La invalidità delle delibere assembleari è un argomento che da sempre desta interesse nell’ambito condominiale ed annovera una serie di casistiche a volte di difficile interpretazione, tanto da richiedere l’intervento della Suprema Corte, che ha dovuto ricorrere alle Sezioni Unite per dirimere questioni spinose.
È comunque fuori di dubbio che la distinzione tra le delibere nulle e quelle annullabili rivesta un’importanza vitale sia per il condomino che contesta la validità della delibera che per il condominio che deve decidere se resistere oppure porre rimedio.
Occorre innanzitutto chiarire che la nullità delle delibere assembleari è una fattispecie residuale che si verifica qualora vi sia una mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Escluse queste fattispecie, tutte le altre rientrano nel novero delle mere delibere annullabili e dunque impugnabili attraverso il deposito della domanda di mediazione (così come per quelle nulle) che dev’essere portato a conoscenza dell’amministratore nel termine di trenta giorni dalla data in cui è stata adottata la delibera oppure, se l’interessato non è presente, dalla data in cui ha ricevuto il verbale.
La classificazione della delibera invalida come nulla o annullabile si rivela dunque decisiva per la legittimazione attiva di chi impugna e per la decadenza della domanda, essendo la prima non sottoposta a tali rigide restrizioni che coinvolgono invece le seconde, impugnabili solo da chi abbia un interesse ed in un periodo di tempo limitato.
Sotto il primo profilo le delibere annullabili possono essere impugnate solo da chi abbia un interesse e dunque da chi subisce un concreto pregiudizio dal deliberato viziato, nel rispetto dell’art. 100 del Codice di procedura civile.
L’impugnazione della delibera condominiale annullabile dovrà poi soggiacere al termine di decadenza di trenta giorni dalla delibera oppure dall’avvenuta notifica del verbale, attraverso la conoscenza all’amministratore del procedimento di mediazione avviato nel rispetto della condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 del D.Lgs. 28/10 riformato dalla legge Cartabia, con conseguenti interpretazioni circa la interruzione della decadenza per una sola volta.
Senza dubbio uno dei casi più frequenti in cui si propone il dualismo tra delibere nulle e annullabili è quello dell’approvazione di una spesa con criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento di condominio. La Suprema Corte con la sentenza a sezioni unite n. 9839 del 14704/2021, ha precisato che sono nulle quelle delibere che derogano ai criteri legali stabiliti dall’art. 1123 comma 1 c.c. se non vi è una convenzione. Il principio è ssato ribadito dalla Corte di Cassazione civile sez. VI con sentenza n. 36386 del 13/12/2022 che ha stabilito come la convenzione in deroga ai criteri legali, debba essere sottoposta alle regole del contratto e dunque alla sua efficacia, limitata solo nei confronti di chi ha sottoscritto l’accordo. Costituisce eccezione il caso in cui nell’atto di acquisto il compratore dichiari di conoscere ed approvare tale convenzione notiziando tale conoscenza ai condòmini, può sottrarsi alla sottoscrizione diretta della convenzione.
La delibera che invece non deroga a criteri legali ma costituisce un mero errore nella ripartizione, questa dovrà essere considerata annullabile. È la fattispecie legata alla errata ripartizione in sede di rendiconto, frutto di un mero errore e non dell’intenzione di derogare un criterio stabilito dalla legge.
Un altro caso classico di delibera nulla è quella che ripartisce le spese delle parti private, all’interno di un riparto condominiale. È un caso molto frequente che riguarda per esempio le ristrutturazioni d’intere facciate ivi compresi i balconi aggettanti, le spese di questi ultimi, come noto, sono di competenza dei proprietari del piano di calpestio, ad eccezione delle decorazioni dei frontalini che rientrano nell’ambito condominiale. La delibera che ripartisce con votazione assembleare anche le spese delle parti private sono nulle perché incidono sui diritti individuali di ogni condòmino. Occorrerà dunque stipulare una convenzione condominio/condòmino con espressa autorizzazione di quest’ultimo ai lavori.
Avv. Domenico Sarcina, Membro del Centro Studi di GESTIRE