Il lastrico solare, se il contrario non risulta dal titolo, è parte comune ai sensi dell’articolo 1117 del codice civile, in virtù della relazione di accessorietà che lo lega indissolubilmente alle singole unità immobiliari per le quali funge da copertura.
La previsione di condominialità del lastrico solare, derivante da tale collegamento strumentale con gli appartamenti sottostanti, può, infatti, essere esclusa solo per effetto di una espressa riserva di proprietà contenuta nel titolo originario di costituzione del condominio. (Cass. Civ., Ord. numero 5850 del 27 febbraio 2023).
L’uso esclusivo del lastrico solare
Come la più attenta dottrina ha avuto modo di osservare, quando: “l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condòmini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del suddetto lastrico solare, in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico solare, ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, n. 4, cod. civ.) e all’assemblea di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, comma 1, n. 4, cod. civ.)” (A. Celeste).
L’eventuale concorso di tali responsabilità, a meno che l’uno o l’altro dei soggetti citati (condominio o proprietario/usuario esclusivo del lastrico) non fornisca prova inconfutabile dalla quale sia evincibile la contraria riferibilità esclusiva del danno all’altra parte, va ordinariamente disciplinato secondo il criterio di imputazione previsto dall’articolo 1126 cod. civ., il quale suddivide le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del condòmino titolare del diritto reale esclusivo sul lastrico e per i restanti due terzi a carico del condominio tutto (o quantomeno a carico di tutti i condòmini che dal lastrico solare traggono utilità a copertura degli immobili di loro proprietà).
Questi principi di diritto sono stati espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella Sentenza nomofilattica numero 9449 del 10 maggio 2016, che è intervenuta a seguito dell’ordinanza interlocutoria con la quale la Seconda Sezione civile del massimo consesso aveva (nuovamente) rimesso la questione al Primo Presidente affinché, quest’ultimo, valutasse l’opportunità dell’eventuale (ri)assegnazione alle Sezioni Unite, a seguito di una precedente pronuncia (SS. UU., numero 3672 del 29 aprile 1997), la quale, lungi dall’uniformare la giurisprudenza (di legittimità e di merito) ad essa susseguente, aveva addirittura acuito i contrasti già esistenti al riguardo.
La tesi della responsabilità contrattuale
La pronuncia delle Sezioni Unite numero 3672/97, aveva, infatti, formulato un assunto ben differente da quello enunciato nel 2016, ossia quello secondo il quale il fondamento delle responsabilità risarcitorie, in ipotesi di danni cagionati da infiltrazioni d’acque provenienti dal lastrico solare alla proprietà sottostante, non fosse ravvisabile nel principio di natura extracontrattuale evincibile dall’articolo 2051 del codice civile (dovere di custodia), ma dovesse, piuttosto, essere ricondotto alla titolarità del diritto reale e, per questo, dovesse considerarsi come conseguenza dell’inadempimento (più generale) dell’obbligo di conservare l’integrità delle parti comuni, posto a carico dei condòmini, ivi compreso il proprietario e/o usuario esclusivo, per effetto del contenuto dell’articolo 1223, comma 1, del codice civile.
Un’impostazione concettuale totalmente differente che, per quanto sottile e complessa, aveva implicazioni (risarcitorie) di natura contrattuale, e non di natura extracontrattuale, come poi si è sostenuto nel 2016, con rilevanti ripercussioni, non solo in termini di prescrizione (quinquennale, nell’ipotesi extracontrattuale), ma anche sul piano strettamente probatorio.
“Le norme condominiali elaborate dal legislatore codicistico – si era aggiunto – sembravano riferirsi essenzialmente al profilo “reale” del fenomeno, sicché, mediante il ricorso al diritto delle obbligazioni, doveva ritenersi configurato un “generale dovere di correttezza e di cooperazione” attiva fra i condòmini, idoneo a preservare le esigenze abitative dei vicini, conseguendone che trovavano applicazione i canoni fissati dall’art. 1218 cod. civ. per le obbligazioni contrattuali, salva l’eventualità (ossia l’occasionalità, n.d.r.) di un fatto illecito commesso dal titolare del diritto reale, che poteva configurare una responsabilità extracontrattuale” (A. Celeste).
