Se l’acqua piovana entra dal terrazzo e danneggia un negozio
Il consulente tecnico accerta che la causa delle infiltrazioni, che hanno danneggiato capi di abbigliamento e materiale informatico della società conduttrice di un negozio, è stata la mancata tenuta della impermeabilizzazione. E la Cassazione conferma la condanna al risarcimento a carico della proprietaria dell’alloggio sovrastante, la quale aveva chiamato in causa anche il condominio.
Di seguito una sintesi della vicenda e un estratto dell’ordinanza di Cassazione numero 10518 del 3 giugno 2020.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 3.6.2020, n. 10518
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Rilevato che:
- con ricorso per accertamento tecnico preventivo notificato il 5 settembre 2011, la S.B. s.r.l., conduttrice di un immobile commerciale in Roma, nel quale svolgeva commercio di abbigliamento sportivo, lamentava, davanti al Tribunale di Roma, infiltrazioni di acqua provenienti dal soffitto e riferibili alla posizione della proprietaria del terrazzo sovrastante, M.G. e al condominio di viale …, di cui il negozio faceva parte. Chiedeva verificarsi lo stato dei luoghi, le condizioni dei beni danneggiati e la valutazione dei danni subiti. Il consulente nominato accertava la riferibilità dei problemi che interessavano i locali in questione alla mancanza di tenuta dello stato d’impermeabilizzazione del terrazzo di M.G. quantificandone i danni;
- con atto di citazione del 28 novembre 2012, la S.B. s.r.l. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la sola M.G. che si costituiva chiamando in causa il Condominio e A.A. rilevando che la responsabilità era esclusivamente addebitabile al precedente proprietario, in quanto le infiltrazioni si sarebbero verificate in epoca precedente all’acquisto dell’immobile. Quanto alla posizione del Condominio, rilevava che i costi di rimozione dei vizi di coibentazione di restauro dovessero essere posti a carico dell’ente secondo i criteri stabiliti dall’articolo 1126 c.c.;
- il Tribunale di Roma, con sentenza del 13 ottobre 2014, respingeva le domande provvedendo sulle spese e rilevando il difetto di legittimazione attiva della società affittuaria, in quanto i locali, dal mese di agosto 2012, non erano più detenuti dalla stessa, per cui il ristoro spettava al proprietario del bene danneggiato ad eccezione del pregiudizio all’attività commerciale e ai beni di proprietà esclusiva dell’affittuario. Affermava, altresì, che con il ricorso per accertamento tecnico la S.B. s.r.l. non aveva esteso il tema dell’indagine alla quantificazione dei danni alle merci;
- avverso tale decisione proponeva appello la S.B. s.r.l., con atto notificato il 13 aprile 2015, lamentando l’errata conclusione cui era giunto il primo giudice circa il difetto di legittimazione attiva della S.B. s.r.l., l’errata valutazione del materiale probatorio sul nesso eziologico tra fatto e danno, censurando il criterio di ripartizione delle spese di lite. Si costituiva M.G. contrastando l’impugnazione;
- con sentenza del 18 luglio 2017 la Corte d’Appello di Roma rilevava che era pacifico che il locale condotto in locazione era stato invaso più volte dalle acque meteoriche e che all’interno dello stesso si svolgeva l’attività di vendita al dettaglio di abbigliamento. La responsabilità di ciò era stata correttamente attribuita dal consulente ai vizi d’impermeabilizzazione della terrazza dell’appellata. Conseguentemente, in accoglimento dell’impugnazione, liquidava il danno nella misura di euro 29.225 oltre interessi e spese;
- avverso tale decisione propone ricorso per cassazione M.G. affidandosi a tre motivi che illustra con memoria. Resistono con separati controricorsi S.B. s.r.l. e A.A..
