Non soltanto energia elettrica e gas. Tra gli approfondimenti contenuti nella relazione annuale dell’Arera (si veda l’articolo “Luce e gas più care in Italia che nell’Area Euro”) c’è anche quello relativo al telecalore. Di seguito ne riportiamo un estratto.
In Italia la diffusione di sistemi di riscaldamento è limitata ma presenta una tendenza storicamente crescente, a partire dall’installazione dei primi impianti negli anni ’70: tra il 2000 e il 2018 la volumetria allacciata è aumentata a un tasso medio annuo del 6,5%, passando da 117,3 a 358,0 milioni di metri cubi, e l’estensione delle reti è quadruplicata, passando da circa 1.091 a 4.446 km.
La diffusione del servizio rimane concentrata principalmente nell’Italia settentrionale e centrale, dove la maggiore domanda di calore per il riscaldamento degli edifici e l’elevata densità abitativa consentono di giustificare i rilevanti investimenti infrastrutturali necessari: Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata.
Nel 2018 le centrali termiche al servizio di reti di telecalore hanno prodotto 11.250 GWh termici, 6.329 GWh elettrici e 133 GWh frigoriferi. Rispetto al 2017, il calore erogato all’utenza è cresciuto del 2,3%, mentre è rimasta sostanzialmente invariata l’energia frigorifera fornita (-0,1%); è, invece, calata del 6,1% l’elettricità esportata dalle centrali al servizio di telecalore verso la rete elettrica nazionale.
Il gas naturale si conferma la fonte energetica nettamente prevalente per il funzionamento degli impianti (70,3% del consumo energetico complessivo), seguita dai rifiuti urbani residui (14,2%) e dalle bioenergie (9,6%) che guidano la crescita delle fonti rinnovabili.
Con riferimento alle tecnologie di generazione si conferma una netta prevalenza degli impianti di cogenerazione di elettricità e calore, che hanno prodotto il 66% dell’energia termica immessa nelle reti.
I metodi di determinazione del prezzo più utilizzati dagli esercenti sono basati sui costi sostenuti (obiettivo di assicurare all’esercente l’equilibrio economico e finanziario e garantire un’adeguata remunerazione del capitale investito) o sul costo evitato (obiettivo di fornire all’utente un prezzo del servizio conveniente rispetto al costo che avrebbe sostenuto utilizzando una tecnologia di climatizzazione alternativa).
Il settore mostra, le proprie eterogeneità anche nelle forme tariffarie; le strutture di prezzo più comuni utilizzate dall’esercente sono monomie su energia termica (tipicamente espressa in €/MWh o €/kWh) e binomie su potenza contrattuale ed energia termica, in cui è presente anche una componente fissa, generalmente dipendente dalla potenza impegnata (espressa in €/kW).
Dal 1° gennaio 2020, ai sensi del TITT, gli esercenti sono tenuti a pubblicare sul proprio sito internet i prezzi di fornitura applicati all’utenza (gli esercenti di minori dimensioni che non ne sono dotati usano modalità alternative, quali gli sportelli aperti al pubblico o l’invio su richiesta).
Da un’analisi condotta dall’Autorità a fine 2019 su un campione di 32 reti gestite da 12 esercenti di maggiori dimensioni, è emerso che per il 50% delle reti il prezzo netto (IVA e credito di imposta esclusi), per un utente condominiale di tipo domestico, era compreso tra circa 82 e 92 €/MWh.