A seguito di tale impostazione, che non incontrò assolutamente il favore unanime della giurisprudenza successiva, si svilupparono due orientamenti antitetici: quello che riconduceva la vicenda nell’ambito di applicazione dell’articolo 2051 codice civile (Cass. Civ. n. 3676 del 21 febbraio 2006) e quello, ben più radicale, secondo cui la responsabilità per infiltrazioni d’acqua, dal lastrico all’appartamento sottostante, doveva essere attribuita in via esclusiva al proprietario/usuario del lastrico medesimo, quale custode e titolare esclusivo del rapporto fattuale col bene oggetto di custodia, e mai, neppure in via concorrente, al condominio nel suo complesso (Cass. Civ. n. 15300 del 19 giugno 2013).
Per porre fine a tale difformità interpretative, nel risolvere una controversia specifica attinente all’oggetto del commento, la Seconda Sezione Civile, ritenendo peraltro indifferibile individuare la fonte (contrattuale o extracontrattuale) della responsabilità derivante dalla fattispecie, ha investito il Primo Presidente della questione con la citata ordinanza interlocutoria di rimessione, recante il numero 13526/2014.
In particolare, la Sezione remittente ha sottolineato l’opportunità che il Supremo Consesso rivalutasse, nel senso dell’inquadramento nell’ambito della natura extracontrattuale, l’ipotesi della cattiva manutenzione di cose in uso esclusivo secondo il principio che addebita il danno all’eventuale comportamento lesivo di chi lo ha cagionato.
L’affermazione della natura extracontrattuale della responsabilità
Accogliendo questo invito ad un nuovo inquadramento giuridico della fattispecie secondo le indicazioni della Seconda Sezione, le Sezioni Unite, con la pronuncia numero 9449 del 10 maggio 2016, hanno sostenuto, da un lato, che la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare, o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo, debba essere ricondotta nell’alveo di operatività dell’articolo 2051 del codice civile, proprio per effetto della particolare posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo; dall’altro, considerata la funzione concreta del lastrico solare posto a copertura dell’edificio, o di parte di esso, hanno specificato come sia configurabile anche una “concorrente responsabilità” del condominio, nel caso in cui l’amministratore risulti inadempiente agli obblighi conservativi, rispetto all’integrità dei beni comuni, rientranti tra le sue attribuzioni specifiche, ai sensi dell’articolo 1130, n. 4), del codice civile, ovvero qualora l’assemblea non adotti le determinazioni di propria esclusiva competenza, in tema di opere di manutenzione straordinaria, secondo il dettato dell’articolo 1135, comma 1, n. 4), del codice civile.
Così delineata la natura della responsabilità concorrente (da omessa custodia, quanto al proprietario esclusivo, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., e da omessa conservazione delle parti comuni o omessa manutenzione straordinaria, rispettivamente: quanto all’amministratore, ai sensi dell’articolo 1130, n. 4 ed all’assemblea, ai sensi dell’articolo 1135 c.c.), il criterio di ripartizione per le spese di ricostruzione del lastrico fissato dall’articolo 1126 del codice civile, può, ad avviso delle Sezioni Unite del 2016, essere assunto come valido criterio per la ripartizione dei danni cagionati ai singoli, per effetto delle infiltrazioni dal lastrico solare in proprietà esclusiva.
Tale pronuncia, nei limiti indicati, ha composto il contrasto giurisprudenziale esistente sino ad allora.
A riprova dell’avvenuto inquadramento sistematico della fattispecie, pare opportuno analizzare un caso concreto, relativamente recente, ma significativo rispetto alla stabilizzazione (almeno apparente) avvenuta in materia.
I fatti di causa ed i due gradi di giudizio
Un privato citava in giudizio sia il Condominio che la proprietaria esclusiva del lastrico solare, per sentirli condannare entrambi al risarcimento dei danni patrimoniali subiti nel proprio appartamento, in seguito alle infiltrazioni d’acqua provenienti dalla copertura dello stabile condominiale.
Mentre il Tribunale condannava la sola proprietaria esclusiva del lastrico, la Corte d’Appello evidenziava come, al contrario, dalla Consulenza Tecnica d’Ufficio fosse emerso che le cause delle infiltrazioni dovessero essere individuate, non solo nella cattiva impermeabilizzazione del terrazzo di proprietà esclusiva, riconducibile alla grave inerzia del custode, ma anche nelle pessime condizioni di conservazione in cui versavano il cornicione condominiale ed il canale di scolo delle acque piovane.