Considerato che:
- con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione degli articoli 1575, 1577, 1583, 1609 e 1621 c.c. che escluderebbero la legittimazione attiva di S.B. s.r.l. per i danni all’immobile limitatamente all’importo di euro 2442, trattandosi di atti di straordinaria manutenzione. La Corte territoriale, pur rilevando che il Tribunale aveva rigettato la richiesta di risarcimento dei danni per difetto di legittimazione della società locataria, contraddittoriamente avrebbe riconosciuto l’importo di euro 2442 per tinteggiare le pareti e il soffitto “nonché per la sostituzione di parte delle doghe colorate come accertato dal consulente”.
In sostanza, la Corte avrebbe ammesso il diritto della locatrice al risarcimento dei danni all’immobile, che erano stati, invece, esclusi, dal Tribunale, per difetto di legittimazione attiva del conduttore. In particolare, nella decisione da un lato si riconosce il diritto al risarcimento per la sostituzione delle doghe colorate, ma dall’altro si afferma che non possono essere liquidate le spese per il parquet “in considerazione che è stato prodotto solo un preventivo” e perché “sono stati ricompresi nell’indicata somma di euro 2442”. Poiché il danno non potrebbe essere risarcito due volte, sia in favore del conduttore, che del proprietario, la decisione sarebbe evidentemente contraddittoria in quanto la legittimazione di S.B. s.r.l. sussisterebbe solo per i danni all’attività commerciale, ai beni di proprietà della società o, comunque, a quelli che possono rientrare nel concetto di manutenzione ordinaria a carico dell’affittuario, mentre spettano al proprietario i danni che rientrano nella straordinaria manutenzione, come quelli in esame;
- con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione degli articoli 2056 e 1226 c.c. perché la Corte territoriale avrebbe liquidato il danno al vestiario in via equitativa, con l’importo di euro 10.000, pur in assenza di prova del danno. L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa richiederebbe comunque la prova della sussistenza di un danno risarcibile. Nel caso di specie la Corte, dopo avere evidenziato che il consulente non aveva relazionato sulle condizioni dei beni danneggiati, e in particolare sul danno al vestiario, avrebbe operato comunque una liquidazione equitativa;
- con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., il mancato esame della questione della carenza di prova del danno alle dotazioni informatiche, oltre che al vestiario, contraddittoriamente liquidato in favore della società S.B. s.r.l. pur in assenza di accertamenti specifici da parte del consulente tecnico. Rispetto alle attrezzature informatiche non sarebbe stato neppure riscontrato il malfunzionamento dei computer;
Considerato che:
- quanto al primo motivo, la violazione delle norme di diritto evocate nell’intestazione non è dedotta, né sotto il profilo della “violazione” dei relativi paradigmi, per come ipoteticamente interpretati dalla sentenza impugnata, né sotto il profilo della c.d. falsa applicazione (cioè della riconduzione dei fatti per come accertata ad esse): infatti, non s’individua nel ricorso alcuna parte della motivazione inficiata dall’uno o dall’altro errore. In realtà, si prospetta una critica alla ricostruzione della quaestio facti per quanto sarebbe stato riconducibile al danno liquidato dalla Corte di merito con l’ammontare di euro 2442 e, dunque, il motivo è inammissibile, atteso che sollecita un controllo che non è più consentito dal testo vigente del n. 5 dell’art. 360 c.p.c;
- inoltre, il motivo non si confronta con la decisione impugnata perché la Corte d’Appello esamina due voci di costo del tutto differenti: quella relativa alla tinteggiatura e sostituzione delle doghe a parete in legno, che rientrano nelle riparazioni a carico dell’affittuario ai sensi dell’articolo 1621 c.c. e per le quali è legittimata ad agire la parte;
- le spese per la sostituzione del parquet, ritenute non provate;
- la Corte territoriale riconosce il danno relativo alle doghe colorate a parete, conteggiate nell’importo di euro 2442 che costituiscono beni diversi dalla pavimentazione (parquet) del locale, per il rifacimento della quale non è stato riconosciuto alcun risarcimento “a fronte del semplice preventivo di spesa”;
