Vicenda paradossale. Malgrado con una sentenza, passata in giudicato, sia già stato escluso che il condominio dovesse corrispondere al Comune di Roma il Cosap per griglie e intercapedini realizzate su un’area fin dall’inizio destinata ad utilizzazione privata, Roma Capitale insiste nel pretendere annualmente il tributo. E perde di nuovo la controversia legale.
Di seguito un estratto dell’ordinanza 21654/2020 di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 8.10.2020,
n. 21654
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Roma Capitale impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte di Appello di Roma rigettandone il gravame, ha confermato l’annullamento dell’avviso di pagamento emesso a fronte della mancata corresponsione del Cosap dovuto dal Condominio … in relazione alle griglie e alle intercapedini poste lungo il perimetro del fabbricato e ne chiede la cassazione sulla base dì un unico motivo di ricorso, cui replica l’intimato con controricorso eccependo fra le altre l’intervenuto giudicato esterno fra le parti illustrato da memoria.
Con l’unico motivo il Comune deduce la violazione dell’art 63 del d. lgs nr. 446/1997 in combinato disposto con l’art 1 del Regolamento del Comune istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche nonché della legge nr. 2248 del 20.3.1865 in relazione all’art. 360,comma i, nr. 3 c.p.c..
Sostiene che, diversamente da quanto affermato dalla CTR, il canone, ai sensi dell’art. 63 richiamato in rubricata, è dovuto a seguito delle “occupazioni di qualsiasi natura” di spazi ed aree anche del sottosuolo, del demanio o del patrimonio indisponibile dei comuni e delle province.
Osserva inoltre che il Regolamento comunale all’art. 16 dispone che il canone è dovuto dal titolare della concessione per tale dovendosi intendere anche colui che utilizzi di fatto, in modo particolare o speciale, un bene pubblico, o adibito all’uso pubblico, sulla base di un provvedimento di concessione fittiziamente ritenuto sussistente.
(omissis)
Il motivo è infondato.
Occorre in primo luogo dare atto che secondo parte della giurisprudenza di questa Corte il COSAP “… risulta configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici. Esso, pertanto, è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo” (omissis).
In altre occasioni si è, al contrario, ritenuto che “… l’obbligo del pagamento del prezzo del canone COSAP da parte del privato trova la sua fonte nel provvedimento autorizzativo” (Cass. Sez.3, Ordinanza n. 3710 del 08/02/201, in motivazione, pag.11).
E la stessa Ordinanza n. 1435/2018, poc’anzi richiamata, afferma nella motivazione che il COSAP non sarebbe dovuto in presenza di prova “… che lo spazio utilizzato con le griglie e le intercapedini fosse inglobato nella limitrofa opera privata, sì da perdere irreversibilmente la qualità di parte del tessuto viario pubblico” (cfr. pag.5). Situazione di fatto, quest’ultima, che già in passato aveva condotto questo consesso ad escludere la debenza della TOSAP – tributo poi sostituito dal COSAP – in relazione alle aree ab origine destinate ad un’utilizzazione privata regolarmente assentita dal titolo in base al quale l’edificio fu a suo tempo realizzato (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3363 del 07/03/2002).
(omissis)
Ciò premesso, va tuttavia evidenziato che nel caso di specie il Condominio controricorrente ha depositato, in uno alla memoria ex art. 378 c.p.c., copia della sentenza del Tribunale di Roma n. 12947/2017, resa in data 26.6.2017 in altro giudizio tra le medesime parti, avente ad oggetto una annualità diversa di COSAP per le medesime griglie oggetto della presente causa, munita del timbro attestante la mancata proposizione di appello apposto in data 16.2.2018 nonché copia della decisione 28148/2019 della Suprema Corte.
In base a tali pronunce, il Condominio ha sollevato eccezione di giudicato esterno in relazione all’accertamento di non debenza del canone per l’occupazione del suolo.
Al riguardo, va evidenziato che la sentenza del Tribunale di Roma dà atto che “In ordine alla sollevata eccezione di giudicato, con produzione di numerosissime sentenze rese da questo Tribunale, pacificamente non impugnate … con cui è stata accolta la domanda di annullamento delle richieste di pagamento del Cosap per le griglie e le intercapedini condominiali relativo ad anni precedenti, si ritiene che la stessa sia fondata … Ne discende, nella specie, l’accertamento definitivo, contenuto nelle sentenze citate, della mancanza, in capo al Comune di Roma, del presupposto per ottenere il pagamento del canone di occupazione per la griglie e le intercapedini del Condominio … relativo ad annualità diverse, in assenza di elementi di novità attinenti al 2010 (assenza originaria del presupposto impositivo, trattandosi di manufatti realizzati quando l’area era ancora privata e senza una concessione all’uso particolare di un bene pubblico) preclude il riesame della stessa questione” (cfr. pagg. 2 e s. della sentenza n. 12947/2017 citata).
Preclusione che è stata correttamente rilevata anche da questa Corte con sentenza nr. 2019/ 28148.
In essa si è richiamato il principio secondo cui “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo”(Cass. Sez. U., Sentenza n. 13916 del 16/06/2006). Detto principio è stato dalle Sezioni Unite ritenuto, da un lato, espressamente applicabile anche ai rapporti di durata, e, dall’altro lato, coerente con il concorrente principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, valido in materia tributaria, sul presupposto che l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (quali, ad esempio, la capacità contributiva o le spese deducibili) e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche tese all’applicazione di una specifica disciplina), hanno carattere tendenzialmente permanente.
In tale ultima decisione si è già considerato che in relazione all’anno solare 2010 la decisione del Tribunale di Roma n. 12947/2017, passata in giudicato, ha definitivamente accertato “… la mancanza, in capo al Comune di Roma, del presupposto per ottenere il pagamento del canone di occupazione per la griglie e le intercapedini del Condominio … relativo ad annualità diverse, in mancanza di elementi di novità attinenti al 2010 (assenza originaria del presupposto impositivo, trattandosi di manufatti realizzati quando l’area era ancora privata e senza una concessione all’uso particolare di un bene pubblico)” e tenuto conto del principio tendenziale di stabilità, nei rapporti di durata, degli accertamenti compiuti in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune a più cause, posto dalle Sezioni Unite con le sopra richiamate sentenze n. 13916 del 16/06/2006 e n. 14294 del 20/06/2007 concludendo che il giudicato esterno che si era formato in relazione alla non debenza del COSAP per le griglie ed intercapedini di cui è causa, da parte del Condominio …, valesse anche per annualità diverse dal 2010.
Il giudicato esterno nei termini sopra esposti dalla Corte non può che portare al rigetto del ricorso sia pure in base ad una motivazione parzialmente difforme rispetto a quella contenuta nella decisione impugnata.
(omissis)
la Corte rigetta il ricorso; condanna il Comune a rifondere le spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 1000.