Nel caso di trasferimento di un’unità immobiliare situata in un complesso immobiliare, l’acquirente è responsabile in solido con il venditore per le somme da quest’ultimo dovute e non pagate, già esigibili, relative sia all’anno in corso, sia a quello precedente.
Tale norma è stata introdotta in funzione di un rafforzamento dell’aspettativa creditoria del condominio ed è inderogabile: neppure il regolamento condominiale, di tipo contrattuale, potrebbe contenere una previsione contraria. Per anno s’intende l’anno di gestione condominiale, non necessariamente coincidente con l’anno solare.
In caso di inadempimento e morosità per somme relative a tale periodo di tempo, l’eventuale decreto ingiuntivo viene chiesto, e sarà emesso, nei confronti del nuovo acquirente che potrà poi chiamare in causa il venditore. Ciò non toglie, però, che nei confronti dell’alienante, non più condomino, possa essere chiesto, ed emesso, un decreto ingiuntivo ordinario.
La regola si applica anche nel caso di acquisti effettuati presso aste per pubblici incanti, come quelle conseguenti ad esecuzione forzata immobiliare.
Per tale motivo è sempre opportuno che chi intende acquistare un’unità immobiliare inserita in un complesso condominiale si accerti che il venditore sia in regola con i pagamenti delle spese condominiali, poiché, diversamente, può essere chiamato, dall’amministratore, al pagamento delle stesse. A tale scopo, spesso, nei preliminari di vendita si inserisce una apposita clausola che prevede la presentazione, da parte dell’amministrazione del condominio, contestualmente alla stipula del rogito notarile, della dichiarazione attestante che tutte le spese condominiali fino alla data di consegna dell’immobile sono state pagate e che non sussistono debiti condominiali relativi agli anni pregressi.
Per le somme dovute, relative a un periodo di tempo più risalente, vale a dire più datate rispetto all’anno in corso e a quello precedente, il criterio è quello in virtù del quale le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, nonché per la prestazione dei servizi nell’interesse comune, sorge già nel momento del compimento dell’attività di gestione e dunque nei confronti di chi sia condomino in tale epoca, e non invece nel momento successivo in cui le stesse spese siano poi approvate e ripartite in sede di consuntivo.
Le spese, invece, per l’esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione delle parti comuni, gravano invece su chi è condomino al momento dell’approvazione della delibera che ha approvato l’intervento, la quale ha un valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere sono state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all’atto traslativo. In tal caso, l’acquirente ha il diritto a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio, in forza del principio di solidarietà passiva, salvo che sia diversamente convenuto tra venditore e acquirente, pur rimanendo comunque inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro.
Nel caso in cui l’amministratore, tuttavia, agisse contro l’attuale condomino, per recuperare vecchie somme richieste al condominio, ad esempio conguagli per forniture di gas o elettricità, sanzioni, richieste di arretrati da parte del custode, ecc., questi può rivalersi contro il venditore e, se il contratto di compravendita contiene la clausola tipo “venduto libero da oneri” può anche chiedere un congruo risarcimento del danno.
Dalla stipula dell’atto di compravendita, l’acquirente diventa un condomino, con la conseguenza che deve versare i contributi condominiali che scadono dopo tale data. Tuttavia, il venditore resta obbligato solidalmente con l’acquirente per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento dell’immobile.
A cura di Sabrina Schemani, Studio Schemani
Amministrazioni Condominiali (Bardonecchia e Torino)