- nel secondo e terzo motivo le doglianze non sono specifiche, perché la Corte territoriale, muovendo dai dati non contestati, dell’allagamento da acqua meteorica e dalla presenza delle due tipologie di beni (vestiario e strumenti informatici) desume, con applicazione implicita dell’articolo 2729, primo comma c.c., l’esistenza del danno. Tale profilo (regola presuntiva) non è censurato, con i criteri richiesti dalla giurisprudenza di legittimità;
- con riferimento specifico al secondo motivo, parte ricorrente lamenta che il danno sarebbe stato riconosciuto esistente senza prova, ma lo fa, peraltro, evocando solo il dato – certamente supposto dalla stessa sentenza – che in sede di a.t.p., il c.t.u. non aveva riscontrato danni al vestiario. Da tanto desume che il danno sarebbe stato riconosciuto in mancanza di prova. Sennonché, la Corte ha affermato «sicuramente, parte di essa sia stata danneggiata dalle infiltrazioni di acqua piovana … ». Poiché l’accertamento tecnico era stato svolto nel 2011, mentre le infiltrazioni risalivano ad un periodo iniziato nel 2009, la circostanza che in sede di a.t.p. non fosse stata rinvenuta merce danneggiata di per sé non è sufficiente ad evidenziare che l’affermazione della Corte circa l’essere stata sicuramente danneggiata parte della merce sia stata fatta in mancanza di prova offerta aliunde;
- d’altro canto, nemmeno è stata dedotta la censura di violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. per cui il motivo non è idoneo ad integrare una critica all’effettiva, pur sintetica, motivazione della sentenza impugnata, là dove ha affermato che parte della merce era stata danneggiata;
- può aggiungersi che la motivazione della Corte territoriale è ragionevole poiché, muove dalla circostanza che all’interno del locale si erano verificati evidenti danni da infiltrazioni da acque meteoriche e che le cause di tali infiltrazioni erano ascrivibili alla mancanza di tenuta dello stato impermeabilizzante del terrazzo della M.G.. Si tratta di profili non contestati, neppure in questa sede. Pertanto, come già detto, muovendo dalla circostanza che il locale condotto in locazione dalla intimata era stato invaso dalle acque meteoriche e che in tale immobile si svolgeva l’attività di vendita al minuto di abbigliamento, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrato per presunzioni il danneggiamento della merce deteriorabile (abbigliamento) a causa della invasione delle acque meteoriche. Il giudice di appello si è limitato a prendere in considerazione il prezzo di acquisto della merce, pari ad euro 17.358, procedendo successivamente a una liquidazione equitativa, per il minor importo di euro 10.000, rilevando che non era certo che l’intera merce acquistata sarebbe, poi, stata effettivamente rivenduta;
- quanto alle dotazioni informatiche, ha operato in maniera analoga, sulla base della circostanza non contestata della presenza nei locali della società di tali strumenti, dei quali aveva dato conto anche il consulente, fornendone una riproduzione fotografica. Si trattava di beni per i quali era stata depositata la fattura e si dava atto dei lavori di manutenzione per ripristinarne la funzionalità a seguito delle infiltrazioni di acqua. Pertanto, riguardo a tale pregiudizio la Corte ha fatto corretto uso dei criteri in materia di onere della prova;
- da ultimo, ancora con riferimento al terzo motivo, la censura esula del tutto dall’articolo 360, n. 5 c.p.c. richiamato, poiché parte ricorrente lamenta l’omesso esame, non di un fatto storico, ma della carenza di prova del danno relativo alle dotazioni informatiche e al vestiario e ciò in contrasto con il costante orientamento secondo cui la mancata valutazione di elementi istruttori non rientra nel vizio invocato. Inoltre, quanto al danno alle apparecchiature non si censura l’affermazione della Corte inerente alla fattura di riparazione;
- ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, mentre vanno compensate quelle di rapporti tra la ricorrente e A.A. che, come riconosciuto anche dalla controricorrente, non è destinatario di alcun rilievo da parte della M.G., essendo stato evocato in giudizio ai sensi dell’articolo 332 c.p.c;
(omissis)
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore di S.B. s.r.l. liquidandole in euro 2.050 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato antistatario e dichiara integralmente compensate quelle nei rapporti tra la ricorrente ed A.A..