Anche se il contratto di vendita non specificava che il compratore avesse esigenza di un parcheggio per veicolo di grossa cilindrata, lo spazio consentiva il posteggio solo ad un’utilitaria e la manovra era possibile solo collocando il veicolo con il lato guidatore in aderenza ad un muro, con necessità di scendere e risalire dalla portiera del lato passeggero. La Cassazione ha accolto il ricorso.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 28.9.2020,
n. 20419
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Con atto di citazione dell’11.11.2008, O.M. conveniva in giudizio I.M. s.r.l. [oggi I.M. s.p.a.], esponendo che con atto di compravendita del 20.2.1999 aveva acquistato un appartamento sito in …, in Via Privata …; che in tale atto la società venditrice aveva costituito a favore dell’attrice il diritto esclusivo di parcheggio all’interno della predetta Via Privata …, di proprietà della stessa convenuta, e che al riguardo all’art. 1 del contratto era precisato che detto posto auto avrebbe avuto: “una lunghezza non superiore a metri 4,5 e una larghezza non superiore a metri 2”; che invece il parcheggio assegnatole dalla società convenuta presentava la lunghezza di circa metri 3,90, quindi insufficiente a garantire un agevole posteggio, anche perché detto posto auto era stato individuato a lato del muro di contenimento, cosicché, attesa la conformazione dei luoghi, era possibile la manovra di parcheggio solo collocando il veicolo con il lato guidatore a ridosso del muro, con la necessità di scendere e risalire sull’auto dalla portiera anteriore del lato passeggero.
Ciò premesso, l’attrice chiedeva che la convenuta provvedesse all’assegnazione in suo favore di un posto auto che fosse nelle vicinanze dell’atrio d’ingresso, avesse un’estensione di metri 4,5×2 metri e consentisse la discesa e l’accesso al posto guida dalla portiera del conducente.
Si costituiva in giudizio I.M. s.r.l. chiedendo il rigetto delle domande in quanto infondate.
Con sentenza n. 4090/2010 del 9.11.2010, il Tribunale di Genova rigettava le domande attoree, argomentando che il posto auto usato dalla O.M. sarebbe stato idoneo e comunque conforme alle obbligazioni contrattuali assunte con il già citato atto di compravendita.
Contro tale sentenza proponeva appello la O.M., lamentando il travisamento dei fatti costitutivi della domanda e l’erronea interpretazione del contratto di compravendita, con conseguente incongruità della motivazione.
Si costituiva in giudizio I.M. s.r.l. chiedendo che l’appello fosse dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c. e che il gravame fosse rigettato nel merito.
Con sentenza n. 1/2015, depositata in data 2.1.2015, la Corte d’Appello di Genova rigettava il gravame. In particolare, la Corte territoriale riteneva che, dall’esame del contratto di compravendita, valutato nel suo complesso nonché nella specificità della clausola di cui all’art. 1, si evinceva che fosse stata indicata la sola lunghezza massima del posto auto, così evidentemente riservandosi la I.M. s.r.l. la possibilità di un margine apprezzabile di determinazione delle esatte dimensioni del posteggio all’atto dell’assegnazione. Né risultava specificato nel contratto che la O.M. avesse esigenza di avere un parcheggio idoneo a un’autovettura di grossa cilindrata.
Pertanto, doveva ritenersi che il parcheggio presentasse le necessarie caratteristiche del bene e rispettasse i criteri di specifica funzionalità, in quanto consentiva comunque di parcheggiare quantomeno una utilitaria. Inoltre si rilevava che la previsione della possibilità di accedere dal lato guidatore all’auto non fosse inclusa nel contratto di acquisto.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione O.M. sulla base di due motivi, illustrati da memoria; resiste la società I.M. con controricorso.
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la «Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360, nn. 3 e 5 c.p.c.», in quanto la Corte distrettuale non avrebbe fatto corretta applicazione dei criteri ermeneutici e più in generale di quelli relativi all’interpretazione dei contratti. La ricorrente sottolinea che, nella ricerca della comune intenzione delle parti contraenti al momento della conclusione del contratto, il principale strumento dell’operazione interpretativa è costituito dalle parole e dalle espressioni del contratto. Peraltro nella clausola contrattuale in oggetto si fa espresso riferimento al “diritto di parcheggio per una autovettura lungo il lato della strada stessa adiacente la casa”. Invece, risulterebbe pacifico come il posto auto assegnatole non sia ubicato sul lato adiacente alla casa, ma sul lato opposto.
