In una controversia relativa ad una canna fumaria, La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 23316 del 23 ottobre 2020, di cui riportiamo un estratto, ribadisce che, in assenza di titolo contrario, a determinare se un bene sia condominiale o privato è la relazione di accessorietà funzionale dell’immobile rispetto all’intero edificio e non l’eventuale utilità particolare di cui beneficiano alcuni dei condòmini.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 23.10.2020,
n. 23316
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Con citazione notificata in data 26.11.2002, A.N. e A.A., proprietari dell’immobile sito al primo piano del Condominio …, hanno convenuto in giudizio A.P. e C.P., proprietarie dell’immobile confinante, lamentando che le convenute avevano praticato un’apertura sul muro perimetrale in titolarità esclusiva degli attori, apponendovi illegittimamente una canna fumaria e una bocchetta di sfiato.
Hanno chiesto di disporre la chiusura del varco e l’eliminazione delle opere abusive o, in via subordinata, di dichiarare l’usucapione del cortiletto antistante la loro proprietà (delimitato dal muro su cui era stata realizzata l’apertura), con vittoria di spese processuali.
Le convenute hanno resistito alla domanda, instando in via riconvenzionale per far accertare la loro piena proprietà sul cortile controverso, anche a titolo di usucapione.
Esaurita la trattazione, il tribunale di Savona ha accolto la domanda principale, respingendo le riconvenzionali e regolando le spese.
Su appello di (altri), eredi legittimi di A.P., deceduta in corso di causa, la Corte genovese ha parzialmente riformato la decisione.
Secondo il giudice d’appello, né il titolo di acquisto degli attori (rogito del 17.5.1972), né l’atto di acquisto del dante causa delle convenute (rogito del 22.1.1975) attribuivano la proprietà esclusiva del cortile interno ad alcuna delle parti ed anzi detto cortile, essendo destinato a dare luce ed aria all’intero edificio, ricadeva nella presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c.c., benché l’accesso fosse possibile solo dall’unità abitativa degli A.N.-A.A.. Pertanto, le convenute, nel realizzare le opere in aggetto e l’apertura sul muro perimetrale, avevano utilizzato in modo più intenso il cortile comune, senza pregiudicare il pari uso degli altri comproprietari ai sensi dell’art. 1102 c.c..
La cassazione della sentenza è chiesta da A.N. e A.A., con ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria.
C.P. (e altri) hanno depositato controricorso.
(omissis)
RAGIONI DELLA DECISIONE
(omissis)
La censura è inammissibile per difetto di pertinenza.
La Corte distrettuale ha espressamente riconosciuto che era possibile accedere al cortile solo dalla proprietà esclusiva dei ricorrenti, ma ha ugualmente ritenuto che detto cortile ricadesse nella presunzione di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c. in mancanza di un titolo contrario, poiché il bene era destinato a dare luce ed aria allo stabile comune (cfr. sentenza, pag. 6).
Come già affermato da questa Corte, era – a tal fine – decisiva la relazione di accessorietà funzionale dell’immobile rispetto all’intero edificio e non il fatto che al cortile si accedesse solo dalla proprietà esclusiva dei ricorrenti (o che non fosse stato mai utilizzata dalle convenute la porta di accesso situata nella proprietà A.A.-A.N.), poiché l’utilità particolare di cui beneficiavano i ricorrenti non poteva incidere sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all’edificio, come individuato in sentenza (omissis).
Il motivo, che si basa sull’asserita appartenenza esclusiva del cortile, è inammissibile, essendo, per quanto detto, incensurabile la pronuncia impugnata nel punto in cui ha riconosciuto la natura condominiale del cortile.
Il ricorso è respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.
(omissis)
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad euro 200 per esborsi ed euro 4000 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.