Il contratto preliminare per la compravendita di un appartamento deve essere completo di prezzo di acconto e sottoscritto da entrambe le parti. In caso contrario l’acquirente non può chiederne la nullità per omessa fideiussione da parte del venditore, e nemmeno pretendere la restituzione delle somme versate.
È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 17932/2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 27.8.2020,
n. 17932
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M.B. e F.T. hanno adito il tribunale di Treviso con ricorso ex art. 702 bis e ss., c.p.c., esponendo di aver stipulato in data 9.8.2008 con la Impresa edile M. s.n.c., un preliminare di vendita di un immobile da costruire, versando un acconto sul prezzo di euro 20.000.
Hanno chiesto di dichiarare la nullità del contratto per violazione dell’art. 2, D. Lgs. 122/2005, assumendo che la società non aveva prestato la dovuta fideiussione, o, comunque, di pronunciare la risoluzione per inadempimento, con diritto alla restituzione delle somme corrisposte alla controparte.
Hanno dedotto che le parti avevano sottoscritto, in pari data, due diverse scritture, la prima delle quali recava la sottoscrizione di entrambe le parti, senza specificare il prezzo, e la seconda che indicava il prezzo ma non recava le firme dei contraenti; che il promittente venditore si era rifiutato di consegnare l’originale del contratto.
Si è costituita l’Impresa edile M. s.n.c., chiedendo il rigetto della domanda principale ed instando, in via riconvenzionale, per il pagamento di euro 22.000, quale saldo del corrispettivo della progettazione e dell’esecuzione di lavori commissionati a terzi.
Il Tribunale di Treviso – con ordinanza del 7.7.2010 – ha dichiarato la nullità del contratto per violazione dell’art. 2, D.Lgs. 122/2005, ordinando la restituzione delle somme versate a titolo di corrispettivo.
La pronuncia è stata confermata, con diversa motivazione, in appello.
La Corte di Venezia ha ritenuto che il contratto non si fosse perfezionato per iscritto, osservando che:
– l’identità di contenuto, forma, data, calligrafia usata per completare i due documenti prodotti in giudizio non era sufficiente a dimostrare che fossero copie di un unico contratto originale, completo in tutti gli elementi essenziali, e che competeva agli appellati dimostrare che l’originale fosse in possesso della promittente venditrice e che costei ne avesse rilasciato solo due copie incomplete o, infine, che il documento fosse stato smarrito senza colpa del contraente;
– la fattura n. 6/2009 emessa dall’impresa otto mesi dopo la presunta stipula e recante la causale “primo acconto per la vendita dell’appartamento n. 3” non provava l’avvenuto perfezionamento del contratto, potendo riguardare un pagamento effettuato nelle fasi delle trattative, e che, inoltre, trattandosi di documento proveniente da una sola delle parti, non era idoneo a sopperire alla mancanza della prova scritta.
Ha respinto la domanda di restituzione di euro 20.000, per carenza di prova della causale del pagamento la pretesa, rilevando che comunque gli appellati non avevano proposto una specifica domanda subordinata, in aggiunta o in alternativa a quella di nullità e di risoluzione.
Per la cassazione di questa sentenza M.B. e F.T. hanno proposto ricorso sviluppato in un unico motivo, illustrato con memoria.
L’Impresa edile M. s.n.c. è rimasta intimata.
Secondo i ricorrenti, non era decisivo che la scrittura non indicasse il corrispettivo della vendita, poiché tale elemento era contenuto nella seconda scrittura, che, sebbene non sottoscritta, doveva ritenersi integrativa del primo documento per identità di contenuto, dei caratteri grafici, della data e delle modalità di redazione, nonché per il fatto che il relativo contenuto era stato riprodotto nella fattura attestante il versamento di euro 20.000 a titolo di pagamento del prezzo della vendita dell’appartamento n. 3.
La Corte avrebbe dovuto inoltre considerare che il requisito della contestualità delle dichiarazioni nei negozi formali è soddisfatto anche quando il contratto risulti da scritture distinte, ma collegate tra loro, in modo da formare un unico documento.
Il motivo è infondato.
La declaratoria di nullità del contratto per difetto di forma – pronunciata dalla Corte distrettuale – riposa anzitutto sul ravvisato difetto di prova che le due scritture (di cui l’una sottoscritta dalle parti ma carente dell’indicazione del prezzo e l’altra recante siffatta indicazione ma priva delle firme), presupponessero l’esistenza di un originale completo in tutti i suoi elementi essenziali, smarrito senza colpa o di cui la promittente venditrice fosse in possesso, rifiutandosi di rilasciarne copia alla controparte.
La sentenza ha inoltre, del tutto correttamente, escluso che la fattura, pur attestando il pagamento di euro 20.000, con la causale “primo acconto della vendita dell’appartamento n. 3”, potesse sopperire alla prova scritta del contratto, trattandosi di atto proveniente dal solo venditore, formato nella la fase attuativa del rapporto e non in quella genetica.
Va in ogni caso considerato che, per aversi un valido incontro di volontà ai fini del perfezionamento dei contratti a forma vincolata, occorre che il consenso, anche se non contestuale, risulti da uno o più documenti sottoscritti, diretti alla controparte e contenenti la volontà di obbligarsi (salva la possibilità che la parte che non abbia firmato, sopperisca alla mancata sottoscrizione mediante la produzione in giudizio dell’atto, invocandone gli effetti vincolanti: Cass. 1525/2018; Cass. 2826/2000; Cass. 1305/1970).
È senz’altro ammissibile che la contestualità delle dichiarazioni di volontà risulti da atti separati, ma anche a tal fine occorre che su ciascun documento sia apposta almeno una sottoscrizione, trattandosi di elemento indispensabile di riferibilità dell’atto oltre che ai fini del rispetto del requisito di forma (Cass. 12411/1991; Cass. 4856/1995) e sempre che risulti il collegamento inscindibile tra questi ultimi, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo (Cass. 5916/2016; Cass. 25631/2017).
Per contro, nel caso in esame, non si era in presenza di uno scambio di documenti separatamente firmati dalle parti, ma di due diverse scritture, di cui una sola sottoscritta ma priva dell’indicazione del prezzo (e quindi nulla per mancanza di un elemento essenziale), e la seconda, completa nei contenuti negoziali, ma non sottoscritta da alcuna delle parti.
In tale situazione, nessun collegamento poteva desumersi dall’identità dei restanti contenuti contrattuali, dalla forma, dalla data e dal tratto grafico, poiché le due scritture non avevano il medesimo contenuto (mancando, in una di esse, l’indicazione del prezzo), ed inoltre le sottoscrizioni di entrambi i contraenti erano state apposte solo sul documento incompleto.
Era perciò necessario che i ricorrenti dessero prova di aver smarrito il contratto senza colpa ai sensi dell’art. 2724, n. 3 c.c., restando irrilevanti la fattura commerciale, emessa e sottoscritta dal venditore (Cass. 2099/1998), le mere condotte attuative dell’accordo non ritualmente formalizzato o eventuali ammissioni in giudizio (Cass. 26174/2009; Cass. 1452/2019).
Il ricorso è quindi respinto.
Nulla sulle spese, non avendo la resistente svolto difese.
(omissis)
rigetta il ricorso.