La BCE aumenta ancora il saggio di sconto sull’Euro e così fanno anche i tassi Euribor, parenti stretti del primo, sulle varie scadenze: 1 mese, 3, 6 e 12 mesi. Traslano verso l’alto anche i tassi IRS (cd tassi fissi).
Quali sono le considerazioni che i mutuatari possono fare?
Alla data del 5 Ottobre si rilevano i seguenti dati: Euribor ed IRS alla data del 5 Ottobre: Euribor 1 mese 3,87; IRS 10 anni 3,47; Euribor 3 mesi 3,96; IRS 20 anni 3,42; Euribor 6 mesi 4,13; IRS 30 anni 3,16.
La valutazione dei dati sopraesposti ci dà delle informazioni utili. È bene, tuttavia, che IRS solo per convenzione è cosiddetto tasso fisso, lo fa il mercato e lo facciamo anche noi. Per cui, a titolo di esempio, IRS 10 anni significa tasso fisso sulla durata di dieci anni.
Il tasso fisso è inferiore all’Euribor (tasso variabile)
Una prima valutazione visiva è che i tassi fissi (IRS) sulle durate esposte (10, 20 e 30 anni) sono più bassi dell’Euribor. Tale fatto equivale a dire che se oggi si contrattasse un nuovo mutuo, ad esempio con durata a 30 anni, con uno spread a favore della banca dell’1% si pagherebbe un tasso passivo finito del 4,87% se si optasse per il contratto a tasso variabile e del 4,16% per quello a tasso fisso!
Sono apparentemente incongruenze di mercato, ma anche il mondo a tassi zero (se non negativi) che abbiamo sperimentato prima del 2022 lo era……. In realtà non lo sono, posto che i mercati finanziari anticipano gli accadimenti futuri, significa che, in un futuro ravvicinato, o si abbasseranno i tassi euribor o si alzeranno i tassi fissi sulle varie scadenze.
Dovendo contrarre un nuovo mutuo è meglio il tasso fisso
Chi scrive propende per il rialzo dei tassi IRS (fissi) e nel caso di un nuovo mutuo è meglio scegliere il tasso fisso, anche alla luce del fatto che è sempre possibile rinegoziare il tasso (da fisso a variabile) nel tempo.
Nell’esempio sopra riportato è possibile ottenere un tasso finito del 4,16% con 30 anni di durata. Visti gli attuali livelli di inflazione e la bassa probabilità che questi si comprimano più di tanto è la scelta migliore. Se per caso si verificasse questo scenario, che corrisponde alla recessione, sarà sempre possibile rinegoziare o surrogare ottenendo di applicare il tasso variabile, ma, intanto l’ammontare della rata è certo, senza sorprese.
Rinegoziare lo spread per i mutui a tasso variabile
I mutui in corso (per durate residue da 10 anni in su) offrono situazioni differenziate con opportunità diverse. Una prima chiave di distinzione sta nello spread. Negli anni 2010 – 2020 i bassi tassi di interesse hanno indotto le banche finanziatrici a cercare redditività con uno spread (l’aggiunta al tasso base) più elevato della norma. A fronte di uno spread standard ottimale dell’1% si è giunti anche al 2%.
È possibile, dunque, a fronte delle mutate condizioni proporre la rinegoziazione dello spread alla banca finanziatrice, sollecitandola sulla base delle mutate condizioni di mercato e della loro maggior redditività a parità di altre condizioni, ovvero permanendo a tasso variabile.
Nel caso di un mutuo con spread al 2% e presumibile esser caduti in un tasso passivo finito tra il 5,5% ed il 6%. Ottenendo la rinegoziazione dello spread (attenzione nulla garantisce che la banca accetti) come sopra si arriverebbe ad un tasso finito del 4,85%. Non male!
Rinegoziare il tasso variabile a fisso porta pochi benefici sull’ammontare della rata
La via della rinegoziazione con l’intermediario finanziatore può estendersi anche al passaggio dal tasso variabile a quello fisso, ma i benefici ulteriori sul livello della rata sarebbero leggeri. La scelta è più funzione all’evoluzione prossima dei tassi. In effetti, ragionando su uno spread dell’1%, su mutui di durata residua entro i 20 anni, si avrebbe un tasso finito del 4,5% , nel caso del fisso, e del 4,9% sul variabile. La convenienza aumenta nel caso di durate residue superiori.
Dovendo valutare il futuro, si tornerebbe al caso dei nuovi mutui già trattato pocanzi
Rinegoziazione e surroga
Cosa significa rinegoziare con la banca finanziatrice/intermediaria. Nella sostanza significa che quest’ultima dovrebbe unilateralmente accettare una decurtazione dei propri introiti, fatto tutto meno che scontato!
Surrogare, invece, trovare una nuova finanziatrice cui stiano bene le condizioni ottimali ricercate. E’ possibile, ma faticoso. Non ci sono oneri poiché la surroga dal 2006 è a costo zero per il mutuatario, è faticoso poiché bisogna impostare una nuova istruttoria e produrre tutti i documenti necessari e subire i relativi tempi di valutazione.
La rinegoziazione è la via più immediata, ma ci vuole qualche freccia per il proprio arco
Semplicemente chiedere alla propria finanziatrice di ridurre lo spread (se fuori standard) e passare al tasso fisso significa chiedergli comportamenti alla “Tafazzi”; meglio sarebbe avere e porre argomenti a proprio favore riguardo comportamenti subiti che potrebbero esser non corretti e che agevolerebbero l’accettazione della rinegoziazione .
Considerando il testo unico bancario qualche freccia al proprio arco ci sarebbe!
La fonte è l’art. 120 del testo unico bancario, che in primo luogo impone alla finanziatrice/intermediaria di trovare soluzioni nel caso di rischi di instabilità economica-finanziaria in capo ai mutuatari. In altre parole se la sopportabilità del mutuo (limite rata mese rispetto al reddito disponibile) è messa in dubbio dalle condizioni di mercato è doveroso trovar rimedio e, non può esser certo soddisfacente allungare il piano di ammortamento come già proposto prima dell’estate.
Lo stesso testo unico, a proposito di intermediari, prescrive un comportamento attivo da parte degli intermediari nei confronti dei propri clienti, ovvero se vi fossero situazioni note intervenire a loro favore prima che la frittata sia fatta.
Traduciamo meglio questo concetto!
Proponendosi come consulenti dei propri clienti sarebbe stato utile nel corso del 2021 ed anche nel 2022 dire loro che la probabilità del rialzo dei tassi era alta e crescente e proporre soluzioni al problema incombente.
Si potrebbe obiettare, mettendosi dalla parte dell’intermediario/finanziatore che la situazione di allora non fosse così chiara, d’altronde la stessa Banca Centrale Europea stimava l’inflazione (che è una causa di rialzo dei tassi) come un fenomeno transitorio.
Così non è i mercati finanziari esprimono oggettivamente determinate condizioni e nella struttura dei tassi sule varie scadenze (non entriamo nel tecnico) l’aumento dei tassi era già ampiamente preventivato per gli operatori e, dunque, caro intermediario/finanziatore perché non mi hai informato della situazione in cui stavo cascando?
A cura del Dott. Angelo Castagno – Consulente Finanziario Indipendente – Pianificazione Successoria – Family Officer Financial Risk Management