1.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la «Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366, 2730 ss. c.c. e 116 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.», in quanto la sentenza impugnata non avrebbe fornito una corretta interpretazione della clausola di cui all’art. 1 del contratto di compravendita, alla luce delle ammissioni in causa e del comportamento, dopo la conclusione del contratto, della controparte e in sede di interrogatorio del legale rappresentante, che aveva riconosciuto espressamente di non aver fornito alla O.M. il diritto di parcheggio lungo il lato della strada adiacente la casa, nelle vicinanze dell’atrio d’ingresso, giacché erano stati i condòmini a spartirsi i posti. Pertanto, le difese avversarie e le dichiarazioni confessorie evidenzierebbero l’inadempimento della resistente rispetto all’obbligo di costituire il diritto di parcheggio previsto all’art. 1 del citato contratto di compravendita.
2. In considerazione della loro connessione logico giuridica, i due motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente.
(omissis)
3.1. La clausola di cui all’art. 1 del contratto di compravendita inter partes prevedeva testualmente che la società I.M. s.r.l. costituiva a favore dell’appartamento acquistato dalla attrice un «diritto esclusivo di parcheggio per una autovettura sul margine laterale della strada privata di accesso al complesso immobiliare di cui l’appartamento predetto è parte, ed in particolare lungo il lato della strada stessa adiacente la casa, nelle vicinanze dell’atrio di ingresso, per una lunghezza non superiore a metri quattro virgola cinque e una larghezza non superiore a metri due» (ricorso, pag. 2).
La Corte di merito – richiamato e fatto proprio il principio di legittimità secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, il giudice di merito, nel rispetto degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, deve preliminarmente procedere all’interpretazione letterale dell’atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonché delle une per mezzo delle altre, dando contezza in motivazione del risultato di tale indagine. Solo qualora dimostri, con argomentazioni convincenti, l’impossibilità (e non la mera difficoltà) di conoscere la comune intenzione delle parti attraverso l’interpretazione letterale, potrà utilizzare i criteri sussidiari di interpretazione, in particolare il comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto ed il principio di conservazione (Cass. n. 9786 del 2010; conf. Cass. n. 5595 del 2014) – ha osservato che dall’esame del contratto, valutato nel suo complesso e nella specificità della clausola in esame, risultava riservata alla società convenuta la possibilità di un margine apprezzabile di determinazione delle esatte dimensioni del posteggio all’atto della assegnazione, pur nel rispetto dei requisiti di funzionalità del bene, in quanto data la lunghezza [e la larghezza] attuale del posto auto (circa 3,80 x 2,90 mt.) il parcheggio in esame presentava le necessarie caratteristiche del bene, stante la possibilità di parcheggiare quantomeno una utilitaria, e non risultando che l’attrice fosse proprietaria di un’auto di dimensioni tali da non potere di fatto usufruire del parcheggio; così escludendosi l’inadempimento da parte della società venditrice. Inoltre, la Corte distrettuale [peraltro erroneamente asserendo non esser stata più contestata dall’appellante e pertanto coperta dal giudicato la ubicazione del posto auto nei pressi dell’atrio d’ingresso: sentenza impugnata, pag. 5], riguardo alla posizione dell’auto in aderenza al muro di contenimento, ha rilevato che la previsione della possibilità di accedere dal lato del guidatore al veicolo non fosse inclusa nel contratto di acquisto, e che l’interpretazione del contratto secondo buona fede implicava nello specifico l’analisi della età della acquirente al momento della stipula del contratto, che non poteva all’epoca (1999), definirsi anziana (sentenza impugnata, pagg. 6-7).
(omissis)
3.3. Ma va rilevato altresì che, sempre in tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, dell’interpretazione funzionale, che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto ed allo scopo pratico perseguito dalle parti, oltre che alla interpretazione secondo buona fede, che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (omissis).
Orbene, non solo (e non tanto) l’ambigua interpretazione desunta dall’esame del dato letterale dell’atto, in ordine alle dimensioni dell’autovettura della attrice, quanto (e piuttosto) le considerazioni svolte dalla Corte di merito, a sostegno della mancata ubicazione del posto auto nei pressi dell’atrio di ingresso, nonché della posizione del posto auto in aderenza al muro di contenimento, della possibilità di accedere alla vettura solo dal lato del passeggero e dell’età della attrice al momento della stipula del contratto (in considerazione altresì della mancanza di elementi descrittivi della configurazione dei luoghi) costituiscono, rispetto alla fattispecie, approdi ermeneutici che vanno considerati inidonei, appunto, a riconoscere un inequivoco e logico criterio funzionale sotteso alla conclusa negoziazione in esame.
4. Il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.