A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Con la sentenza n. 20007/2020, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui termini entro i quali deve essere esperita l’azione possessoria contro il condominio.
Nella vicenda in esame, un condomino, mediante la collocazione di una sbarra, impediva ad alcune proprietarie di un edificio confinante di passare attraverso una stradella che collegava la proprietà delle stesse alla pubblica via. Le proprietarie, sostenendo di essere state spossessate dal condominio, si rivolgevano al Tribunale per domandare la reintegrazione nella disponibilità del viale di accesso posto sul retro del loro immobile, ma il giudice di prime cure non accoglieva la domanda.
La sentenza di primo grado veniva confermata dai giudici di merito, secondo i quali i testimoni escussi nel corso della causa avevano confermato la presenza di una catena di divieto di passaggio alla strada posta dal condominio molti anni prima del posizionamento della sbarra. La Corte territoriale riteneva che ciò fosse la prova che lo spossessamento era avvenuto da molto tempo e, di conseguenza, dichiarava le parti decadute dalla domanda.
A questo punto, il caso giungeva in Cassazione, davanti alla quale le proprietarie sollevavano i seguenti tre motivi:
Gli Ermellini dichiaravano il ricorso inammissibile, precisando che “nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di essi se quelli successivi, essendo strettamente collegati e connessi, devono ritenersi prosecuzione della stessa attività, decorrendo, altrimenti, dall’ultimo atto quando ogni atto – presentando caratteristiche sue proprie – si presta ad essere considerato isolatamente”.
Inoltre, secondo il Tribunale Supremo, “l’amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, può essere convenuto in giudizio per ogni azione vertente su fatti di spoglio o turbativa concernenti le parti comuni dell’edificio ed ha facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della vocatio in ius, avendo l’amministratore, tra gli altri, anche il compito di compiere gli atti conservativi – tra i quali rientrano altresì quelli a tutela del possesso – dei diritti inerenti ai beni condominiali, e perciò trattandosi di controversia compresa nell’ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 c.c.”.