al Ministro per lo Sviluppo Economico.
Unitamente ad una forma di adunanza telematica, che è da auspicare come mezzo ordinario, anche futuro, una volta cessata l’emergenza, alternativo o complementare alle assemblee in presenza, si potrebbero peraltro legittimare forme di voto assembleare per corrispondenza, mediante espressione per raccomandata, email o Pec, o con forme di silenzio/assenso o di silenzio/astensione, che consentano, per l’attuale periodo, di dare corso in piena legittimità alla gestione del complesso condominiale.
Nessun altro problema può dirsi oggi più urgente, e tutti discendono dal blocco delle assemblee in essere: la mancata approvazione dei bilanci impedisce all’amministratore non solo di vedere confermato il proprio incarico con pienezza di poteri, ma altresì di avere titolo per esigere i contributi dai condòmini morosi, così come impedisce di poter dare corso alla manutenzione straordinaria dell’edificio, salve le sole urgenze.
Allo stato, il rispetto della regolarità dei pagamenti dipende esclusivamente dalla correttezza (e dalla materiale disponibilità) del singolo condomino, con gli evidenti rischi che una morosità diffusa potrebbe, invece, creare, a far capo dal pagamento della polizza assicurativa, dei fornitori, delle utenze e con rischio di compromissione dei diritti, anche fondamentali, dei condòmini virtuosi.
La politica avrebbe dovuto, innanzitutto, non lasciare soli a se stessi amministratori e condòmini e non limitarsi solo a vietare genericamente (anche se nell’interesse sanitario) le assemblee condominiali a decorrere dal 4 marzo 2020, affermando ancor più genericamente che queste potevano essere tenute esclusivamente per videoconferenza; mentre è decisamente contrastante con la sicurezza delle persone, e del tutto utopistico, che le assemblee di possano svolgere con modalità a distanza senza indicare in quale luogo dovrebbero essere svolte soprattutto per quanto riguarda i condomini di grandi dimensioni per i quali vengono affittati normalmente appositi locali presso parrocchie, cinema etc. fuori dai condominii nei quali, stante il lockdown, i condòmini (e meno che meno delegati esterni) non potrebbero recarsi nemmeno temporaneamente.
Questo dimostra una volta di più l’assoluta lontananza delle istituzioni dal mondo condominiale nel quale, ad esempio, la maggior parte dei condòmini di una certa età – e sono la maggioranza – non è in possesso di computer, notebook, tablet, smartphone, connessione ad internet, etc. e non ha la preparazione per potersi collegare in videoconferenza da casa senza quantomeno un aiuto che stante il lockdown è di assai difficile attuazione generale. Ergo non si terranno assemblee condominiali in videoconferenza.
In questo scenario, è essenziale prevedere una chiara disciplina per potere ottenere i necessari fondi dai condòmini, anche in assenza di assemblea, ma con l’obbligo di portarli all’approvazione nella prima assemblea utile, onde potere provvedere alla imprescindibile gestione del condominio.
La mancanza di tutto questo potrebbe portare ad una non gestibilità degli stabili condominiali che sfocerebbe sicuramente in liti giudiziarie a decorrere dal 12 maggio 2020.
Già nelle scorse settimane ho indirizzato, a nome dell’associazione che presiedo, una richiesta scritta al premier Conte, ai ministri di Giustizia e Innovazione, Alfonso Bonefede e Paola Pisano, e ai presidenti di Senato e Camera, Casellati e Fico.
In questa lettera ho evidenziato che, a mio parere, l’assemblea telematica non deroga ai principi posti a fondamento delle norme di riferimento, anzi, può ritenersi un’innovativa modalità di svolgimento di fronte alla contingenza temporale del caso, non sussistendo norme di legge che escludono l’utilizzo della modalità in videoconferenza. La videoconferenza, inoltre, può essere utilizzata anche per le riunioni preparatorie e per gli incontri di lavoro con i fornitori e gli stakeholders che, a diverso titolo, fanno parte del comparto condominio.
La partecipazione all’assemblea condominiale viene regolamentata dall’art. 1136 c.c. che richiede, in seconda convocazione, l’intervento di tanti condòmini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio ed un terzo dei partecipanti al condominio: la norma non precisa se l’intervento debba essere con una presenza fisica oppure anche da remoto o virtuale.
L’art. 66 disp. att. c.c., invece, stabilisce che l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale deve indicare espressamente il luogo ove si svolge la riunione, facendo intendere che deve essere un luogo fisico, come ha confermato la giurisprudenza di legittimità. Questa norma è inderogabile, ma l’inderogabilità dell’indicazione di un luogo fisico va rispettata a beneficio di chi vuole partecipare fisicamente all’assemblea senza escludere la possibilità per gli altri condòmini di sfruttare le nuove tecnologie.
Ad avviso della nostra associazione, sarebbe possibile adottare per “analogia” la normativa sulle riunioni dell’assemblea di società di capitali (art. 2370 c.c.) che consente la partecipazione dei soci in videoconferenza solo se lo statuto lo prevede; difatti, secondo la norma, lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all’assemblea. Nel condominio, però, lo statuto sociale si identifica con il regolamento di condominio nel quale dovrà essere prevista espressamente, la possibilità della riunione con mezzi telematici; in assenza del regolamento condominiale, invece, sarà necessaria una specifica delibera dell’assemblea votata all’unanimità da tutti i condòmini aventi diritto. Il che, ovviamente, ripropone però il problema di potersi riunire e deliberare. Per questo occorre una chiara previsione normativa.
Un’altra missiva, avente ad oggetto anche la problematica delle assemblee condominiali, è stata indirizzata, nelle scorse settimane, da 6 associazioni condominiali ai presidenti e ai capigruppo di Camera e Senato.
A sottoscriverla: MarcoQuagliariello (APICE), Concetta Cinque (ASSIAC), Giovanni Zullo (BMItalia), Peter Lewis Geti (CondoAssociazione), Francesco Vittorio Sciubba (FIGIAC), Marco Venier (UNICONDOMINIO).
Tra i punti salienti della richiesta espressa dalle 6 associazioni: