Smart tv, telecamere, serrature, sistemi di illuminazione e di allarme sono ormai diventati dispositivi sempre più diffusi nelle case dei consumatori: comodi e pratici anche perché facilmente gestibili da remoto attraverso lo smartphone.
Tuttavia, la praticità innegabile non toglie i rischi, in materia di privacy e sicurezza, che gli utenti corrono. In molti casi, i dispositivi intelligenti mostrano ancora vulnerabilità. Lo confermano i risultati del progetto “Hackable Home”, realizzato in Italia da Altroconsumo e promosso a livello europeo dalle organizzazioni di consumatori raccolte nel cluster Euroconsumers: con il supporto di ricercatori universitari esperti di cybersecurity, che si sono calati nei panni di veri e propri hacker, sono state testate la sicurezza e l’affidabilità di 16 dispositivi “intelligenti” ad uso domestico (tra questi: sistemi di allarme, router WiFi, baby monitori, smart TV etc.) delle principali marche presenti sul mercato dei quattro Paesi europei coinvolti, ossia Belgio, Spagna, Portogallo e Italia. Dopo aver condotto un test simile nel 2018, i risultati non sono sostanzialmente cambiati.
Falle di sicurezza di vario tipo rimangono presenti nella maggior parte dei dispositivi che usiamo in casa: su 16 di questi, è risultato che 10 hanno una comunicazione non criptata, o almeno non adeguatamente, che protegga la privacy e la sicurezza dei dati degli utenti. Si tratta di una vulnerabilità etichettata come “altamente grave” o “critica”.
Tra i numerosi punti deboli evidenziati, i più diffusi (e anche i più rischiosi) sono: la “de autenticazione Wifi” che consente ad hacker esperti di disconnettere il dispositivo disattivando la rete internet; la possibilità di esporre a violazioni i dati sensibili degli utenti, dovuta a problemi strutturali dell’hardware; le impostazioni di fabbrica non sicure, specialmente, per la violabilità delle password preimpostate.