La Cassazione ha confermato la condanna per due amministratori condominiali, che inutilmente hanno invocato la prescrizione del reato. A loro carico gravava l’accusa di aver incamerato fondi dei condòmini per l’esecuzione di lavori edili poi mai effettivamente realizzati.
Di seguito un estratto della sentenza di Cassazione numero 23915/2020.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 23915/2020
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1. Con sentenza del 08/07/2019, la Corte d’Appello di Campobasso ha parzialmente riformato la sentenza emessa in data 06/12/2017 dal Tribunale di Larino, con la quale V.M. e V.A. erano stati condannati alla pena di giustizia in relazione al delitto di appropriazione indebita in danno di alcuni proprietari di immobili nel condominio …, costituitisi parte civile.
In particolare, la Corte d’Appello ha dichiarato non doversi procedere in relazione alla condotta in danno dei condòmini che non avevano sporto querela, ha mitigato il trattamento sanzionatorio e ha confermato nel resto, disponendo altresì, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., “precisarsi il capo di imputazione con indicazione anche di P.M. tra i condòmini da cui gli imputati hanno ricevuto la somma di denaro, e con indicazione del 12/07/2012 quale termine finale di commissione del reato”.
2. Ricorrono per cassazione, con unico atto, V.M. e V.A., deducendo violazione dell’art. 520 cod. proc. pen. con riferimento alla richiamata precisazione operata in dispositivo quanto al tempus commissi delicti.
Si deduce che all’individuazione della nuova data (rispetto a quella del 09/03/2010 indicata nel capo di imputazione) avrebbe dovuto applicarsi la sequenza procedimentale indicata nell’art. 520 cod. proc. pen. (richiesta del P.M.; inserimento della modifica nel verbale; notifica di quest’ultimo agli imputati): in mancanza, la sentenza doveva essere annullata per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
(omissis)
4. In data 08/07/2020, la parte civile P.L. deposita conclusioni scritte e nota spese, ritenendo errate le conclusioni del P.G. quanto all’individuazione del termine prescrizionale (in realtà in scadenza in data 08/08/2020) e aderendo invece alle valutazioni del P.G. quanto all’insussistenza della denunciata violazione dell’art. 520 cod. proc. pen..
In pari data, le ulteriori parti civili R.V., F.L. e D.O. depositano conclusioni e nota spese, esponendo argomentazioni analoghe a quelle della parte civile P.L..
(omissis)
2. Le censure difensive sono infondate.
(omissis)
3. I condivisibili insegnamenti fin qui richiamati devono trovare applicazione nella fattispecie in esame, in cui l’individuazione del tempus commissi delicti alla data del 12/07/2012 – in luogo del riferimento contenuto nell’imputazione, per così dire ‘aperto’ nonostante la natura istantanea del reato, alla “epoca successiva e prossima al 09/03/10” – è stata motivata in termini assolutamente puntuali ed esaustivi dalla Corte territoriale, sulla base delle risultanze acquisite al fascicolo, senza alcun rilievo critico da parte di ricorrenti.
In particolare, la Corte d’Appello ha chiarito (pagg 2-3 della motivazione) come dagli atti fosse emerso che, in data 26/06/2012, venne fissato dall’assemblea del condominio … di Termoli, amministrato dai V.M. e V.A. (titolari della SAV s.n.c.) un termine di quindici giorni, in scadenza quindi in data 11/07/2012, per la restituzione da parte dei ricorrenti delle somme versate dai vari condòmini per l’effettuazione di lavori edili in realtà non eseguiti. La Corte ha anzi sottolineato – con un espresso richiamo a Sez. 2, n. 40870 del 20/06/2017 – che la consumazione del reato contestato ai V.M. e V.A. avrebbe potuto essere individuata in un momento ancora successivo: ovvero in data 31/10/2012, quando fu disposta dal Tribunale la revoca e cessazione dell’incarico di amministrazione condominiale.
In buona sostanza, la Corte d’Appello ha precisato in sentenza il momento consumativo del reato (in termini tra l’altro più favorevoli ai V.M. e V.A., rispetto all’indirizzo giurisprudenziale appena richiamato), e lo ha fatto – a quanto consta: nulla è stato dedotto in ricorso sul punto – in stretta aderenza a risultanze processuali acquisite in termini pacifici e incontroversi: né il richiamo al termine fissato dall’assemblea può ritenersi in alcun modo “dissonante” rispetto all’accusa di indebito incameramento, da parte dei soggetti incaricati dell’amministrazione condominiale, di somme acquisite nel corso dell’incarico al fine di effettuare lavori poi non realizzati.
In ogni caso, come si è poc’anzi accennato, nessun rilievo è stato formulato al riguardo dai ricorrenti, che si sono limitati a dolersi della mancata notifica del verbale e a dedurre in termini del tutto generici la violazione dell’art. 520 cod. proc. pen., senza allegare alcun concreto pregiudizio per i diritti di difesa riconducibile all’indicazione della data del commesso reato, nel dispositivo di sentenza, effettuata con un richiamo(peraltro inusuale e soprattutto ultroneo, alla luce dei precedenti giurisprudenziali sopra ricordati) all’art. 130 cod. proc. pen.: pregiudizio che, alla luce di quanto esposto, deve ritenersi insussistente.
(omissis)
4. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
(omissis)
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute nel grado dalle costituite parti civili P.Luigi, che liquida in complessivi Euro 3.510 oltre spese generali al 15%, CPA e IVA, nonché R.V., F.L. e D.O. che liquida in complessivi Euro 4.200 oltre spese generali al 15%, CP. e IVA.