Non spettano i benefici “prima casa” ai contribuenti che acquistano un’unica unità immobiliare costituita da due appartamenti, aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati.
Si può usufruire dell’agevolazione solo a condizione che, anche dopo la riunione degli immobili, non vengano meno i requisiti previsti dalle stringenti norme in materia.
Di seguito, un estratto dell’ordinanza 7850/2020 della Corte di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V civ., ord. 16.4.2020,
n. 7850
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1. La Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione di Roma, rigettava l’appello proposto da G.M. e A.M. e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado, dichiarando legittimo l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia dell’Entrate non aveva riconosciuto ai contribuenti, in relazione al contratto da essi stipulato il 29 maggio 2006, il diritto alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, stante la natura di lusso dell’immobile.
2. La CTR fondava la propria decisione sulla circostanza che l’immobile in esame si sviluppava su due piani, ciascuno dei quali di mq 240 e, dunque, la somma di essi era superiore al parametro indicato dal d.m. del 2 agosto 1969 al fine di godere dell’agevolazione richiesta.
3. Avverso tale sentenza i contribuenti propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi.
4. L’Agenzia delle Entrate non si è costituita.
1. Con il primo motivo i contribuenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, nonché l’omessa o insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio.
I ricorrenti rilevano che i giudici del merito hanno errato nel ritenere come unico l’immobile oggetto di compravendita, dovendosi esso considerare composto da due distinti appartamenti posti su due piani diversi e, quindi, autonomi, con la conseguenza che non poteva sommarsi la loro superficie e, dunque, agli stessi doveva riconoscersi l’agevolazione richiesta. A sostegno di tale assunto i contribuenti rilevavano che dal certificato catastale e dall’attivazione di due diverse utenze domestiche di luce e gas risultava evidente la suindicata autonomia.
(omissis)
4. Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
(omissis)
Quanto alla seconda censura del primo motivo, in via preliminare, deve osservarsi che, diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, la CTR ha correttamente fatto applicazione dei criteri di cui al d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, al fine di stabilire se l’abitazione oggetto di compravendita era di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa 1, art. 1, nota 2 bis, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, assumendo all’uopo rilievo il fatto che la compravendita oggetto di accertamento era avvenuta il 29 maggio 2006.
In particolare, l’art. 6 del d. m. 2 agosto 1969 indica quale abitazione di lusso «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)». L’art. 40 del d.p.r. n. 1142 del 1949 rubricato (Unità immobiliare urbana) prevede, poi, che «si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente».
Dal combinato disposto delle norme sopra richiamate si evince che ai fini tributari rileva l’unità immobiliare, avendo questa Corte, secondo un principio pienamente condiviso dal Collegio, affermato che «Ai fini fiscali devono essere considerate abitazioni di lusso, ai sensi dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, tutti gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati, a nulla rilevando che si tratti di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o di singole unità abitative» (Cass. n. 23591 del 2012).
In caso analogo si è affermato che: “In tema di agevolazioni per l’acquisto della ‘prima casa’, per stabilire se l’abitazione sia di lusso non assume specifica rilevanza la destinazione che l’acquirente o gli acquirenti attribuiscono al bene, sicché, in caso di acquisto ‘pro indiviso’ di un unico cespite immobiliare (nella specie, villino di due piani, con locale autorimessa e terreno pertinenziale) da parte di due acquirenti, non è consentito il frazionamento della superficie utile tra i medesimi (nella specie, imputando a ciascuno di essi un piano dello stabile) come se il rogito notarile riguardasse due autonome alienazioni, ostandovi la con titolarità indivisa dei diritti sul bene, che consente, ai sensi dell’art. 1102 c.c., a ciascun comunista la facoltà di usare il bene comune” (Cass. n. 7457/16 ord.).
Alla luce di quanto sopra è evidente l’errore interpretativo da cui muove la censura proposta dai contribuenti, proprietari dell’unico immobile oggetto dell’avviso di accertamento, laddove essi confondono il concetto di unità immobiliare, rilevante ai fini dell’applicazione dell’agevolazione richiesta, e quello di unità abitativa.
Nel caso di specie, infatti, non vi è dubbio che si è in presenza di un’unica unità immobiliare che per come indicato dallo stesso atto di compravendita oggetto di accertamento, riportato nel ricorso, che risulta contraddistinta da «una porzione immobiliare (…) costituita da un fabbricato per due unità abitative sviluppatesi ai piani terra e primo per complessivi vani 14 virgola 5 catastali (…)» rispetto alla quale è irrilevante, ai fini del giudizio, la circostanza che essa sia costituita da due unità abitative.
Sul punto la CTR ha, poi, posto in luce come dalla lettura del contratto di compravendita e della perizia di parte risulta che l’immobile «consiste in un fabbricato della tipologia “Edilizia abitazione in ville” (…) L’immobile è costituito da un piano terra con due ingressi, vano studio, vano salotto, vano pranzo, vano letto e numero tre bagni nonché da un primo piano composto da tre vani letto, due bagni e un vano studio», descrizione che evidenzia, senza spazio per alcuna logica diversa interpretazione, l’unicità del bene.
Va, infine, osservato che del tutto infondata è la censura relativa ad un presunto vizio motivazionale dell’avviso impugnato, indicato nel ricorso nella «mancata indicazione delle norme violate» con conseguente violazione del diritto di difesa del contribuente. Nello stesso ricorso, infatti, si dà conto che l’avviso indicava che la pretesa era dovuta al fatto che l’immobile «è da considerarsi di lusso, (…) ai sensi della normativa prevista dal d.m. 2.8.69 per effetto di quanto disposto dall’art. 6, che comprende le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq 240 (esclusi balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale ed il posto auto», per come indicato dalla nota dell’Agenzia del Territorio del 28/11/2008 allegata. Tale indicazione soddisfa pienamente l’obbligo motivazionale invocato dai contribuenti.
5. Nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.
La Corte rigetta il ricorso.