Per questo, la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, condannava sia il Condominio che la proprietaria esclusiva del lastrico, sulla scorta di quanto affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la Sentenza n. 9449 del 2016, appena esaminata.
Contro tale pronuncia, la condòmina/proprietaria esclusiva del lastrico solare proponeva ricorso in Cassazione.
La conseguente decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione, Sez. VI Civ., con l’Ordinanza n. 6816 del 11.03.2021, accogliendo parzialmente le richieste della parte danneggiata, ha riconosciuto la responsabilità solidale, rispetto all’occorso, del Condominio e della proprietaria esclusiva del lastrico solare dal quale provenivano le infiltrazioni, rinviando ad altra Sezione della Corte d’Appello, al fine specifico di quantificare l’importo delle somme dovute a titolo di risarcimento danni al soggetto il cui immobile era stato interessato dalle denunciate infiltrazioni d’acqua piovana.
Il ragionamento seguito dalla Cassazione, ha, dunque, richiamato integralmente la pronuncia a SS. UU. della stessa Corte (Cass. SS. UU.9449/16) ed ha individuato –alla luce della natura dei danni accertati attraverso l’espletata CTU- una responsabilità concorrente del condominio e della proprietaria del lastrico solare esclusivo.
In particolare: il Condominio, nella persona dell’amministratore, è risultato responsabile tanto per non aver adempiuto agli obblighi conservativi delle parti comuni su di esso gravanti ai sensi dell’art. 1130, primo comma, n. 4 c.c., quanto per l’inerzia dell’assemblea dei condòmini, che non si è tempestivamente attivata, ai sensi dell’art. 1135, primo comma, n. 4, c.c., al fine di adottare le determinazioni di propria competenza in materia di lavori straordinari.
Contestualmente, la proprietaria esclusiva è stata ritenuta solidalmente responsabile, in via extracontrattuale, per aver omesso di ottemperare ai doveri propri di custodia, a suo carico posti dall’art. 2051 c.c., senza fornire adeguata prova liberatoria, non avendo dimostrato che gli eventi dannosi fossero riferibili unicamente al condominio, al fatto del terzo o al caso fortuito.
Queste considerazioni di principio, inevitabilmente hanno comportato la condanna al risarcimento dei danni in favore del proprietario dell’appartamento danneggiato, sia del Condominio che della condòmina/proprietaria esclusiva del lastrico solare ammalorato.
Considerazioni conclusive
A questo punto, una considerazione finale s’impone.
Se può comprendersi la natura oggettiva della responsabilità gravante sul titolare della proprietà, o dell’uso esclusivo, del lastrico solare, siccome fondata sul rapporto di custodia fattuale, ossia sulla relazione intercorrente fra la cosa potenzialmente fonte di danni e, dunque, di obblighi risarcitori e colui ne ha l’effettivo uso esclusivo, qualche perplessità desta la (concorrente) responsabilità individuata -a prescindere- in capo al condominio, nella persona dell’amministratore, in quanto quest’ultimo, non potendo concretamente –e preventivamente- accedere al lastrico solare, né potendo esercitare una vigilanza “mediata”, si viene a trovare nella materiale impossibilità di compiere proprio quegli “atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio prescritti dall’art. 1130, n. 4), cod. civ.”, richiamati dalla Sezioni Unite.
La migliore dottrina contemporanea ha di recente osservato, in questo senso, l’importanza di un’indagine condotta caso per caso, osservando che: “la disposizione dell’articolo 1126 Codice civile, si riferisce alle riparazioni dovute a vetustà e non a quelle riconducibili a difetti originari di progettazione o di esecuzione dell’opera, indebitamente tollerati dal singolo proprietario. In tale ultima ipotesi (…) ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a terzi (…) la responsabilità relativa, sia in ordine alla mancata eliminazione delle cause del danno che al risarcimento, fa carico in via esclusiva al proprietario del lastrico solare, ex articolo 2051 Codice civile, e non anche – sia pure in via concorrenziale – al condominio” (Dolce R.).
a cura dell’avv. Roberto Rizzo
Membro del Centro Studi di GESTIRE