Con 1.8 milioni di edifici che, in Italia, in base alla nuova Direttiva Ue sulle case green dovrebbero essere interessati da un adeguamento energetico, si deve necessariamente aprire un confronto.
Una norma di tale portata non può essere imposta – scrive Unioncasa in una nota – indiscriminatamente ed in così breve tempo (2030/2033 salvo alcune deroghe poco chiare).
Innanzitutto devono essere prese in considerazione le seguenti variabili:
• bisogna distinguere nazioni come l’Italia dove il patrimonio immobiliare è composto in ampia misura da immobili anche di pregio storico, architettonico, spesso sottoposto a vincoli contrariamente a quanto esiste invece, ad esempio, nei Paesi nordici interessati anche da condizioni climatiche differenti.
• l’impatto ambientale derivante dal riscaldamento/raffrescamento degli immobili italiani, se confrontato sia con quello di Paesi a clima più rigido, sia soprattutto con i noti Paesi ad alto tasso di inquinamento (Cina, India, Russia, USA che da soli inquinano per oltre il 65%) fa comprendere come tali interventi non rappresentino una priorità per il bassissimo contributo all’inquinamento;
• altresì si deve considerare l’impatto economico sulle famiglie. Un adeguamento comporterebbe in media una spesa tra i 30.000 ed i 65.000 euro per singolo appartamento, per una spesa complessiva che potrebbe agevolmente superare i 100 miliardi;
• si aggiunga l’anti economicità per certe abitazioni ubicate in territori dove i valori immobiliari sono minimi e per i quali l’investimento sarebbe sconsigliato superando, di fatto, il valore dell’immobile;
• l’allarmismo generato da una scarsa informazione ed ancor più da una norma mal congegnata sta già creando effetti negativi sul mercato immobiliare, generando diffidenza e distacco dall’acquisto di immobili energivori, e la conseguente perdita di valore a volte immotivata di un patrimonio immobiliare che da parte della proprietà, ed in caso di esigenza, verrebbe svenduto;
• non trascurabile anche l’impostazione che stanno assumendo le banche, restie a finanziare l’acquisto di immobili in classi elevate che, dal loro punto di vista, rappresenterebbero sterili garanzie.
Unioncasa, per voce del suo presidente Flavio Sanvito afferma che “tale norma per gli evidenti motivi sopra descritti non può trovare una logica ed un consenso delle parti coinvolte, ed auspica quindi possa essere rivista e sensibilmente modificata. Siamo tutti d’accordo dell’utilità di un patrimonio immobiliare composto da edifici energeticamente efficienti, ma applicando dei concreti distinguo, dando tempi congrui di intervento e con il coinvolgimento e la razionalità, non con l’imposizione”.
“Gli effetti del superbonus 110% – conclude il presidente Sanvito – dovrebbero servire da insegnamento sul fatto che interventi improvvisati e non pianificati possono solo portare ad aumenti indiscriminati di materiali e costi di ristrutturazione, su cui peraltro, nella fattispecie, nemmeno è previsto un intervento da parte dello Stato”.