Per decidere a chi competano – tra venditore ed acquirente dell’unità immobiliare in condominio – le spese per i lavori in condominio, secondo i disposti precedenti all’entrata in vigore della legge 220/2012, occorre prendere in considerazione anche la distinzione tra manutenzione ordinaria e opere straordinarie. È quanto precisato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 21860 del 9 ottobre 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 9.10.2020,
n. 21860
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C.G. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. …, che aveva rigettato l’appello formulato in via principale dal C.G. nei confronti del Condominio …, contro la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Genova n. ….
Il Condominio … ha notificato controricorso contenente altresì ricorso incidentale in unico motivo, inerente al rigetto dell’appello incidentale.
C.G. ha notificato controricorso per resistere al ricorso incidentale.
C.G. propose opposizione al decreto ingiuntivo n. … intimatogli dal Condominio … per l’importo di euro 5.214,53, oltre interessi. L’ingiunzione era fondata sui contributi condominiali dovuti dalla ex condomina S.I. s.a.s., in particolare euro 1.952,75 per spese di gestione ordinaria ed euro 4.810,97 per lavori straordinari, avendo poi C.G. acquistato l’immobile in forza di decreto di trasferimento del Tribunale di Genova del 23 novembre 2004.
Avendo l’opponente dedotto che le spese azionate nei suoi confronti in sede monitoria attenevano per le quote ordinarie ad esercizi anteriori al 2003 e per le quote di manutenzione straordinaria a delibere parimenti anteriori al 2003, il Tribunale di Genova, pur dando atto dell’avvenuto pagamento della somma intimata, affermò che C.G. fosse debitore verso il Condominio, dovendosi a tal fine aver riguardo “al momento in cui i lavori sono stati concretamente posti in essere”. Con analoga motivazione, la Corte d’appello respinse il gravame avanzato in via principale da C.G., dovendosi considerare, “ai fini della ricomprensione delle spese a carico dell’acquirente, nel biennio di cui all’art. 63 disp. att. c.c.”, che “i costi definitivi delle attività prodromiche che si determinano e si sommano ai costi complessivi delle opere, rispetto ai quali assumerebbero autonoma consistenza soltanto nella residuale ipotesi di successiva decisione di non procedere ai lavori cui afferiscono”.
(omissis)
I.1. Il primo ed il terzo motivo di ricorso, giacché connessi, possono essere trattati congiuntamente, e risultano fondati, con conseguente assorbimento del secondo e del quarto motivo di ricorso.
La sentenza della Corte d’appello di Genova denota un palese vizio di omessa pronuncia, avendo respinto l’impugnazione di C.G. senza far riferimento ad uno dei motivi di gravame relativi al petitum principale, né comunque contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione adottata.
La Corte di Genova non risulta, invero, aver proprio tenuto in considerazione l’ormai del tutto consolidato orientamento di questa Corte a proposito della questione di diritto da decidere.
Trova applicazione ratione temporis, attesa l’epoca di insorgenza dell’obbligo di spesa per cui è causa, l’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220.
In forza di tale norma, chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.
Occorre a tal fine distinguere tra spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune, ovvero ad impedire o riparare un deterioramento, e spese attinenti a lavori che consistano in un’innovazione o che comunque comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio e cagionate da un evento non evitabile con quest’ultima.
Nella prima ipotesi, l’obbligazione si ritiene sorta non appena si compia l’intervento ritenuto necessario dall’amministratore, e quindi in coincidenza con il compimento effettivo dell’attività gestionale.
Nel caso, invece, delle opere di manutenzione straordinaria e delle innovazioni, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.
Da ciò si fa derivare che, verificandosi l’alienazione di una porzione esclusiva posta nel condominio in seguito all’adozione di una delibera assembleare, antecedente alla stipula dell’atto traslativo, volta all’esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione, ove non sia diversamente convenuto nei rapporti interni tra venditore e compratore, i relativi costi devono essere sopportati dal primo, anche se poi i lavori siano stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva, con conseguente diritto dell’acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c. (omissis). Tale momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro.
L’obbligo del cessionario nei confronti del condominio si configura in capo a chiunque, sia pure, come nel caso in esame, in dipendenza di aggiudicazione forzata, succeda nella proprietà dell’immobile condominiale, non trovando applicazione il disposto dell’art. 2919 c.c. (omissis).
L’art. 63, comma 2, disp. att. c.c. (applicabile ratione temporis, poi art. 63, comma 4, disp. att. c.c. dopo l’entrata in vigore della legge n. 220/2012) delinea, quindi, un’obbligazione solidale, ma autonoma, in quanto non propter rem, e, piuttosto, costituita ex novo dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria dell’organizzazione condominiale. È poi il condominio, il quale, come nel caso in esame, invochi in giudizio la responsabilità solidale dell’acquirente di un’unità immobiliare per contributi relativi alla conservazione o al godimento delle parti comuni, ad essere gravato della prova dei fatti costitutivi del proprio credito, fra i quali è certamente compresa l’inerenza della spesa all’anno in corso o a quello precedente al subentro dell’acquirente (omissis).
Né rileva, in senso contrario, che la vendita sia avvenuta prima dell’approvazione di tutti gli stati di ripartizione dei lavori, ovvero prima che il condomino che aveva approvato la suddetta delibera abbia assolto integralmente ai propri oneri verso il condominio, ovvero quando, come opinato dalla Corte d’appello di Genova, debbano ancora determinarsi i “costi complessivi delle opere”, trattandosi di circostanze semmai ostative unicamente all’emissione, nei confronti dell’alienante – che non è più condomino – di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c., ma non estintive del debito originario del cedente, né autonomamente costitutive dell’obbligo solidale di chi subentri nei diritti di condominio trascorso il biennio contemplato dalla legge.
(omissis)
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il secondo ed il quarto motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.