A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Con la sentenza n. 2126 del 29 gennaio 2021, la Cassazione si è pronunciata in ambito condominiale, soffermandosi, in particolare, sulla differenza fra innovazione di cui all’art. 1120 c.c. e modificazione della cosa comune di cui all’art. 1102 c.c.
Nel caso in esame, il Tribunale di Napoli condannava due condòmini proprietari delle aree sottotetto poste al terzo piano di un condominio, trasformate in mansarde con modifica dell’originaria sagoma del tetto condominiale, a ricostruire per intero le falde del medesimo tetto, anche in corrispondenza dei tre terrazzi realizzati dai convenuti ed anche a sostituire le tegole utilizzate.
La condanna veniva confermata dalla Corte d’Appello, secondo cui:
A questo punto, i due condòmini ricorrevano in Cassazione, davanti alla quale, tra i vari motivi sollevati, lamentavano:
Il Tribunale Supremo riteneva i tre motivi fondati e li esaminava congiuntamente, in quanto connessi.
Secondo gli Ermellini, “la mancanza della delibera assembleare di ricostruzione delle parti comuni prevista dal secondo comma dell’art 1128 c.c. (o, addirittura, l’esistenza di una eventuale delibera contraria) non impedisce ai singoli condomini di ricostruire le loro unità immobiliari di proprietà esclusiva parzialmente perite e, conseguentemente, le parti comuni necessarie a ripristinare l’esistenza ed il godimento di esse, non potendosi negare a chi aveva il diritto di mantenere la sua costruzione sul suolo (quale comproprietario dello stesso ex art 1117 c.c., ovvero, in caso di diversa previsione del titolo, quale titolare di un diritto di superficie) il potere di riedificarla ai sensi dell’art 1102 c.c., salvi il rispetto delle caratteristiche statico-tecniche preesistenti, in maniera da non impedire agli altri condomini di usare parimenti delle parti comuni secondo il proprio persistente diritto di condominio, e il divieto di attuare innovazioni, per le quali è indispensabile la delibera assembleare ai sensi degli artt. 1120 e 1136 c.c.”.
Inoltre, i giudici di legittimità sottolineavano che l’intervento di parziale ricostruzione del tetto comune eseguito dai due ricorrenti era riconducibile alla nozione di modificazione ex art. 1102 c.c. e non a quella di innovazione ex art. 1120 c.c.
In realtà, le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall’art. 1102 c.c., non solo sotto il profilo oggettivo, ma pure sotto quello soggettivo: dal punto di vista oggettivo, le innovazioni consistono in opere di trasformazione, che vanno a incidere sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le modificazioni “si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa”; per quanto riguarda invece il profilo soggettivo, nelle innovazioni è rilevante l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione assembleare, “elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui perseguimento sono rivolte”.