“È nulla la clausola del regolamento di condominio che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni per chiedere all’autorità giudiziaria l’annullamento delle delibere dell’assemblea, visto che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c.”.
È l’importante principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 19714 del 21 settembre 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 21.9.2020,
n. 19714
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1. M.P. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 21 novembre 2018, n. 5071/2018, resa dalla Corte d’Appello di Milano.
Il Condominio di via …, resiste con controricorso.
2. La Corte d’Appello di Milano, pronunciando sull’appello formulato da M.P., ha confermato la sentenza n. 4641/2017, resa dal Tribunale di Milano, ribadendo che l’attore ed appellante fosse decaduto dal diritto di impugnazione ex art. 1137 c.c. della deliberazione assembleare del Condominio di via …, approvata il 18 novembre 2014, in quanto la citazione notificata il 15 dicembre 2014 non aveva rispettato il termine di decadenza di quindici giorni stabilito dall’art. 25 lettera D del vigente regolamento condominiale contrattuale. Ad avviso della Corte di Milano, la decadenza stabilita dall’art. 1137 c.c. in trenta giorni non è comunque sottratta alla disponibilità delle parti, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2968 c.c., avendo l’assemblea deliberato su diritti di contenuto patrimoniale.
3. Il primo motivo di ricorso di M.P. deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., con sostituzione ex art. 1419, comma 2, c.c., dovendosi intendere l’art. 25, lettera D del regolamento inosservante della inderogabilità dell’art. 1137 c.c..
(omissis)
5. Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato, e l’accoglimento della prima censura comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo, i quali perdono di conseguenza immediata rilevanza decisoria.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, che la sentenza impugnata ha ignorato, il regolamento di condominio, anche se contrattuale, approvato cioè da tutti i condòmini, non può derogare alle disposizioni richiamate dall’art. 1138, comma 4, c.c., né può menomare i diritti che ai condòmini derivano dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni (ad esempio, Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268).
In particolare, l’art. 1138, ultimo comma, c.c., disposizione che regola la materia di causa e della quale la Corte d’appello non ha tenuto conto, contiene, invero, due diverse norme, di cui una generica e l’altra specifica. La prima esclude che i regolamenti condominiali possano menomare i diritti spettanti a ciascun condomino in base agli atti di acquisto o alle convenzioni. La seconda dichiara inderogabili le disposizioni del codice concernenti l’impossibilita di sottrarsi all’onere delle spese, l’indivisibilità delle cose comuni, il potere della maggioranza qualificata di disporre innovazioni, la nomina, la revoca ed i poteri dell’amministratore, la posizione dei condòmini dissenzienti rispetto alle liti, la validità e l’efficacia delle assemblee, l’impugnazione delle relative delibere.
La prima di tali norme riguarda, dunque, i principi relativi alla posizione del condominio rispetto ai diritti dei condòmini sulle parti comuni e sui beni di proprietà individuale e la disciplina di tali diritti, se non è modificabile da un regolamento comune, deliberato a maggioranza, può essere, invece, validamente derogata da un regolamento contrattuale.
La seconda norma, invece, concerne le disposizioni relative alla dinamica dell’amministrazione e della gestione condominiale.
L’inderogabilità di queste ultime disposizioni è assoluta e, pertanto, la relativa disciplina non può subire modifiche neppure in base a regolamenti contrattuali o ad altre convenzioni intercorse fra le parti (cfr. Cass. Sez. 2, 03/08/1966, n. 2155).
Nel valutare la tempestività della impugnazione della deliberazione assembleare del Condominio di via …, approvata il 18 novembre 2014, avendo in particolare M.P. notificato la sua citazione il 15 dicembre 2014, la Corte d’appello di Milano avrebbe perciò dovuto rilevare la nullità della richiamata clausola contenuta nell’art. 25 lettera D del regolamento condominiale contrattuale, che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni, visto che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c. (così Cass. Sez. 2, 06/05/1964, n. 1082). Non ha fondamento la considerazione sulla novità della questione della nullità della clausola regolamentare, in quanto la stessa è rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, e quindi pure in sede di legittimità, purché siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza (cfr. Cass. Sez. U, 12/12/2014, n. 26243).
Deve pertanto enunciarsi il seguente principio: “È nulla la clausola del regolamento di condominio che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni per chiedere all’autorità giudiziaria l’annullamento delle delibere dell’assemblea, visto che l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’art. 1137 c.c.“.
(omissis)
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti due motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.