Le parti comuni dell’edificio non sono di proprietà dell’ente condominio, ma dei singoli condòmini. Di conseguenza l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune e finalizzata a colpire l’abuso realizzato sulle parti comuni deve essere indirizzata esclusivamente nei confronti dei singoli condòmini.
È quanto rimarcato dal Tar della Campania con la sentenza 3005/2020, di cui riportiamo un estratto.
————-
TAR CAMPANIA
Sez. VIII, sent. n. 3005/2020
————-
Il Condominio … ha impugnato l’ordinanza di demolizione con la quale il Comune di Casagiove gli ha ingiunto di rimuovere “a propria cura e spese, entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla notifica della presente ordinanza, delle opere realizzate in difformità dalle licenze edilizie nn. …, tutte rilasciate il 26 luglio 1980 per gli immobili siti alla via … e identificati catastalmente al foglio …”.
Segnatamente il Comune, a seguito della denuncia della società D. Immobiliare s.r.l. circa l’avvenuta realizzazione di abusi edilizi, ha effettuato dei sopralluoghi (in date 12 marzo 2019 e 4 giugno 2019) dai quali è emerso un “aumento di volumetria complessiva pari a mc. 1.676,75 sommando le volumetrie eccedenti di ogni immobile costituente il complesso immobiliare …”.
A sostegno del gravame il ricorrente deduce varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito per resistere il Comune di Casagiove mentre non si è costituita la società controinteressata.
(omissis)
Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.
Come esposto in fatto il Comune di Casagiove ha contestato al Condominio ricorrente la realizzazione di abusi edilizi presso il complesso immobiliare ….
In particolare, in base ai sopralluoghi del 2019, i quali fanno a loro volta riferimento a dei rilievi effettuati in data 27 gennaio 1998, sarebbe emerso un “aumento di volumetria complessiva pari a mc. 1.676,75 sommando le volumetrie eccedenti di ogni immobile costituente il complesso immobiliare …”.
Dagli atti di causa si ricava (in particolare, dalla relazione del 1998) che la contestazione scaturisce dal raffronto del progetto di lottizzazione esistente agli atti dell’ufficio con quanto è stato effettivamente realizzato: a fronte di un volume costruibile che doveva essere di mc. 32.750, quello accertato ammonta a mc. 34.426,754, pertanto, risulta un’eccedenza di mc. 1.676,750.
Il Comune ha, quindi, ingiunto al Condominio la rimozione delle opere realizzate “in difformità dalle licenze edilizie nn. … tutte rilasciate il 26 luglio 1980 per gli immobili siti alla via … e identificati catastalmente al foglio …”.
Fondate e assorbenti le censure di difetto di legittimazione passiva del ricorrente e di assoluta indeterminatezza dell’ordinanza di demolizione.
Ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 la demolizione delle opere abusivamente realizzate è ingiunta dal Comune al “proprietario e al responsabile dell’abuso”.
Nella fattispecie, la sanzione ripristinatoria è stata rivolta nei confronti del Condominio … il quale sicuramente non può essere individuato come proprietario nemmeno delle parti comuni del complesso immobiliare (al netto del fatto che l’ordinanza non chiarisce affatto se gli abusi riguardano parti di proprietà esclusiva dei singoli condòmini ovvero parti comuni).
La giurisprudenza citata dal ricorrente (TAR Lombardia, Milano n. 1774/2019) che il Collegio condivide ha osservato che l’art. 1117 cod. civ. stabilisce che le parti comuni dell’edificio sono oggetto di proprietà comune dei condòmini, con la conseguenza che il Condominio non vanta alcun diritto reale sulle stesse.
Secondo una consolidata giurisprudenza, difatti, il Condominio è un mero ente di gestione, privo di personalità giuridica (omissis). Siffatto principio è stato peraltro confermato anche dopo le modifiche introdotte nel codice civile dalla legge n. 220 del 2012 (Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici), poiché quest’ultima, pur avendo attribuito un attenuato grado di soggettività al condominio, non lo ha comunque fatto assurgere al rango di ente dotato di vera e propria personalità giuridica (Cass. civ., SS.UU., 18 settembre 2014, n. 19663).
Da tutto quanto sopra si ricava che le parti comuni dell’edificio non sono di proprietà dell’ente condominio, ma dei singoli condòmini. A tanto consegue che la misura volta a colpire l’abuso realizzato sulle parti comuni deve essere indirizzata esclusivamente nei confronti dei singoli condòmini, in quanto unici (com)proprietari delle stesse (TAR Lombardia, Milano, II, 5 dicembre 2016, n. 2302).
Se tale ragionamento (in punto di soggettività giuridica) non bastasse vale in aggiunta rilevare che l’ordinanza impugnata non reca alcun appiglio per ritenere che il Condominio possa essere individuato come responsabile degli abusi edilizi.
La difesa comunale sul punto argomenta che al Condominio era stata concessa sulla base di due convenzioni stipulate con il Comune (in date 27 giugno 1991 e 20 gennaio 2005) la possibilità di gestire le aree interne al Parco e di regolamentare i due accessi alle stesse; pertanto, “l’unico intestatario dei rapporti giuridici tra le parti qui attualmente in giudizio” sarebbe il Condominio quale “interlocutore privilegiato ed unico nei rapporti con il Comune”.
L’argomento non persuade.
Le convenzioni citate dalla difesa del resistente riguardano “la gestione della parte pubblica dei suoli e dei servizi connessi alla lottizzazione”.
Segnatamente, sulla base delle convenzioni l’amministrazione del Parco è chiamata ad occuparsi della pulizia e della manutenzione delle aree verdi e della gestione di altri servizi (in quella del 2005 si era anche impegnato a distaccare dal Parco una palestra e a costruire un muro).
Dall’ordinanza gravata non risulta che la contestazione riguardi opere realizzate in violazione delle convenzioni o ricadenti sulla parte pubblica gestita dal Condominio.
Nella fattispecie, sembra, infatti, evidente che non si controverte della corretta gestione delle aree pubbliche bensì delle difformità (in termini di volumetrie) di quanto realizzato in attuazione del Piano di lottizzazione; difformità delle quali possono (e devono) rispondere solo i singoli proprietari.
Per completezza va evidenziato che l’ordinanza è al riguardo del tutto generica in quanto la volumetria eccedente rispetto al progetto non viene riferita ai singoli edifici (cui a quanto pare corrispondevano altrettante licenze edilizie) e/o a eventuali parti comuni; questo senza considerare che, come detto, si è illegittimamente diretta verso il Condominio e non verso i singoli proprietari.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e, conseguentemente, il provvedimento impugnato deve essere annullato.
Le spese seguono la soccombenza nei confronti del Comune costituito mentre devono essere compensate nei riguardi della società controinteressata.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
(omissis)