È ormai appurato come l’innalzamento dei tassi d’interesse abbia colpito duramente il settore immobiliare. Tra il secondo trimestre del 2022 e il primo trimestre del 2024, gli investimenti sono crollati del 60% e vi è stata anche una drammatica correzione dei prezzi, che si sono contratti del 18% tra il picco del 2022 e la fine del 2023. Tuttavia, nonostante si preveda che ci saranno ulteriori correzioni future, questo trend di ribasso dovrebbe avviarsi alla conclusione. A sostegno di questa inversione di tendenza è arrivato anche il primo taglio dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, un segnale certamente positivo che potrebbe ridare un po’ di slancio all’industria real estate, dato che questa è fortemente dipendente dalla disponibilità di capitale e che un costo del debito minore allenterà la pressione sugli investitori.
Man mano che le intenzioni della Bce si fanno più chiare, anche i costi del finanziamento si aggiustano (e lo stanno già facendo). Infatti, nonostante Francoforte abbia proseguito nella sua politica di rialzi per tutto il 2023, la discrepanza tra la policy e l’andamento dei tassi swap è diventata evidente già dal marzo del 2022, con questi ultimi che alla fine dello scorso maggio erano ancora attorno al 3%, nonostante il tasso di riferimento stabilito dalla Bce fosse ormai al 4,5%, indicando come tutto il mercato avesse scontato i tagli.
Come detto, la principale implicazione è una minore pressione sul debito immobiliare. Inoltre, osservando il rendimento cash-on-cash, che misura il reddito rispetto all’importo del capitale investito, l’impatto positivo è evidente. Infatti, dall’inizio del 2024, in un contesto di forte aggiustamento dei rendimenti, la leva finanziaria ha avuto un effetto positivo su questi rendimenti per tutte le tipologie di immobili, ed essendo un settore ad alta intensità di capitale, beneficerà di questa minore pressione, e il mercato non dovrebbe più essere dominato da coloro che acquistano ricorrendo solo a mezzi propri.
Dopo aver passato gli ultimi 18 mesi in modalità “wait-and-see”, i fondi real estate sono ben posizionati per trarre vantaggio dal nuovo ciclo economico, dalla stabilizzazione dei prezzi e dall’accesso al credito maggiormente facilitato. Questo perché è verosimile che gli investitori vorranno puntare a strategie value-add o comunque in grado di corrispondere rendimenti più elevati rispetto al reddito fisso o su strategie prime asset, così da sostenere un rischio minore. Tra le diverse tipologie di classi di attività, il residenziale continua a guadagnare terreno e secondo un recente sondaggio dell’INREV è ora l’obiettivo principale degli investitori in Europa. I comparti industriali e logistici mantengono il loro slancio e rimangono una scelta naturale, in quanto settori ancora sostenuti da fondamentali a lungo termine come la pressione demografica e l’aumento della digitalizzazione. Al terzo posto, nonostante i dubbi sulla futura domanda degli occupanti, troviamo gli uffici. Anche se la maggior parte degli investitori sta ora cercando di ridurre la propria allocazione e di beneficiare di una maggiore diversificazione, il settore uffici dovrebbe rimanere una delle tipologie immobiliari più liquide. Inoltre, la revisione dei prezzi ha creato interessanti punti di ingresso, mentre la crescita prevista degli affitti è ancora forte nella componente prime.
Mentre entriamo in un nuovo ciclo, guidato principalmente dai fondamentali e dalle aspettative future di crescita degli affitti, le preferenze e gli obiettivi degli investitori avranno un forte impatto sui prezzi futuri. Infatti, poiché prevediamo afflussi di capitale a seguito dei tagli dei tassi, la direzione del percorso stabilito dalla Bce determinerà il livello dei rendimenti. Tuttavia, considerato il contesto attuale, i titoli investibili sono chiaramente meno rispetto al ciclo precedente, dato che nel 2023 le dimensioni del mercato immobiliare gestito si sono ridotte del 3% e prevediamo che si ridurrà ulteriormente nei prossimi anni. Infatti, poiché vediamo che la domanda di uffici diminuisce strutturalmente nel lungo termine per i mercati periferici, l’universo di investimento dovrebbe continuare a contrarsi per riflettere questa nuova normalità. Pertanto, alla luce di questa dinamica, gli asset core attireranno la maggior parte degli investimenti, mentre il numero di asset non recuperabili è destinato ad aumentare ulteriormente e verrà rimosso dallo spettro investibile.
Una concorrenza più accanita tra gli investitori per le tipologie immobiliari principali e alternative avrà un impatto significativo sui prezzi e sui rendimenti. L’afflusso di capitali negli immobili commerciali è un motore di apprezzamento del valore e confrontando i volumi di transazioni previsti per i prossimi anni con la dimensione del mercato, possiamo stimare il fatturato del mercato immobiliare (ovvero la quota di mercato che viene scambiata ogni anno). Nello specifico, poiché il costo del capitale sta spingendo il fatturato, solo il 3% del settore immobiliare europeo è stato scambiato nel 2022 (rispetto al 7% in media) e ciò riflette una minore concorrenza tra gli investitori per acquisire asset e una minore pressione sui prezzi. In seguito al previsto aumento dei volumi delle transazioni e alla riduzione dello stock investibile, la pressione sui rendimenti dovrebbe ora essere più forte per gli asset e le ubicazioni più gettonati; pertanto, ci aspettiamo un graduale apprezzamento degli immobili residenziali e logistici man mano che aumenta la disponibilità di capitale. Ci aspettiamo inoltre che una quota maggiore del capitale immobiliare venga allocata ad asset alternativi e di nicchia, poiché il mercato europeo per queste proprietà è ancora relativamente piccolo.
Gli investitori stanno ora passando da una forte predominanza di uffici nei loro portafogli a una composizione più equilibrata e diversificata. Tuttavia, alla luce di quanto detto sopra, per gli asset alternativi la concorrenza potrebbe portare a una significativa inflazione, dovuta ai player di mercato che si affrettano ad aumentare la propria esposizione. Un cambiamento simile si è verificato nell’universo d’investimento durante il ciclo precedente con la crescita della logistica, che ha portato a una forte contrazione dei rendimenti (dal 5,75% nel 2013 al 3% nel 2021); per il prossimo, gli investitori dovranno trarre lezioni dal passato e concentrarsi sui fondamentali del mercato per determinare un premio di rischio ben bilanciato.
A cura di Nicola Franceschini, Product Development & Research Manager di BNP Paribas REIM Italy