[A cura di: avv. Andrea Marostica – www.avvocatoandreamarostica.it]La Legge 13 ottobre 2020, n. 126 ha convertito in legge, con modificazioni, il Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104. Tra le varie modificazioni, all’art. 63 del DL è stato aggiunto il co. 1 bis, che prevede l’introduzione di alcune novità nell’art. 66 disp. att. c.c. in tema di convocazione dell’assemblea condominiale.
La prima novità riguarda il co. 3 dell’art. 66 cit., disposizione deputata a disciplinare il contenuto e le modalità di comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea. La disciplina precedente è stata mantenuta: è infatti ancora previsto che l’avviso debba contenere la specifica indicazione dell’ordine del giorno e l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione e che debba essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano. L’elemento innovativo consiste nell’aggiunta dell’inciso secondo il quale l’avviso di convocazione, se l’assemblea è prevista in modalità di videoconferenza, deve contenere l’indicazione della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa.
La seconda novità riguardava il co. 6, introdotto ex novo, secondo il quale, anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condòmini, la partecipazione all’assemblea potesse avvenire in modalità di videoconferenza.
Successivamente, la conversione in legge del Dl 125/2020, ottenuta con il via libera definitivo dato dalla Camera il 25 novembre, ha modificato tale previsione, abbassando dall’unanimità alla maggioranza dei condòmini (teste) il quorum necessario per dare il via libera all’assemblea condominiale da remoto.
Il DPCM del 3 novembre 2020 all’art. 1, “Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”, co. 9, lett. o), dopo avere stabilito che nell’ambito delle pubbliche amministrazioni le riunioni si svolgono in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni, recita: “è fortemente raccomandato svolgere anche le riunioni private in modalità a distanza“.
Sul sito internet del Governo, a seguito dell’adozione del DPCM del 3 novembre 2020, sono state pubblicate alcune indicazioni con titolo “Domande frequenti sulle misure adottate dal Governo”, le c.d. FAQ (Frequently Asked Questions).
Tra queste, alla voce “Eventi, cerimonie, riunioni”, figura la fatidica domanda: è consentito svolgere assemblee condominiali in presenza? Questa la risposta: “Sì. È fortemente consigliato svolgere la riunione dell’assemblea in modalità a distanza. Laddove ciò non sia possibile, per lo svolgimento in presenza occorre rispettare le disposizioni in materia di distanziamento sociale e uso dei dispositivi di protezione individuale”. Tale risposta vale per tutte le zone: rosse, arancioni, gialle.
Esaminati nello specifico i provvedimenti normativi che hanno disciplinato la materia, si riassume ora brevemente il quadro che ne risulta.
È stata introdotta la possibilità di svolgere le assemblee condominiali con modalità di videoconferenza. Tale possibilità è subordinata alla verifica di alcuni requisiti ed al rispetto di alcuni adempimenti. Quanto ai requisiti, è necessario che il regolamento di condominio espressamente contempli la modalità di svolgimento della riunione in videoconferenza; in alternativa, è necessario che la maggioranza dei condòmini (teste) dia previamente il consenso alla celebrazione dell’assemblea con questa modalità. Quanto agli adempimenti, è stabilito che l’avviso di convocazione dell’assemblea contenga l’indicazione della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e l’ora della stessa; è inoltre stabilito che il verbale debba essere firmato da segretario e presidente e trasmesso all’amministratore.
È stato fortemente raccomandato di svolgere le assemblee condominiali a distanza; se ciò non è possibile, lo svolgimento dell’assemblea in presenza è consentito, a condizione che vengano rispettate le disposizioni in materia di distanziamento sociale e uso dei dispositivi di protezione individuale.
Delineata la disciplina attuale in materia di assemblea condominiale in videoconferenza, ci si sofferma di seguito su alcuni problemi particolari.
L’assemblea può tenersi in videoconferenza se il regolamento espressamente lo prevede: questa previsione deve essere contenuta in un regolamento assembleare o contrattuale? O meglio, la clausola che contiene questa previsione è di natura assembleare o contrattuale?
L’art. 1138 c.c. indica le materie oggetto del regolamento assembleare:
Le modalità di convocazione e di funzionamento dell’assemblea possono rientrare tra le norme in materia di amministrazione, nel significato che l’art. 1138 c.c. dà a questo termine. Pertanto, si ritiene che la clausola regolamentare che prevede la possibilità di tenere l’assemblea in videoconferenza abbia natura assembleare.
