Nell’attesa dell’istituzione di un Albo, o un Registro, per regolamentare l’accesso alla categoria degli amministratori di condominio, o che tutto rimanga così com’è, quello della formazione professionale degli amministratori è diventato un vero e proprio business. Nascono come funghi, infatti, le associazioni che propongono corsi per tutte le tasche. Ad agevolare il loro indiscriminato fiorire, il fatto che i corsi possano essere svolti a distanza, grazie ad un semplice collegamento internet. Giusto, soprattutto oggi. Poche, però, sono quelle che rispettano il dettato legislativo. Il Dm 140 del 2014, che ha imposto l’obbligo di formazione periodica, parla chiaro: l’esame finale deve essere in presenza e con valenza annuale. Ma siamo in Italia, dove, come recita un vecchio proverbio, “fatta la legge, trovato l’inganno”. Ed ecco spuntare associazioni che reclamizzano corsi a valenza biennale e che anche per l’esame finale si servono del web. Indubbiamente si tratta della soluzione più comoda. Non risponde però, almeno fino a che la legge non sarà rivista e corretta, alla norma.
Il testo dell’art. 5, comma 5, del Dm 140/2014, recita infatti: “Il corso di formazione e di aggiornamento può essere svolto anche in via telematica, salvo l’esame finale, che si svolge nella sede individuata dal responsabile scientifico”.
Il concetto dell’esame finale in presenza è stato ribadito in numerose occasioni dal Ministero. Anche in piena emergenza pandemica, infatti, per la precisione con la nota del 14 aprile 2020, proprio il Ministero precisò che “La modalità telematica dell’esame si pone in diretto contrasto con quanto stabilito dall’art. 5, comma 5, del medesimo D.M. n. 140/2014.
Rappresenta un grosso rischio, pertanto, affidarsi ad un corso con esame finale on line, o addirittura a chi rilascia l’attestato di superamento del corso senza alcun esame finale e sulla base della sola frequenza o addirittura del solo acquisto del corso.
Un altro grosso errore è quello di affidarsi a corsi “con validità biennale”. Anche questa è una politica commerciale messa in atto da realtà senza scrupoli, in quanto, sempre l’articolo 5, comma 2 del Dm 140/2014, recita testualmente: “Gli obblighi formativi di aggiornamento hanno una cadenza annuale. Il corso di aggiornamento ha una durata di almeno 15 ore e riguarda elementi in materia di amministrazione condominiale, in relazione all’evoluzione normativa, giurisprudenziale e alla risoluzione di casi teorico-pratici”. Dunque, non esistono corsi con validità biennale. Andrebbero contro la ratio della legge 220/2012 e del Dm 140/2014, che mira a mantenere gli amministratori aggiornati sulle novità giuridiche, tecniche e normative. Pertanto l’annualità (e dunque il corso) non può partire quando fa comodo all’associazione per anticiparne la vendita: un corso per l’annualità 2023/2024 seguito a maggio 2024 non è in regola con la previsione letterale del Dm 140/2014.
A lanciare l’allarme sui “corsi di aggiornamento truccati” è stata, per prima tra le tante segnalazioni, l’Associazione Nazional-Europea di Amministratori d’Immobili, Anammi, che rappresenta oltre 13mila professionisti. “Esame finale in presenza, 15 ore di corso realmente documentabili, comunicazione al ministero dello Sviluppo economico dei nominativi dei docenti e del responsabile scientifico dei singoli corsi. Se risponde a questi requisiti, un corso di aggiornamento per amministratori di condominio può dirsi a norma di legge. Ma sono tanti, troppi, gli enti che non rispettano le regole”, denuncia infatti Giuseppe Bica, presidente dell’Anammi.
«Oltre a quello del corso di base, il Dm 140 del 2014 ha imposto l’obbligo di formazione periodica – ricorda Giuseppe Bica – indicando i requisiti delle strutture che devono erogare i corsi di aggiornamento. Una regola essenziale, sostenuta a suo tempo dalla stessa Anammi per favorire la professionalizzazione della categoria. Il decreto, però, nulla dice in merito ad eventuali controlli e sanzioni, ecco perché oggi l’aggiornamento ‘taroccato’ è in costante aumento”.
Il presidente Bica ricorda che senza l’attestazione della formazione periodica effettuata, si rischia la decadenza dall’incarico, anche su proposta di un solo condomino. E persino la richiesta di risarcimento danni. Sono infatti numerose le sentenze di questo tipo che si sono susseguite in questi ultimi anni, dal primo grado al secondo, fino alla Corte di Cassazione.
Un grosso rischio, dunque, per l’amministratore di condominio, che per svolgere il corso può rivolgersi sia alle associazioni di categoria sia a enti privati accreditati presso il ministero, ma deve accertarsi che i corsi siano realmente in linea con il Dm 140/2014.
Dunque, per riconoscere il corso a norma di legge, occorre innanzitutto verificare alcuni elementi che riguardano direttamente l’ente organizzatore. “Si tratta di informazioni che è del tutto legittimo richiedere. Se non si ottiene risposta, questo deve subito mettere in allarme il professionista”, sottolinea il presidente dell’Anammi. È poi necessario controllare la durata del corso, che deve essere pari a 15 ore, e le modalità della verifica finale, sempre in presenza. “Una delle violazioni più comuni è l’esame in via telematica – spiega Bica – al contrario, la norma stabilisce che sia vis-à-vis, in modo inderogabile. Per non parlare delle 15 ore di corso documentabili, spesso del tutto disattesa. Un corso che non rispetta questi due regole essenziali è illegittimo e l’eventuale certificazione ottenuta in questo modo è da considerarsi nulla”.
Inoltre il Dm 140 stabilisce l’obbligo di comunicare, tramite posta certificata al ministero della Giustizia l’inizio di ciascun corso, le modalità di svolgimento, i nominativi dei formatori e dei responsabili scientifici entro la data di avvio del corso stesso. “Come forma di autotutela – chiarisce ancora Bica – l’amministratore può richiedere copia certificata di questa comunicazione”.