La Cassazione conferma la sentenza del Tribunale, che, ribaltando la sentenza del Giudice di Pace, respinge la richiesta di risarcimento danni da parte di un condomino che avrebbe vissuto per diversi anni in ambienti resi insalubri da infiltrazioni, a suo dire a causa della mancata manutenzione ad opera del condominio. Gli Ermellini, inoltre, condannano il condomino a restituire al condominio il rimborso ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 15.5.2020,
n. 8984
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1. Nel 2014 F.S. convenne dinanzi al Giudice di pace di Roma il condominio …, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per la durata di anni otto, a causa della presenza di muffe ed umidità nel proprio appartamento, ricompreso nel fabbricato condominiale (evidentemente sul presupposto, inespresso nel ricorso, che i suddetti fenomeni fossero da ascrivere a un difetto di manutenzione imputabile al condominio).
2. Con sentenza 31 marzo 2016 il Giudice di pace accolse la domanda. La sentenza venne appellata dal condominio.
3. Il Tribunale di Roma con sentenza 15 dicembre 2017 n. 23480 accolse il gravame e rigettò la domanda risarcitoria proposta da F.S., condannando quest’ultima alle spese del doppio grado.
4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione in via principale dal condominio, con ricorso fondato su un solo motivo; ed in via incidentale da F.S., con ricorso fondato su due motivi.
Il condominio ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
1. Va esaminato per primo, ai sensi dell’art. 276, comma secondo, c.p.c., il ricorso incidentale.
(omissis)
3. Col secondo motivo la ricorrente incidentale lamenta la violazione dell’articolo 1226 c.c..
Al di là di tale riferimento normativo, oggettivamente non pertinente, nell’illustrazione del motivo si censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale.
Deduce la ricorrente che le infiltrazioni d’acqua e l’umidità dell’appartamento costrinsero lei ed i suoi familiari a reiterati interventi di manutenzione; che ciascuno di questi interventi li obbligava a lasciare l’appartamento durante il tempo occorrente per i lavori; che comunque le infiltrazioni di acqua erano state nocive per la sua salute e che tale circostanza sarebbe “talmente notoria da non richiedere alcuna prova al riguardo”.
3.1. Il motivo è infondato.
Con la domanda introduttiva del giudizio di primo grado, per come qualificata dal tribunale, l’attrice chiese la condanna del condominio al risarcimento del danno “per la compromissione o limitazione del bene della salute per aver vissuto per diversi anni in ambienti resi insalubri dalle infiltrazioni” (così la sentenza impugnata, pagina 2, tredicesimo rigo).
Dopo aver così qualificato la domanda attorea, il Tribunale ha ritenuto “non risultare prove documentali” della compromissione del bene della salute o sull’insorgenza di patologie o sull’aggravarsi di queste ultime, che fossero “in nesso di consequenzialità rispetto alle infiltrazioni”.
Così ricostruito il contenuto oggettivo della sentenza impugnata, ne discende che il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui sostiene che il tribunale avrebbe erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale consistito nel “disagio” causato dall’infiltrazione, è inammissibile perché estraneo alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che una domanda di risarcimento del danno “da disagio” non fu mai formulata dalla odierna ricorrente. Giusta o sbagliata che fosse tale valutazione, essa rappresenta una autonoma ratio decidendi, idonea a sorreggere la sentenza, e che pertanto doveva essere impugnata con un motivo di ricorso ad hoc, e non lo è stata.
Nella parte, poi, in cui il motivo in esame lamenta il rigetto della domanda di risarcimento del danno alla salute, esso è inammissibile perché investe il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove e ricostruito i fatti.
Ma una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (omissis).
4. Con l’unico motivo il ricorrente principale sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di omessa pronuncia.
Lamenta che il Tribunale non ha provveduto sulla domanda, proposta dal condominio, di condanna di F.S. alla restituzione della somma versatale dal condominio in esecuzione della sentenza di primo grado.
4.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già ripetutamente affermato il principio secondo cui la mancata statuizione, nel dispositivo della sentenza, in ordine ad un determinato capo della domanda configura il vizio di omessa pronuncia riguardo a quel capo, denunciabile ai sensi dell’art. 112 c.p.c., non potendo la esistenza della relativa decisione desumersi da affermazioni contenute nella sola motivazione (Sez. 3 -, Sentenza n. 9263 del 11/04/2017).
Nel caso di specie, il Condominio aveva domandato in appello la restituzione della somma pagata a F.S. in esecuzione della sentenza di primo grado (circostanza inoltre non contestata dalla odierna controricorrente), e nondimeno il Tribunale ha omesso di provvedere sulla relativa domanda.
4.2. L’accoglimento del ricorso principale non impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, condannando F.S. a restituire al condominio la somma (non contestata nella presente sede) di euro 1.975,68.
Non è luogo a provvedere sugli interessi corrispettivi maturati dal pagamento alla data della presente ordinanza, dal momento che la domanda di interessi non è stata formulata nella presente sede, né, trattandosi di obbligazione di valuta, essi possono essere attribuiti d’ufficio.
Spetteranno ovviamente al condominio ope legis, ex art. 1282 c.c., gli interessi legali sulla suddetta somma dalla data di deposito della presente ordinanza.
(omissis)
– rigetta il ricorso incidentale;
– accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna F.S. al pagamento, in favore del Condominio …, della somma di curo 1.975,68, oltre interessi legali dalla data della presente ordinanza;
(omissis)