[A cura di: Andrea Tolomelli, presidente nazionale Abiconf – www.abiconf.it] In questi ultimi mesi di emergenza sanitaria, stante il susseguirsi dei divieti che ora vengono lentamente smantellati, a tutti noi operatori e commentatori del mondo del condominio è corso frequentemente il pensiero alle conseguenze sui bilanci assembleari dettate dall’impossibilità di tenere assemblee di condominio.
Addirittura, si è acceso un infuocato dibattito dottrinale sulla possibilità o meno di gestire assemblee on line; tematica che, solo se la si fosse proposta qualche mese prima dell’inizio dello stato di emergenza epidemiologica non sarebbe nemmeno durata il tempo necessario a far asciugare la carta stampata dei giornali.
Si è parlato e si parla ancora oggi nella cd. fase due o tre (francamente ho perso il conto) di blocco del condominio riconducendolo all’impossibilità di tenere le assemblee, senza considerare che il Condominio non si ferma perché non si fanno assemblee, bensì può andare in stallo se i condòmini non hanno i soldi per pagare le spese!
Ci si è scordati che il condominio dal punto di vista gestionale è un ente, privo di personalità giuridica, volto al mantenimento dei beni comuni con i fondi dei singoli partecipanti.
La normativa condominiale del ’42, per quanto sopravvissuta nella sua ossatura fondamentale alla riforma del Condominio del 2012, individua nell’amministratore il soggetto di riferimento per poter mandare innanzi la gestione dei servizi e manutenzioni comuni anche nell’impossibilità di riferirsi all’organo assembleare.
Il dovere di mantenimento dei beni comuni, come più volte insegnatoci dalla giurisprudenza, integra un’obbligazione propter rem come tale strettamente connessa alla contitolarità dei beni: in buona sostanza il singolo condomino deve pagare la sua quota solo per il solo fatto di essere comproprietario del bene. Non esiste strumento giuridico tanto veloce nell’incassare dei fondi che possa sopperire alle necessità di cassa per ottemperare regolarmente ai normali impegnieconomici. I tempi ultra-annuali per la soddisfazione giudiziaria dei crediti condominiali li conosciamo tutti. Dunque, non può essere un motivo emergenziale l’approvazione dei bilanci tanto da giustificare il rischio alla salute di tutti i partecipanti.
Orbene, accantonata questa importante ed altrettanto doverosa premessa, concentriamoci sul vero problema. Di qui ai prossimi mesi ci ritroveremo innanzi a compagini condominiali economicamente disomogenee: ci saranno tutti coloro che sono stati vigorosamente colpiti dalla crisi (e si pensi a quelli che lavorano o lavoravano nei comparti del turismo e della ristorazione) i professionisti falcidiati dalle limitazioni nello svolgimento delle loro attività e così in molti casi i loro dipendenti; come pure ci saranno coloro che sono stati meno colpiti o anche quelli che in effetti si sono adoperati in attività estremamente necessarie o innovative in questo periodo e pertanto oggi probabilmente hanno molti crediti da incassare.
La situazione si fa ancor più complicata ove si pensi ai sistemi “famiglia” ove è molto difficile trovare dei nuclei non colpiti dalla crisi dove un partecipante non necessiti di aiuti.
È la disomogeneità economica il vero nemico del condominio.
Se è vero che, per decidere una spesa, anche ingente, occorre la maggioranza qualificata dei condòmini è altrettanto vero che per portare avanti un lavoro nei fatti occorre la disponibilità economica di almeno l’ottanta percento dei partecipanti; altrimenti neanche i decreti ingiuntivi possono servire.
Nei prossimi mesi, che saranno quelli più significativi, in quanto per molti andranno a terminare i risparmi accantonati oppure serviranno loro per rilanciare le proprie attività o aiutare un parente o un amico più bisognoso, sarà quanto mai importante cercare di dare ossigeno anche ai conti ordinari del condominio.
In questo sarà determinante il ruolo delle imprese fornitrici che se vorranno mantenere il cliente ed evitare inutili contenziosi condominiali sarà più che opportuno studino e propongano forme di dilazione commerciale dei propri corrispettivi.
Farei un inutile esercizio nel proporre io delle possibilità (come si sul dire, farei i conti senza l’oste!) quanto invece, ritengo estremamente utile lanciare l’idea e proporre a tutte le imprese di ragionare in tal senso.
Il fornitore che meglio riuscirà a cogliere queste indicazioni sarà di certo quello che si assicurerà il cliente. Le imprese per venire incontro ai clienti potrebbero utilizzare parte di quei fondi che normalmente sono destinati ad attività di recupero crediti. È il momento di prevenire piuttosto che curare.
Naturalmente gli interlocutori privilegiati non possono che essere le società di erogazione di energia e gas, posto che i loro corrispettivi occupano di media un 70% dei bilanci condominiali, ma anche banche, assicurazioni e manutentori in genere.
Di certo, ci vorrà d’altro canto la consapevolezza dei condòmini di prediligere un cammino collettivo rispetto a propri interessi personali e molta fiducia nel proprio amministratore di condominio. Le trattative dovranno essere rivolte nel tempo e quindi si dovranno sottoscrivere impegni e programmi pluriannuali.
Perché no, anche lo Stato potrebbe fare qualcosa per i condòmini offrendo semmai delle garanzie sulle dilazioni economiche dei fornitori del condominio; ma forse è chiedere troppo.
Pur nelle difficoltà economiche non si potrà poi rinunciare all’innovazione anche perché, l’esperienza ci insegna che, solo attraverso nuovi impianti si può effettivamente attuare un sensibile risparmio.
Di qui è auspicabile che gli incentivi economici che lo Stato si appresta a varare vengano omogenizzati tra i fruitori e soprattutto tra residenziale e commerciale proprio per permettere a tutti un effettivo godimento degli stessi; ne va della delibera degli interventi.