L’assemblea può tenersi in videoconferenza se il regolamento espressamente lo prevede: se il regolamento non lo prevede e si intende modificarlo in tal senso, occorre la maggioranza o l’unanimità dei consensi? Alla luce di quanto detto sopra, circa la natura assembleare della clausola regolamentare che prevede la possibilità di tenere l’assemblea in videoconferenza, si ritiene che per la modifica del regolamento finalizzata all’introduzione di detta clausola sia sufficiente la maggioranza prevista dall’art. 1138, co. 3, c.c., il quale rimanda all’art. 1136, co. 2, c.c., ovvero la maggioranza dei condòmini che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).
L’assemblea può tenersi in videoconferenza se il regolamento espressamente lo prevede: può il regolamento prevedere una modalità mista di svolgimento dell’assemblea, ossia parte in presenza e parte in videoconferenza? Si ritiene che nulla osti ad una previsione regolamentare in tal senso; se è legittima la modalità di svolgimento integralmente in videoconferenza, non si vede perché non dovrebbe essere legittima una modalità solo parzialmente a distanza. Certamente, dovranno essere adottate procedure finalizzate a stabilire quali condòmini parteciperanno in presenza e quali a distanza, curando di non menomare i diritti dei singoli in ordine alla scelta della modalità più confacente alle proprie esigenze o, aspetto ben più serio, alle proprie possibilità, non solo economiche (si pensi alla mancata disponibilità di apparecchi elettronici che consentano il collegamento da remoto) ma anche sanitarie (si pensi a soggetti in stato di isolamento domiciliare).
L’assemblea può tenersi in videoconferenza se la maggioranza dei condòmini ha dato previamente il proprio consenso: con quali mezzi può essere validamente prestato e raccolto il consenso dei condòmini?
Si ritiene che debbano essere prediletti mezzi in grado di fornire un elevato grado di certezza della provenienza dello scritto da parte del suo autore, quali posta raccomandata, PEC, fax, firma in presenza, dovendosi viceversa escludere mezzi quali la posta ordinaria e la semplice mail. Ciò anche in un’ottica prudenziale volta ad evitare successive impugnazioni assembleari.
Che cosa accade se l’amministratore, pur non avendo raccolto i consensi della maggioranza dei condòmini, convoca l’assemblea in videoconferenza?
Si ritiene che il condomino che non ha prestato il consenso in parola possa impugnare la deliberazione chiedendone l’annullamento. Si ravvisa qui un’ipotesi di annullabilità e non di nullità, sulla base della distinzione tracciata dalla giurisprudenza, secondo la quale sono annullabili, tra le altre, le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di formazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione.
Ancora, si ritiene che soltanto il condomino che non ha prestato il consenso possa impugnare sul punto, non anche gli altri condòmini, sulla base della regola generale stabilita dall’art. 1441 c.c. in materia di azione di annullamento secondo la quale la legittimazione attiva è riservata alla parte nel cui interesse l’invalidità è prevista.
Dopo avere tentato di dare risposta alle numerose incertezze legate all’assemblea tenuta in videoconferenza, si osservino da ultimo due aspetti legati in particolare alla formazione della volontà che sorregge l’adozione delle delibere.
È sempre possibile, senza che ciò sia necessariamente attribuibile a colpe individuali, che si verifichi un’interruzione del flusso dei dati telematici (c.d. caduta della connessione), con la conseguenza di escludere uno o più condòmini dalla proficua partecipazione alla discussione o, ben più grave, dalla votazione su un punto all’ordine del giorno e, dunque, dalla formazione della volontà assembleare.
Non è affatto certo che ogni condomino disponga degli strumenti elettronici necessari per prendere parte ad un’assemblea convocata in videoconferenza; a prescindere dai profili relativi ad una possibile impugnazione, appare realistico il rischio di escludere un soggetto dal procedimento di formazione della volontà del gruppo sulla – odiosa – base di un condizionamento economico.
Se da un lato ciò si pone in stridente contrasto con i più fondamentali principi del nostro ordinamento, dall’altro offre uno spunto per interpretare in senso costituzionalmente orientato l’inciso “laddove ciò non sia possibile” riferito alla convocazione dell’assemblea in videoconferenza e contenuto nelle FAQ relative al DPCM 3.11.2020 di cui sopra; premesso che le FAQ non sono altro che indicazioni orientative e non un testo normativo, a livello di spunto da ulteriormente approfondire ci si chiede se la mancata disponibilità dei mezzi elettronici necessari alla partecipazione alla videoconferenza da parte di alcuni condòmini possa costituire un’ipotesi di impossibilità di convocazione dell’assemblea in videoconferenza.