[A cura di: Lucia Rizzi – presidente nazionale Anapic] Mentre i contagi risalgono per la seconda volta è necessario richiamare l’attenzione sul condominio, che il legislatore tende a trascurare benché esso sia un operatore economico essenziale e, anzi, decisivo per il rilancio dell’economia con particolare riguardo al superbonus. Il superbonus può costituire un volano per l’attività edilizia ed è uno dei fattori che possono aiutare la “svolta verde” dell’economia. Ma è anche vero che a decidere se eseguire o meno i lavori che potranno rientrare nel superbonus, e soprattutto quali di essi, saranno i condòmini. E per decidere è necessario che si svolgano le assemblee condominiali, che spesso per grandi stabili sono un’occasione di assembramento, che è quanto mai pericoloso in tempi di pandemia.
Purtroppo dobbiamo constatare che rispetto alla precedente fase nulla è mutato e, giuridicamente, siamo rimasti “congelati” riguardo il tema delle assemblee da remoto, in presenza, o miste.
Giova ricordare che secondo un autorevole parere della Cassazione le assemblee da remoto sono possibili ed efficaci soltanto se previste dal Regolamento condominiale. È evidente che questo è un caso più unico che raro. D’altra parte, uno Stato non si digitalizza dall’oggi al domani e non sembra credibile che, in tempi brevi, interi paesi o città raggiungano un grado di connessione così diffuso e sufficiente da assicurare lo svolgimento delle assemblee digitali.
Infine – e a maggior ragione – se sono o saranno vietate feste private, raduni, ricevimenti ecc, è naturale che, per estensione saranno vietate le riunioni di condominio (specie al chiuso) anche se non hanno nulla di festoso.
In questo quadro la semplice proroga del superbonus, benché positiva, non appare sufficiente: si limiterà a posticipare il problema senza risolverlo, in attesa che la pandemia passi. Nessun amministratore, o pochissimi, si assumerà la responsabilità o il rischio di indire un’assemblea condominiale con il rischio di scatenare focolai. E, in assenza di altri interventi, scaduta la proroga, si rischia di ritrovarsi ancora al punto di partenza, o quasi.
A mio parere – e partendo dal presupposto che la pandemia durerà, ma che non ci sarà una apprezzabile digitalizzazione del paese in tempi adeguati – sono quindi opportuni due interventi:
In primo luogo sarà necessario fornire all’amministratore una “copertura” per la responsabilità da mancato svolgimento dell’assemblea. In realtà una situazione che potrebbe verificarsi concretamente: infatti, un condomino potrebbe sfiduciare l’amministratore proprio perché non ha tenuto l’assemblea; a sua volta, però, questi potrebbe resistere invocando la causa di forza maggiore, cioè la pandemia. Così la vertenza finirebbe in Tribunale che, chissà quando, deciderà chi ha torto e chi ha ragione. Insomma, uno spreco di tempo e denaro.
In secondo luogo potrebbe essere opportuno consentire lo svolgimento dell’assemblea con modalità alternative alla presenza, o concorrenti con essa, ma non telematiche, visto che nella stragrande maggioranza dei casi l’assemblea digitale non è possibile dal un punto di vista pratico prima ancora che giuridico. Questa soluzione potrebbe sembrare un azzardo, ma giova ricordare che nel nostro ordinamento è possibile escutere i testimoni per iscritto (257 bis cpc). Allora, per quale ragione se la domanda è ben formulata e per iscritto non si può esprimere il proprio assenso o dissenso a una delibera condominiale?
Ovviamente siamo nel campo “de iure condendo” e sono possibili altre soluzioni. Ci si può pensare e se ne può discutere. Quello che, francamente, appare inopportuno, è non fare niente.